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È intitolato “Fabbrica Europa” il documento che Confindustria ha redatto in vista della prossima legislatura della Ue. Centinaia di raccomandazioni che costituiscono una proposta di politica industriale continentale e di riforme istituzionali rivolta a chi si candida a governare nei prossimi anni gli organi di Bruxelles e Strasburgo, dove viene ormai deciso il 70% delle normative che impattano sulla quotidianità di cittadini e imprese. Ecco perché il voto di giugno è così importate

La richiesta più politica è sicuramente quella della creazione all’interno della Commissione Europea di una nuova figura: un Vicepresidente Esecutivo responsabile per il controllo della competitività. Quella su cui, invece, sono riposte la gran parte delle speranze (non senza qualche preoccupazione) della maggior parte delle imprese è che al Green Deal si affianchi una vera e propria politica industriale europea in grado di aiutare il continente a “restare al passo nella corsa globale alle tecnologie del futuro”. 
Queste sono solo due delle centinaia di raccomandazioni di Confindustria per la costruzione di un’Unione Europea più competitiva, contenute nel documento “Fabbrica Europa”. Un dossier redatto alla vigilia di una nuova legislatura europea e dopo una consultazione capillare di tutti i territori e tutti i settori produttivi che compongono il Sistema Confindustriale. Obiettivo: proporre “azioni concrete e principi che, a nostro giudizio, devono costituire la bussola per le future decisioni in Europa”. Così spiegano nella prefazione al documento il Presidente uscente di Confindustria, Carlo Bonomi, e il Vicepresidente per l’Unione Europea e i rapporti con le Confindustrie Europee, Stefano Pan, confermato in questo ruolo anche nella squadra del nuovo Presidente Emanuele Orsini. 
“Confindustria – scrivono i due – ha sempre lavorato per far ascoltare la voce delle imprese italiane a Bruxelles. E vuole continuare a fare la propria parte, non limitandosi a denunciare i freni e le strozzature che rallentano l’economia”. 

Non è un caso che “Europa” sia la parola che più di tutte è forse risuonata nella corsa al rinnovo della Presidenza di Confindustria. Non c’è stato un candidato a non averla posta come una priorità nel proprio programma. Il vincente Emanuele Orsini in primis. Anche la stessa Confindustria Varese, nel suo documento di riferimento usato per posizionarsi nell’iter di cambiamento dei vertici associativi nazionali, ha puntato sulla necessità di dar vita nei prossimi anni ad una “Confindustria autorevole e autonoma”, ma soprattutto “Europea”. Ciò attraverso un rafforzamento del presidio di Confindustria Bruxelles: “In vista della nuova legislatura europea – si legge nel documento ‘La visione di Varese per una nuova Confindustria’ – dobbiamo dare maggior vigore alla nostra capacità di lobby in sede Ue, anche consolidando rapporti e alleanze con altre associazioni di rappresentanza datoriale del Continente”. Coerente proprio con questa strategia è stata la scelta di Confindustria Varese di dotarsi negli scorsi mesi, all’interno di Confindustria Bruxelles, di una propria rappresentanza nei rapporti con le istituzioni Ue, insieme alle Confindustrie dell’Alto Milanese, di Cremona, di Mantova e di Ance (Associazione Nazionale Costruttori Edili) Lombardia.
Sono i numeri a fare dell’Europa una priorità per le imprese e il suo sistema di rappresentanza. Il mercato interno europeo è il riferimento principale dell’industria. Il 50% dell’export made in Italy è destinato alla Ue. Ma ancora più importante è il fatto che le regole europee, come si legge nel documento Fabbrica Europa, “stabiliscono oltre il 70% della normativa di riferimento” per le imprese. In poche parole, Bruxelles e Strasburgo contano ormai molto di più di Roma (o Milano per quanto riguarda la legislazione regionale) in termini di capacità di impatto decisionale sulle nostre vite quotidiane. Di cittadini e aziende. Ecco perché il voto di giugno (in Italia si andrà alle urne sabato 8 e domenica 9 giugno) per il rinnovo del Parlamento Europeo è così importante. 

