Come-cambia-la-scuola

La digitalizzazione è un processo che riguarda numerosi ambiti e che innesca cambiamenti radicali. É dunque importante che un sistema scolastico, attento alle tendenze economiche, sociologiche e culturali, ponga l’attenzione sui temi dell’informatica e della tecnologia, inserendoli ai primi posti del programma formativo. Reti, lavagna interattiva multimediale (LIM), classe scomposta, smart school, sharing sono solo alcuni dei termini usati ormai quotidianamente all’interno di una scuola che punta verso il digitale e verso la didattica per competenze. Un processo che in Italia prende avvio nel 2008, con l’ingresso nelle classi della LIM, per il cui utilizzo vengono formati più di 72mila insegnati: è l’inizio di un processo di familiarizzazione dei docenti con le nuove tecnologie.

 

La didattica universitaria

Una tappa importante è segnata poi dall’emanazione del Piano Nazionale Scuola Digitale (PNSD) nel 2015 all’interno nel programma più ampio “La Buona Scuola” con il dichiarato obiettivo di ammodernare e ristrutturare il sistema scuola in Italia, attraverso l’individuazione di 8 aree di intervento, suddivise in azioni: accesso, spazi e ambienti per l’apprendimento, amministrazione digitale, identità digitale, competenze degli studenti, digitale imprenditorialità e lavoro, contenuti digitali e formazione del personale. Per Federico Visconti, Rettore della LIUC – Università Cattaneo, “l’interesse del mondo universitario per le tecnologie digitali non è legato solo alla didattica a distanza, ma anche alla didattica in aula. Per sfruttarle al meglio si è iniziato a lavorare all’interno di un ‘ecosistema’ che favorisce il più possibile la didattica attiva. Per questo deve essere progettato e gestito attraverso tre pilastri fondamentali: infrastrutture digitali coerenti con l’obiettivo, spazi flessibili e aspetti pedagogici dell’interazione docente – studente”. Tutto questo processo quindi non va però interpretato come un semplice dispiegamento di nuove e performanti tecnologie: nessun cambiamento educativo può infatti prescindere dal rapporto umano docente/studente. La domanda è: la scuola sta realmente cambiando? Portare gli strumenti tecnologici nelle classi è la direzione giusta?

 

 

Modalità didattica innovativa

Per Mauro Sabella docente di laboratorio di chimica e referente della formazione di Impara Digitale (associazione che promuove lo sviluppo di una modalità didattica innovativa) “iniziano ad esserci ricerche condotte da enti riconosciuti a livello nazionale ed internazionale che analizzano i benefici dell’uso delle tecnologie come supporto alla didattica. Una di queste è quella condotta dalla Dott.ssa Daniela Lucangeli, professoressa ordinaria di Psicologia dello sviluppo all’università di Padova. La ricerca, condotta su un campione di scuole primarie, ha evidenziato che nel processo di lettoscrittura non emergono particolari differenze rispetto ai risultati delle classi ‘non digitali’. Lo strumento è di per sé ‘neutro’, quello che cambia è l’approccio dell’insegnante. Chi si presta ad utilizzare le ICT è un docente motivato che ha cambiato il tradizionale paradigma insegnamento/apprendimento, mettendo l’alunno al centro ed utilizzando metodologie didattiche diverse.” La digitalizzazione nell’ambito scolastico passa dunque anche dalla formazione degli insegnanti, aspetto quest’ultimo cruciale: in molte delle ricerche condotte tra docenti e studenti emerge che uno dei principali ostacoli è la difficoltà del docente ad adeguarsi alla rivoluzione digitale. I motivi sono diversi, uno è rappresentato dalla difficolta di superamento del gap generazionale. Da non dimenticare poi la poca conoscenza, per molti insegnanti, degli strumenti informatici e dei linguaggi di programmazione, e la mancanza di aggiornamento. È chiaro che la tecnologia da sola non fa scuola, è dunque fondamentale lavorare sulle metodologie. Nonostante l’azione del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca (MIUR) con l’individuazione di un animatore digitale per scuola, (circa 8.170 in tutta la nazione) solo un 20-25% di docenti ha aderito alla formazione ed in parte applicato nuove strategie di insegnamento. 

 

 

Piano Triennale dell’Offerta Formativa

Per Laura De Biaggi docente di matematica e fisica all’Istituto Superiore Dalla Chiesa di Sesto Calende, nonché direttore esecutivo del laboratorio territoriale Idea.lab, “le istituzioni scolastiche hanno implementato nel PTOF (Piano Triennale dell’Offerta Formativa) azioni coerenti con le finalità, i principi e gli strumenti previsti dal Piano Nazionale Scuola Digitale. Sono state avviate anche numerose iniziative di formazione verso i docenti e un tour di 24 eventi ‘Futura’ in tutta Italia per condividere le buone pratiche del PNSD e fare ancora formazione. Una tappa ha toccato a settembre 2018 la provincia di Varese. Molti insegnanti sono pronti a mettersi in discussione, a scendere in campo per sperimentare, raccogliere e disseminare”. Spostando l’attenzione sugli altri attori coinvolti in questo processo di digitalizzazione la De Biaggi aggiunge che “l’educazione nell’era digitale parte da un’idea rinnovata di scuola. Il digitale è utile poi non solo in classe ma anche nella gestione più generale della scuola poiché automatizza i processi interni, semplifica le attività di routine e migliora la comunicazione tra studenti, docenti e genitori. Gli studenti accolgono in modo positivo l’utilizzo del digitale in classe poiché in questo modo gli strumenti di comunicazione diventano più vicini al loro mondo e comprendono anche così le potenzialità del digitale che va molto oltre il videogioco”. 

 

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