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Un piano di investimenti per il rilancio infrastrutturale del Paese. Una vera e coerente politica di inclusione dei giovani nel mondo del lavoro, con lo stanziamento di risorse per incentivi alle imprese per le assunzioni a tempo indeterminato o in apprendistato e per la valorizzazione degli Istituti Tecnici Superiori post-diploma, che si stanno affermando nel mondo della formazione come delle vere e proprie “macchine” in grado di produrre occupazione. Collocare, con provvedimenti concreti e non a parole, il tema dell’innovazione al centro dell’agenda di politica economica, supportando gli sforzi che le aziende stanno facendo, o potrebbero fare, sui fronti dell’efficienza energetica e dell’economia circolare, tanto importanti quanto la transizione verso la manifattura digitale. Ecco le tre priorità del sistema economico e sociale italiano: infrastrutture, giovani e innovazione. 

Tre temi fondamentali per il futuro del Paese, ma di cui nessuno si sta facendo portabandiera nel dibattito politico attuale, né tra le forze di governo, né tra quelle di opposizione. Su questo la proposta politica dell’intero emiciclo parlamentare è unanime nel non saper guardare alla realtà e alla sostanza. Il problema è generale e non si limita alla Legge di bilancio per il 2020. 
Non solo da oggi ci si perde, ormai da mesi, forse anni, in provvedimenti spot che sembrano presi più per assecondare questo o quel sondaggio, anziché sulla base di un progetto coerente di crescita. Nessuno si sorprenda, dunque, se l’Italia è ultima nelle previsioni di innalzamento del Pil per il 2020. Non c’è Paese in Europa che farà peggio di noi. Il nostro +0,4% pronosticato dalla Commissione Europea è infinitamente lontano dalla media continentale del +1,4%. Eppure, tant’è: rimaniamo il fanalino di coda di un’Europa che già di per sé dà segnali di affaticamento. Ultimi tra gli ultimi. C’è di che essere preoccupati. Le imprese lo sono. Si dirà: la coperta è corta. Motivo in più per darsi una strategia e concentrare su chiari obiettivi le poche risorse a disposizione. In realtà, il problema è che tra i mali del nostro Paese c’è la crescente ossessione del consenso fine a se stesso. Tutte le forze politiche sembrano muoversi su questo terreno senza vedere le conseguenze di questa competizione elettorale permanente. Così il risultato è una serie di provvedimenti slogan. Reddito di cittadinanza e Quota 100, che potrebbero essere smantellati o rivisti per liberare risorse, sembrano destinati a rimanere in piedi pur non dando alcun beneficio nella produzione di ricchezza e creazione di lavoro, così come promesso dai loro realizzatori. Nel frattempo, con l’ultima manovra sono entrate nel dibattito la plastic tax e la sugar tax, sbandierate come strumenti di un nuovo green new deal e per un consumo alimentare più sano. Vedremo come verranno applicate.

La realtà, però, è che, come qualsiasi tassa, se il loro gettito non verrà indirizzato verso voci specifiche, in questo caso incentivi per una riconversione industriale o per promuovere diversi stili di vita, non si chiuderà il cerchio e dunque il rischio è che si fermino ad essere meri strumenti per fare cassa. In questo modo si tasserebbero i prodotti, non le abitudini di consumo, come si vorrebbe far credere. E in più, mentre giustamente, anche se con poco coraggio e ancor meno risorse, si prova a iniziare ad abbassare il cuneo fiscale, rischiamo di vedere aumentare le tasse alla fetta, più o meno grande lo vedremo, di lavoratori che usufruiscono delle auto aziendali. E poi ci sono quelli della “manovra no-tax” e della flat tax. Voli pindarici, suggestioni. Slogan, per l’appunto. Ma poca sostanza. Ancor meno confronto con la realtà.
Non è una questione legata all’ultima manovra. Lo sguardo è ormai fisso da tempo al prossimo voto. Amministrativo, regionale o nazionale che sia. Infrastrutture, investimenti nella formazione dei giovani e incentivi all’innovazione farebbero crescere il Paese, ma siccome non portano consenso per la tornata elettorale dietro l’angolo, rimangono un miraggio. Per buona pace del bene comune e dell’interesse generale di un’Italia sacrificata sull’altare del consenso.

 

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