Anche-di-intermodale-vive-la-provincia-di-Varese

Non solo aerei: all’export italiano (compreso quello varesino) servono anche investimenti nel sistema di scambio gomma-rotaia. A confermarlo, il Piano italiano di potenziamento dell’intermodalità approvato dalla Commissione europea per ridurre l’utilizzo dei camion a favore del treno. Ed è proprio su questo mezzo che punta il Varesotto, con una serie di progettualità già sul tavolo 

La Commissione europea ha di recente approvato, all’interno delle norme dell’Ue in materia di aiuti di Stato, la destinazione, all’Italia, di 55 milioni di euro per incoraggiare il passaggio del trasporto merci dalla strada alla ferrovia. Il sostegno, parte del Piano nazionale per gli investimenti complementari, andrà ad integrare con risorse nazionali il piano italiano per la ripresa e la resilienza (Pnrr) e ha lo scopo di modernizzare attrezzature come ad esempio gru a portale, impilatori e veicoli da manovra negli interporti e nei terminali intermodali. Nella transizione verso un mondo fatto di trasporti più ecologici, l’intermodalità si candida quindi come la soluzione ideale. Anche in un’ottica di sviluppo del territorio, soprattutto per realtà al centro dei principali corridoi ferroviari europei come la provincia di Varese, che l’intermodalità ce l’ha nel proprio Dna infrastrutturale.

Ma prima di entrare nel dettaglio, un piccolo riassunto su cosa si intende quando si utilizza il termine “intermodale”. Il trasporto cosiddetto intermodale o multimodale è una modalità di movimentazione delle merci che combina due o più mezzi di trasporto, attraverso il quale è possibile muovere e sistemate ciò che deve essere trasportato in unità di carico, indifferentemente su gomma, ferro, acqua o aria. Scopo principale di questo mezzo di trasporto è ridurre gli spostamenti su gomma, contenendo così i costi e le emissioni inquinanti nell’ambiente. “L’uso di più mezzi, per giunta differenti, come avviene nel trasporto intermodale, porterebbe a pensare ad un aumento dei costi rispetto al trasporto unimodale. Al contrario, la possibilità di organizzare in unità di carico standard le merci e concentrarle in grandi terminal per la logistica, ha dato come risultato una riduzione dei costi”. A parlare è Roberto Paciaroni, Presidente del Gruppo merceologico “Servizi Infrastrutturali e Trasporti” dell’Unione degli Industriali della Provincia di Varese e Managing Director di Hupac Spa di Busto Arsizio, principale gestore di rete nel trasporto intermodale in Europa, impegnato da oltre 50 anni a favore di un trasporto ferroviario innovativo e affidabile, con una rete che comprende 160 treni al giorno con collegamenti tra le principali aree economiche europee e fino all’Estremo Oriente. “Se si parla di intermodalità, mi viene in mente l’aggettivo ‘flessibile’, innanzi tutto perché si ha la possibilità di movimentare merci di ogni genere, grazie alla standardizzazione delle unità di carico – precisa ancora Paciaroni –. Per non parlare poi della possibilità di combinare differenti mezzi di trasporto: gomma-ferro, gomma-acqua e gomma-aria per esempio, beneficiano dei vantaggi di ciascuno di questi mezzi”. 

Non è un caso, dunque, che l’Unione europea entro il 2030 intenda spostare almeno il 30% del traffico merci oltre i 350 chilometri su ferrovia. Ed è proprio sul trasporto su rotaie che sta puntando la provincia di Varese, con una serie di progettualità, alcune ancora in fase embrionale, pensate per implementare le capacità di trasporto e collegamento della rete ferroviaria provinciale. Anche e soprattutto guardando alla vicina Svizzera. Un primo progetto, inviato a Rfi (Rete Ferroviaria Italiana) e presentato a Regione Lombardia dall’Associazione alta capacità Gottardo (Acg), prevede il raddoppio della tratta ferroviaria Varese-Induno. Che avrebbe come naturale conseguenza la moltiplicazione per due anche del numero di corse disponibili su questa direttrice. Nota dolente dell’attuale strutturazione della tratta: il collo di bottiglia che si viene a formare a causa della presenza di un solo binario su una linea ferroviaria internazionale. “È noto come la realizzazione, a fine 2017, della nuova tratta tra Arcisate (Italia) e Stabio (Svizzera), fortemente voluta da Acg, abbia aperto la possibilità di nuovi collegamenti con la Confederazione Svizzera e, più in generale, con le due principali direttrici ferroviarie internazionali del Gottardo e del Sempione – spiega Antonio Barbieri di Acg Italia –. Gli importanti potenziamenti infrastrutturali in corso per il nuovo collegamento Gallarate-Malpensa T2 e il quadruplicamento della tratta Rho-Gallarate, sono funzionali all’istituzione di nuove relazioni impegnanti la tratta. Perciò per il raddoppio della tratta Varese-Induno, come già ipotizzato in un precedente studio di Acg, occorrerebbe realizzare circa 2,7 km di binario tra le testate di due binari tronchi attualmente presenti a Varese e a Induno Olona. Intervento ampiamente fattibile e realizzabile, essendo il contesto fortemente urbanizzato”.

Il nuovo binario nascerebbe, quindi, in affiancamento a quello esistente e porterebbe, secondo il docente e giornalista specializzato in trasporti e ferrovie Ferdinando Farba, al raddoppio del numero di treni che collegano Malpensa con Varese e il Canton Ticino, con la possibilità di avere corse in partenza ogni 30 minuti anziché 60. “La domanda dal territorio insubrico, fatta di frontalieri, turisti e uomini d’affari, esprime la necessità di avere un servizio transfrontaliero regolare e puntuale. E ciò potrà avvenire solamente dopo l’adozione del doppio binario tra Induno Olona e Varese”, precisa Farba. Progetto ancora in fase iniziale, invece, pensato per sviluppare il traffico su rotaie di Varese e rispondere alle necessità dei cittadini è dismettere un pezzo del passante ferroviario e riqualificarlo. “Il vero problema – spiega Salvatore Crapanzano dell’Ordine degli Ingegneri di Milano e Croil (Consulta Regionale Ordini Ingegneri Lombardia) - è che le due stazioni di Varese sono, al momento, separate dalla città e da via Milano. La posizione della nuova stazione avrebbe come vantaggio quello di favorire un maggior collegamento con il centro città”. Il piano prevede di abbandonare circa 3,8 km di linea esistente, quasi tutta in superficie in favore di un tratto ferroviario breve (circa 2,8 km). Il risultato: due nuovi imbocchi a Vivirolo e Casbeno, diverse aree liberate in cui incentivare interventi di rigenerazione urbana in grado di cambiare il volto della città e l’eliminazione dei passaggi a livello. “Si può proporre di utilizzare la galleria abbandonata da Ferrovie Nord verso Laveno, per risolvere molto bene la penetrazione viabilistica da sud, ma senza incentivare il flusso delle auto”, conclude Crapanzano.  



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