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La Cargo City di Malpensa gestisce ormai il 70% del traffico merci aereo di tutto il Paese. Solo fino a due anni fa questa quota era al 50%. Su questo fronte tra il 2019 e il 2021 l’aeroporto della brughiera ha viaggiato a un ritmo di crescita del 36%, tre volte la media europea, facendo da leva di sviluppo per il territorio e da bacino occupazionale. Ora però i livelli sono vicini alla saturazione. Per continuare ad espandersi, con relativi benefici sociali ed economici, gli operatori hanno bisogno dell’approvazione del nuovo Masterplan. Ministero dell’Ambiente permettendo 

C’è una Malpensa che non si è mai fermata. Anche in piena pandemia, mentre gli aerei passeggeri rimanevano a terra, i check-in erano vuoti, i parcheggi deserti, una parte dell’aeroporto della brughiera ha continuato a lavorare a pieno ritmo, bruciando un record dopo l’altro, con tassi di crescita senza paragoni in Europa. È la Malpensa della Cargo City, del trasporto merci via aerea. È qui che ormai si concentra il 70% del traffico aereo merci di tutta Italia, contro il 9% rappresentato da Fiumicino. Un vero e proprio riposizionamento dei flussi di mercato se si pensa che solo due anni fa, nel 2019, il cargo dell’aeroporto varesino rappresentava il 50% e quello romano il 18%. Ciò è frutto di un aumento dei volumi senza precedenti. 

I numeri della crescita

Il trasporto aereo cargo di Malpensa tra il 2019 e il 2021 è aumentato del +36% arrivando a 747.000 tonnellate movimentate, contro le 558.000 di due anni prima. Un’impennata pari a tre volte la media messa a segno dai primi 10 aeroporti europei che nello stesso periodo hanno dato vita a un consistente, ma comunque minore, +11%. Solo per fare qualche esempio: Francoforte (primo aeroporto cargo di Europa con 2,2 milioni di tonnellate nel 2021) ha aumentato i livelli del +9%, Parigi è calata del -9%, Amsterdam ha fatto +6%, Londra è scesa (colpa della Brexit?) del -13%. Come dire: la crescita di Malpensa non è stata scontata e non ha seguito un flusso generalizzato. Solo Bruxelles ha saputo avvicinarsi ai ritmi dell’hub varesino con un +33%, ma rimanendo al di sotto dei livelli assoluti in termini di tonnellate movimentate. 
L’aumento della concentrazione dei voli all-cargo in un aeroporto che, a tutti gli effetti, è il più attrezzato in Italia per le attività del settore, l’apertura e lo sviluppo del nuovo hub per il Sud-Europa di un colosso del calibro di Dhl, il consolidamento dei principali operatori del comparto sul sedime aeroportuale, la crescita dell’e-commerce e in particolare di Amazon: questi i principali driver che hanno guidato l’esplosione del traffico merci di Malpensa. 
A sfruttare la Cargo City della brughiera per le proprie attività di logistica extra Unione Europea sono soprattutto i settori industriali della meccanica (quella di precisione in particolare), dell’elettronica, dell’automotive, della farmaceutica, della moda e dell’agroalimentare. “Deperibilità e valore intrinseco della merce sono i due principali motivi che spingono le imprese a prediligere l’aereo alla nave”, spiega Massimiliano Serati, Direttore della Divisione Ricerca della LIUC Business School. Per il 46% il traffico merci di Malpensa è frutto di flussi in entrata, di “atterraggio” delle importazioni, mentre le attività di esportazione per il “decollo” del made in Italy nel mondo rappresentano il 54%. Le destinazioni finali, in questo caso, sono per il 40% i mercati europei, nel 24% il Medio Oriente, nel 16% l’Asia e l’Oceania, nel 12% il Nord America.
Sono questi i numeri presentati da Alessandro Fidato, Chief Operating Officer di Sea (la società che gestisce gli aeroporti di Malpensa e Linate) in un recente convegno organizzato a supporto della Cargo City dagli industriali varesini dell’Unione degli Industriali della Provincia di Varese e da quelli milanesi di Assolombarda.

Il Masterplan

Uno spaccato che rappresenta, allo stesso tempo, una buona notizia, ma anche funa onte di preoccupazione. Il lato pieno del bicchiere è ovviamente rappresentato dal fatto che l’Area Cargo di Malpensa ha giocato e gioca un ruolo di risorsa economica anticiclica, in grado di fare da bacino per la tenuta occupazionale del territorio e di crescita della produzione, anche in momenti di difficoltà senza precedenti come la pandemia. Non sono molti i settori in provincia di Varese, in Lombardia e in Italia che, in questi ultimi anni, possono vantare tassi di crescita superiori al 30%. La preoccupazione degli operatori, non solo di Sea, ma di tutta l’industria del Nord Italia, però, è che la Cargo City di Malpensa, a fronte di questo boom, sia ormai vicina alla saturazione. 

