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Da una parte la ritrosia degli Stati membri di lasciare più spazio ad una dimensione politica europea. Dall’altra i vantaggi, in termini soprattutto di benessere economico e sociale, che cittadini e imprese potrebbero, invece, ottenere se il bene comune continentale riuscisse a prevalere sui singoli interessi nazionali. Il futuro dell’Unione si gioca prima di tutto su difesa e politica economica. Intervista ad Alberto Malatesta, Docente di Diritto Internazionale alla LIUC – Università Cattaneo 

Sono stati 5 anni accelerati quelli che sono trascorsi dalle elezioni del Parlamento europeo nel 2019 ad oggi: eppure, dal punto di vista del processo di integrazione siamo ancora al bivio di fronte al quale l’Unione Europea si trova da tempo. Dalla fine degli anni ‘50 del secolo scorso ad oggi il disegno di un’Europa unita e coesa si è andato definendo per fasi e tappe, “ma l’integrazione non si può dire ancora conclusa”, spiega Alberto Malatesta, Professore ordinario di Diritto Internazionale alla LIUC – Università Cattaneo di Castellanza.

Quali sono stati fino ad ora i principali risultati conseguiti dall’Europa?
Possiamo sicuramente parlare di un cammino lungo e che ha attraversato diverse fasi e tappe: l’Unione, nel 1957, ha preso il via semplicemente come una comunità meramente economica e siamo arrivati oggi ad un livello molto alto di integrazione. Per arrivare a ciò siamo passati dalla realizzazione del mercato unico all’adozione della moneta unica, circolante dal 2002 e ancor prima dalla libera circolazione delle persone con il trattato di Schengen nel 1985. Con il trattato di Maastricht del 1992 si è anche affermato il concetto di cittadinanza europea, fino ad arrivare alla piena affermazione dei diritti dei singoli nella Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea, ma il cammino non si può dire ancora concluso.
 
Cosa ha significato fino ad ora per cittadini e imprese questo cammino?
Le imprese hanno avuto un grande vantaggio dalla istituzione del mercato unico, soprattutto in termini di eliminazione delle barriere doganali e dei dazi e questo vale soprattutto per le imprese esportatrici. Far parte di un mercato unico è anche un vantaggio in un contesto economico globale dove si deve competere con colossi come la Cina o gli Stati Uniti. Per i cittadini indubbiamente la dimensione della libertà di circolazione è stata molto importante e lo si vede bene per le generazioni più giovani, che hanno potuto e possono beneficiare di una grande mobilità e di occasioni di studio e lavoro molto più ampie. Per tutti, imprese e cittadini, vi è stato anche un ampliamento che riguarda la tutela dei diritti, che oggi è garantita a più livelli: non solo quello nazionale, ma anche quello sovranazionale. 

Possiamo utilizzare quello che è successo con la pandemia come cartina di tornasole per capire meglio cosa significhi essere parte di una dimensione europea? 
Sicuramente la pandemia è stato un grande banco di prova per l’Unione Europea. Per permettere di contrastarne gli effetti economici e sociali, l’Ue ha sospeso i vincoli alla spesa dettati dal Patto di Stabilità: a fine dicembre 2023 questo regime di sospensione è terminato e si è tornati ad affrontare il tema anche da parte della politica nazionale e del Governo. Paesi ad alto debito come il nostro tornano a temere procedure di infrazioni europee. Tuttavia, non andrebbe dimenticato che, proprio durante la pandemia, abbiamo potuto vedere concretamente cosa significhi essere parte dell’Unione Europea in termini di risorse introdotte per contrastare gli effetti economici e sociali del Covid-19. Basti pensare al Recovery Fund, noto anche come Next Generation Ue e alle risorse che esso genera per la ripresa economica. Per l’Italia significa un piano di oltre 194 miliardi di euro, risorse che un Paese come il nostro, da solo, non avrebbe avuto a disposizione. 

