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Verticali (con o senza Prime contractor), orizzontali, trasversali, contaminabili, storici, emergenti. Per la provincia di Varese la cluster variety è un asset prezioso da valorizzare sempre di più in un’ottica di sviluppo e accrescimento della competitività territoriale. Questo il messaggio che emerge dal Piano Strategico #Varese2050 di Confindustria Varese, realizzato insieme al think tank Strategique

I cluster sono aggregazioni mutabili. Nascono, si sviluppano, si trasformano, non muoiono (se non in casi rari), ma evolvono. In questo loro ciclo di vita spesso si contaminano. Ed è da questa contaminazione che si creano altre e nuove opportunità. Ci sono territori strutturalmente legati ad una o poche specializzazioni, che basano la propria economia su una produzione specifica, diventando sempre più qualificati e concentrati, ma nel contempo più esposti al rischio della mono specializzazione. Altri territori coltivano più specializzazioni contemporaneamente, ognuna con il proprio livello di maturità. Varese è uno di questi. 

L’elevato grado di sviluppo raggiunto nel corso dei decenni, che ha portato l’economia varesina ad alti livelli di benessere, è frutto di un continuo processo di contaminazione tra le differenti specializzazioni che nel tempo si sono succedute e reciprocamente alimentate. Il processo sinora si è svolto in maniera del tutto naturale, ma i grandi cambiamenti in atto negli asset competitivi, geoeconomici ed innovativi consigliano di non dare tutto per scontato. La prospettiva di sviluppo e la rigenerazione dei cluster va accompagnata. La cluster variety è un asset prezioso che non bisogna dimenticare di coltivare. È questo il messaggio che emerge dal Piano Strategico #Varese2050 di Confindustria Varese. Si tratta di una realtà molto solida, considerata la numerosità dei cluster esistenti: ben 20 specializzazioni di rilievo nell’analisi svolta da Strategique utilizzando l’algoritmo del Professor Porter. All’interno di questi cluster di specializzazione presenti nel territorio, ci sono anime diverse. Che vanno trattate in maniera diversa. A ciascuno la sua politica, a ciascuno le proprie iniziative progettuali, per poterne programmare lo sviluppo.   

Cluster verticali con Prime contractor

Alcune di queste specializzazioni hanno una forte verticalità: individuano settori molto specifici ed hanno il plus di avere il Prime/leader di settore sul territorio insieme alla propria supply chain. Ne sono esempio sul territorio varesino gli elettrodomestici (pur con tutte le sue attuali difficoltà e la messa in discussione degli investimenti esteri) e l’aerospazio. In parte anche il pharma. Si tratta dei cluster più facili da trattare poiché sono cluster “naturali”. Si prestano più facilmente ad azioni comuni ed organizzate, perché è meno sviluppata la spinta competitiva tra pari. Le supply chain hanno in sé un concetto di ordine e di collaborazione a seconda del livello di appartenenza alla filiera. In questi casi è più facile sviluppare delle vere cluster organization.

Cluster verticali senza Prime contractor

Si tratta di cluster verticali in cui è presente la filiera, costituita da Pmi o alcuni stadi di essa, ma non è presente sul medesimo territorio il Prime contractor. Per Varese si può pensare alla componentistica dell’energia, alla fornitura dell’automotive, presente ma a diversi stadi di specializzazione. Sono cluster potenziali per i quali serve trovare alleanze con soggetti già organizzati che abbiano al proprio interno i Prime in grado di far crescere la filiera (ad esempio il Lombardy Energy Cleantech Cluster di cui si è parlato nelle pagine precedenti) e il cluster mobilità.