Mentre Malpensa è cresciuta oltre il 30%, Francoforte (primo aeroporto cargo di Europa con 2,2 milioni di tonnellate nel 2021) ha aumentato i livelli del +9%, Parigi è calata del -9%, Amsterdam ha fatto +6%, Londra è scesa (colpa della Brexit?) del -13%

Le 740.000 tonnellate di merci movimentate nel 2021 hanno anticipato i volumi che Sea si aspettava di raggiungere non prima dei prossimi tre anni. Un aumento inaspettato e non programmato, dunque, che porta i suoi benefici in termini economici e occupazionali ma che impone investimenti per ampliare l’Area Cargo. Ed è qui che entra il gioco il Masterplan di Malpensa che deve dettare la strategia di sviluppo dall’aeroporto da qui al 2035 e al cui interno, accantonata ormai la realizzazione della terza pista, prevede come unica occupazione di nuovo suolo quella propedeutica all’espansione della Cargo City, diventata sempre più strategica. Il documento è già stato approntato e presentato da Sea insieme a Enac (Ente nazionale per l’aviazione civile) ed ha iniziato da qualche mese un travagliato iter di approvazione, come sempre, verrebbe da dire, quando si stratta di Malpensa. Il primo scoglio sembra essere stato superato, quello del consenso locale. Almeno sul fronte dei rapporti con i nove comuni del Cuv, il Consorzio Urbanistico Volontario che rappresenta le Amministrazioni limitrofe all’aeroporto. 

Dopo un’iniziale posizione se non proprio contraria, quanto meno non favorevole al Masterplan, i Sindaci del Cuv hanno trovato, dopo mesi di trattative, un accordo con Sea ed Enac attraverso un protocollo d’intesa firmato anche dalla Provincia di Varese e da Regione Lombardia che si è fatta promotrice, insieme alle parti sociali, di un confronto allargato. Ora tale protocollo d’intesa, seppur rappresenti un passaggio extra rispetto alla procedura strettamente formale, entrerà a far parte della documentazione che servirà ai necessari passaggi di approvazione. Il prossimo passo è previsto entro fine settembre e prevede una delibera da parte della Giunta di Regione Lombardia con parere positivo a favore del Masterplan (al momento in cui scriviamo tale delibera non è stata ancora votata). Un via libera ufficiale che sarebbe stato impossibile avere senza il consenso del territorio e, dunque, del Cuv. Poi la palla passerà a Roma. Il Masterplan dovrà essere sottoposto al giudizio della Commissione Tecnica di Valutazione di Impatto Ambientale del Ministero dell’Ambiente. L’approvazione finale dipende da questo dicastero che per dare il via libera definitivo al Masterplan di Malpensa dovrà approvare un decreto controfirmato dal Ministro dei Beni Culturali. Termine previsto: entro fine anno. Il risultato però non è scontato. È vero che il Cuv ha dato il suo parere favorevole, ma l’opposizione di associazioni ambientaliste e di altri Comuni della fascia più larga intorno all’aeroporto, sia del Varesotto, sia piemontesi, è ancora forte. Senza contare la contrarietà del Parco del Ticino. 

La questione ambientale

Il problema ambientale, però, rimane sia con, sia senza Masterplan. A meno che l’obiettivo sia quello di bloccare l’intera industria del Nord Italia, Malpensa o non Malpensa, i prodotti dovranno continuare a viaggiare per raggiungere i mercati. Ad avvantaggiarsi di un eventuale mancato sviluppo sul traffico merci di una Malpensa giunta a saturazione sarebbero soprattutto i porti e gli aeroporti del Nord Europa (Francia, Germania e Olanda), dove già oggi si dirigono, per poi approdare sui mercati internazionali, molti prodotti del made in Italy. Il rischio è, dunque, che, a perdere da un rigetto del Masterplan di Sea, non sia solo il territorio, ma più in generale tutto il Paese. Anche a livello ambientale. Perché le merci viaggerebbero per mezza Europa verso altri aeroporti ben più lontani con relativa movimentazione di camion e, dunque, con maggiore congestione stradale e maggiori emissioni di anidride carbonica. Un autogol in tutti i sensi. La parola d’ordine di Sea è sviluppo sostenibile. Concetto a cui si ispira proprio l’intesa raggiunta con i Comuni del Cuv. Innanzitutto, sull’occupazione di nuovo suolo per permettere l’ampliamento dell’Area Cargo. Rispetto ai 90 ettari previsti dalla bozza originaria di Masterplan, Sea è scesa prima a 60 ettari e poi a 44. È questa la cifra su cui è stata costruita l’intesa con la politica locale e sulla quale la Regione è pronta a mettere il proprio sigillo. Riduzione nell’occupazione di suolo, ma non solo. Sea si impegna anche a promuovere l’introduzione di tariffe differenziate da applicare alle compagnie aeree per incentivare l’impiego di aeromobili di ultima generazione meno impattanti. Diverse poi le opere di compensazione. Tra cui la produzione di energia elettrica da parte di Sea con fonti rinnovabili, che sarà destinata a condizioni favorevoli proprio ai Comuni del Cuv. E poi ancora interventi di riqualificazione energetica degli edifici pubblici e degli impianti di illuminazione. Solo per fare altri esempi. Ministero dell’Ambiente permettendo.  

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