Quali sono oggi le sfide e gli ostacoli che la Ue è chiamata a superare?  
La sfida più grande di tutte è quella di fare un ulteriore passo verso l’integrazione: si tratta di un bivio a cui siamo di fronte ormai da diversi anni e che trova l’ostacolo maggiore nella ritrosia degli Stati membri a lasciare più spazio ad una dimensione politica europea che vada al di là degli interessi nazionali per guardare ad un interesse e ad un bene comune europeo. Da questo punto di vista basti pensare a due aspetti cruciali, quello della difesa comune e quello della politica economica. Quello della difesa e della sicurezza comune è un tema diventato di grandissima attualità con la guerra in Ucraina, un conflitto alle porte dell’Unione che rende sempre più urgente progettare qualcosa di comune anche in questo campo, oggi appannaggio di altre realtà, in primis della Nato. Quanto alla politica economica, diversamente da quanto accade per la politica monetaria, ormai gestita dalla Bce, le istituzioni europee possono solo coordinare le politiche economiche, al fine di assicurare una sana gestione dei deficit e dei debiti degli Stati membri. Sotto questo profilo l’Unione economica e monetaria è una costruzione ancora incompleta, perché le scelte economiche di fondo sono ancora di responsabilità dei singoli Stati: siamo ancora lontani da una “manovra economica” europea. Come già sottolineato quello di cui l’Europa ha bisogno è progredire nell’integrazione. Non sono tempi facili per farlo, ma solo così si può sperare in una pace e in un benessere duraturi nel nostro continente.  

Quali decisioni prende il Parlamento

Uno degli ultimi provvedimenti approvati dal Parlamento europeo uscente, l’11 aprile scorso, è stato il Patto per la migrazione e l’asilo, un testo sul quale i negoziati andavano avanti dal 2015 e che andrà a regime tra due anni. Il 13 marzo scorso era stato licenziato un pacchetto di norme sull’Intelligenza Artificiale, primo provvedimento legislativo in materia adottato nel mondo. Sono solo due esempi, molto differenti tra loro, di come il Parlamento Europeo sia protagonista, con i suoi provvedimenti, della nostra vita di tutti i giorni attraverso quello che è un meccanismo di co-decisione che condivide con il Consiglio per tutto ciò che concerne l’approvazione degli atti legislativi.
I Parlamentari europei sono stati chiamati in questi anni a decidere e a dettare regole in diversi ambiti. Il provvedimento sulla AI, ad esempio, è arrivato dopo altri due testi normativi relativi al mondo digitale: il Digital Markets Act e il Digital Services Act. Obiettivo del provvedimento più recente? Proteggere i diritti fondamentali, la democrazia, lo Stato di diritto e la sostenibilità ambientale dai sistemi di Intelligenza Artificiale ad alto rischio, promuovendo allo stesso tempo l’innovazione e assicurando all’Europa un ruolo guida nel settore. Ma gli esempi che si possono fare sono molti e possono riguardare temi specifici o temi di carattere molto più ampio e generale, ma che sono tutti inquadrabili in quelle che sono le materie di competenza dell’Unione Europea, sia esclusive che concorrenti con i Paesi membri. Ad esempio, in materia di clima non possiamo non citare il Green Deal: il 24 giugno 2021 il Parlamento ha approvato la legge europea sul clima, che rende giuridicamente vincolante l’obiettivo di ridurre le emissioni del 55% entro il 2030 e la neutralità climatica entro il 2050. Il pacchetto di misure adottate mira a maggiori benefici per aria, acqua e suolo più puliti, bollette energetiche più economiche, case restaurate, miglioramento dei trasporti pubblici e aumento di stazioni di ricarica per le automobili elettriche, diminuzione dei rifiuti, cibo più sano e un miglioramento della salute. Sugli stessi tasti insistono provvedimenti che in questi anni hanno riguardato economia circolare, riduzione dei rifiuti e lotta all’inquinamento da plastiche.
Dal Parlamento è passato anche il provvedimento sicuramente più importante che l’Unione Europea si è trovata a introdurre dopo la pandemia: obiettivi, modalità di finanziamento e regole da rispettare per il Recovery Fund (la parte più consistente e corposa del piano di ripresa Next Generation EU) sono stati infatti sottoposti al voto del parlamento per poter essere adottati. Non va dimenticato infine che, sempre con la modalità della co-decisione che condivide con il Consiglio, il Parlamento europeo ha anche il compito di approvare un documento fondamentale, ovvero il bilancio dell’UE. Quale sarà invece il primo atto di cui sarà protagonista il prossimo Parlamento Europeo che sarà eletto a giugno? Su questo abbiamo già una certezza: i neoparlamentari dovranno approvare o respingere la designazione del Presidente della Commissione che sarà fatta dal Consiglio Europeo.   

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