Nel mondo dell’ICT fare sistema, attrarre risorse, iniziare a sviluppare giovani talenti sono modi per rafforzare le imprese e la loro filiera e per annidarle in un tessuto capace di rispondere alle esigenze del futuro e della prosperante digitalizzazione facendo crescere anche il sistema e i servizi correlati

Cluster orizzontali

Sono i cluster più difficili da trattare, poiché composti da tantissime Pmi spesso in diretta competizione. Con un Prime lontano, con una concorrenza esterna forte, con barriere tecnologiche deboli. Ne è un esempio la specializzazione della plastica o quella del tessile nelle sue componenti a monte. Per fare crescere questi cluster bisogna mettere in campo una sotto segmentazione, ossia individuare dei cluster nei cluster che mettano insieme piccoli gruppi di imprese con bisogni omogenei (ad esempio per la plastica l’occhialeria, per il tessile le filiere dell’abbigliamento workwear, underwear e swimwear, con punti di intersezione lungo la catena del valore circolare). Bisogna convincere i cluster che collaborare porta dei risultati e dà a ciascuno un poco di visibilità in più. Occorre avere la pazienza del cesellatore essendo preparati ad un percorso trial & error che aiuti a superare la competizione e convinca che unirsi offra maggiori chances competitive. 

Sino a qui i cluster del territorio nella loro forma più tradizionale. Se poi si vuole ragionare in termini di ulteriore sviluppo si possono considerare come potenzialmente mature altre due categorie di cluster.

Cluster trasversali 

Si tratta di cluster di imprese che sviluppano attività abilitanti per il sistema. Nello specifico di Varese ci sono grandi potenzialità nello sviluppo di un cluster logistico. Esiste un aeroporto con tutte le esternalità da sviluppare, un’area cargo che si sta rafforzando. È presente una rete di operatori intermodali legati principalmente alla movimentazione ferroviaria, cresciuti notevolmente negli ultimi anni. Esiste una compagnia aerea su base locale. Centri di smistamento legati ad importanti aziende di e-commerce. Esistono delle potenzialità di collegamento infrastrutturale sia ferroviaria sia via strada. Un terminal intermodale a Sacconago. Potenziali esternalità legate allo sviluppo di zone logistiche speciali. Il tutto insiste su un territorio che potrebbe completare velocemente l’anello di congiunzione perfetto, garantendo lo sviluppo delle reti Nord-Sud via ferrovia ed Est-Ovest via strada attraverso il completamento del raccordo con la Pedemontana. A ciò si aggiunga la specializzazione del packaging e la potenziale richiesta di un sistema produttivo assai concentrato. Certamente un’opportunità da sfruttare.

Cluster contaminabili (attraverso nuovi sviluppi tecnologici) 

Infine, ci sono tutte le potenzialità da esplorare in termini di related variety. E qui la lista potrebbe essere molto lunga perché si tratta di mettere in relazione le aree di sovrapposizione e di possibile collaborazione su base tecnologica in un territorio densamente produttivo. Due sono le possibili linee di sviluppo facilmente intuibili. La prima riguarda il mondo della simulazione e del training, che accomuna le tecnologie che vengono sviluppate in maniera molto avanzata nel settore aerospaziale e che troverebbero facile applicazione in settori con bisogni tecnologici adiacenti. La capacità di sviluppare ambienti simulativi ad altissima interattività trova infatti possibili utilizzi nel mondo del gaming ed anche nell’engineering simulation. Grandi opportunità, poi, in tutti i settori che fanno dell’interazione uomo-macchina il proprio business (pensiamo alle applicazioni per i produttori di macchinari, impianti o per la domotica, per i videogiochi). La seconda riguarda il mondo dell’ICT e delle telecomunicazioni, che nell’ultimo decennio ha visto lo sviluppo di alcune importanti e dinamiche realtà. Fare sistema, attrarre risorse, iniziare a sviluppare giovani talenti sono modi per rafforzare queste imprese e la loro filiera e per annidarle in un tessuto capace di rispondere alle esigenze del futuro e della prosperante digitalizzazione facendo crescere anche il sistema e i servizi correlati. Due esempi, ma si potrebbe continuare per molto nel gioco degli incroci virtuosi, creando filiere ad hoc. Abbiamo la fortuna di avere tante pedine. Il domino del futuro è ancora tutto da comporre.  

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