Una responsabilità, quella delle istituzioni di Bruxelles, che va, però, indirizzata secondo Confindustria: “Il futuro dell’Europa – scrivono ancora Bonomi e Pan – è legato all’industria, che solo se è competitiva potrà garantire prosperità, benessere e pace sociale nel nostro continente”. Quello che chiede Confindustria a gran voce è un “rinascimento industriale europeo” da far partire con “azioni forti e decise”. Da qui il documento “Fabbrica Europa” che, con le sue numerose e concrete raccomandazioni, ha un unico comune denominatore: “Rimettere l’industria al centro dell’agenda europea, costruendo una forte politica industriale basata sulle tre declinazioni della sostenibilità”. Ambientale e sociale, certo. Ma anche economica. Per riuscire nell’intento, però, la Ue deve supportare questa politica industriale con “un adeguato livello di investimenti”.
Regole, sì, chiare e decise. Ma anche risorse. “Bisogna abbandonare l’approccio ideologico emerso negli ultimi anni in Europa e confrontarsi su soluzioni concrete, ambiziose e cantierabili”. In poche parole: serve un bagno di realismo e fattibilità. Confindustria non vuole assolutamente mettere in discussione la costruzione di un’Europa verde e digitale. Ma per riuscirci, è la richiesta degli industriali italiani “dobbiamo risolvere i nodi di equità e competitività al nostro interno, rafforzando i territori, anche quelli più periferici e meno sviluppati e garantendo a cittadini e imprese il soddisfacimento di condizioni di base, come l’accesso alle infrastrutture fisiche, ma anche sociali”.
Bene, dunque, il Green Deal: “Le nostre industrie sono impegnate a raggiungere l’obiettivo della neutralità del carbonio nel 2050”. Ma chi si candida a governare la prossima legislatura europea deve avere ben presente anche il fatto che “le nuove normative in materia di energia, clima e ambiente stanno generando obblighi e costi enormi per le aziende. Solo un quadro normativo favorevole alle imprese potrà promuovere la competitività dell’Europa” e raggiungere gli ambiziosi traguardi in termini di economia sostenibile.

Per dare vita ad una reale ed efficace politica industriale europea, secondo Confindustria, serve “un bilancio comune più forte, con più risorse e più progetti gestiti dall’Europa in senso cooperativo”. Va in questo senso, per esempio, la piattaforma di tecnologie strategiche per l’Europa (in sigla, Step). Il fatto che la Ue se ne sia dotata, per Viale dell’Astronomia, “rappresenta un buon progresso per evitare il rischio di frammentazione del mercato interno”. Condizione fondamentale, ma non sufficiente: “Nel prossimo Quadro Finanziario Pluriennale (Qfp) dovrà essere definito un piano finanziario che sostenga la capacità produttiva industriale nei settori strategici e salvaguardi la competitività e la parità di condizioni nel mercato unico”. 
In ambito di transizione verde, Confindustria dà voce alla stragrande maggioranza delle imprese che chiedono all’Europa “un approccio di neutralità tecnologica e istituire fondi europei che supportino e integrino gli investimenti nelle varie tecnologie e fonti energetiche”. Altra raccomandazione è quella di completare l’integrazione dei mercati dell’energia elettrica, di creare un mercato unico del gas e di sviluppare una strategia europea per l’energia nucleare. Promuovere la transizione verso l’economia dei dati, rafforzare e ampliare la rete degli accordi di libero scambio con Asia, Africa e America Latina, garantire un percorso di transizione verso una mobilità green non basato solo sull’elettrico, sviluppo del trasporto intermodale e combinato, riconoscere anche il sistema degli aeroporti nella classificazione degli investimenti ritenuti ammissibili in chiave ambientale. Queste solo alcune delle concrete proposte che Confindustria rivolge alla prossima legislatura europea. 

Crisi energetica e delle materie prime, guerre ed equilibri geopolitici in trasformazione, il rischio di rimanere schiacciati nella competizione tra i blocchi economici Usa e Cina, il rallentamento della crescita economica sono tutti fattori che stanno mettendo alla prova il disegno di costruzione del progetto europeo. Ecco perché, secondo Confindustria, oltre ad una politica industriale, servirà nei prossimi anni mettere mano “con urgenza” anche “all’architettura istituzionale europea” per dotarla dei giusti strumenti di governo delle sfide in atto. Serve “un ripensamento generale della governance”. Non fosse altro che per gestire il possibile allargamento della Ue a 30 Stati con l’aggiunta dei governi, tra gli altri, di Ucraina, Moldavia e Paesi dei Balcani Occidentali.
Per Confindustria sarà necessario rafforzare il controllo politico della competitività e la capacità di legiferare meglio delle istituzioni europee. Tra le idee proposte: la nomina di “un Vicepresidente Esecutivo della Commissione responsabile per il controllo della competitività e chiamato al dialogo politico continuo con il Consiglio dell’Unione europea, il Parlamento europeo e i partner sociali”. Con una certezza: “Nessuno in Europa può pensare di prosperare ed essere competitivo da solo”.  

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