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Da una parte, nella regione iberica il punto di partenza è stato il Governo locale, dall’altra, a Varese, vuole esserlo il mondo imprenditoriale, ma la sfida dei due Piani Strategici è la stessa: stringere una sinergia tra pubblico e privato in grado di costruire una resilienza duratura e una crescita continua nel medio-lungo periodo. L’obiettivo? Generare valore a tutti i livelli per sviluppare innovazione, benessere e occupazione portando il territorio ad un più alto livello di competitività. Ecco come l’area autonoma al Nord della Spagna può essere un modello a cui la provincia di Varese si può ispirare

Il Pil pro capite ha superato i 34mila euro, con un aumento di oltre il 13% rispetto ai 30mila del 2014. Mentre la percentuale della popolazione a rischio di povertà ed esclusione sociale è scesa al 14,4%, uno dei livelli migliori in Europa. Sono alcuni dei dati che hanno portato i Paesi Baschi ad attestarsi tra le posizioni migliori nelle classifiche economiche e sociali del continente: in particolare, l’area a Nord della Spagna si è classificata al 29° posto su 218 regioni dell’Unione Europea sia per Pil pro capite sia per indice di povertà. Senza dimenticare la quota di esportazioni, che secondo gli ultimi dati disponibili (2019) costituisce il 33% del Pil regionale e l’occupazione in Ricerca&Sviluppo che ha raggiunto una quota del 2,06%, posizionando i Paesi Baschi al 21° posto. Risultati, questi, frutto di un lavoro sinergico tra Governo regionale, imprese e cluster di ricerca, ma più precisamente di un vero e proprio Piano Strategico di crescita applicato alla Regione autonoma di Euskadi, meglio conosciuta come Paesi Baschi. Un piano di ridisegno competitivo territoriale nell’area Nord della Spagna, non per niente identificato come un caso di successo in diversi prestigiosi studi, come quelli condotti dall’Ocse, l’Organizzazione internazionale per la cooperazione e lo sviluppo economico.

Ma cosa significa essere tra le prime regioni d’Europa per Pil pro capite? Come si scala la classifica europea sull’indice di povertà attestandosi tra le prime posizioni su 218 regioni? Cosa vuol dire per un Paese essere un esempio di successo fino a diventare un caso di studio nelle Università più prestigiose al mondo? Perché investire sulla competitività impegnando attori sociali a tutti i livelli? Che potenzialità ha tutto questo? Lo spiega Mari Jose Aranguren, professoressa e Direttore generale di Orkestra, l’Istituto di ricerca dei Paesi Baschi volto, appunto, a migliorare la competitività e il benessere della Regione: “Siamo stati in grado di affrontare con successo la crisi finanziaria del 2008 grazie all’esperienza e alle capacità sviluppate nei tre decenni precedenti. Quella che è stata attuata a partire dal 1980, anno in cui è stato creato il nuovo Governo regionale autonomo dei Paesi Baschi, è una strategia territoriale che ha permesso di costruire una resilienza duratura e ha generato continui miglioramenti nei risultati economici e sociali. La collaborazione che si è creata tra la nuova classe politica, le realtà imprenditoriali e i centri di ricerca ha avuto ricadute su tutto il territorio, principalmente in termini di valore economico, benessere e occupazione. Il fine ultimo è quello di sviluppare, attraverso l’innovazione e la cooperazione, una competitività territoriale inclusiva”. 

Quello di cui parla il Direttore Aranguren, tema fra l’altro condiviso anche con gli imprenditori varesini e gli oltre 600 ospiti presenti all’Assemblea Generale di Confindustria Varese dello scorso 3 ottobre, non è un progetto di semplice attuazione, ma rappresenta un modello a cui ispirarsi: una vera e propria strategia di azione cadenzata da obiettivi da raggiungere nel tempo, metriche per misurare i risultati e risorse da impiegare. Esattamente il metodo che vuole adottare “#Varese2050”, il Piano Strategico per la competitività del territorio, realizzato da Confindustria Varese insieme al Think Tank internazionale Strategique, con sede ad Harvard. 

Mari Jose Aranguren, Direttore di Orkestra: “La collaborazione tra la nuova classe politica, le realtà imprenditoriali e i centri di ricerca ha avuto ricadute su tutto il territorio principalmente in termini di valore economico, benessere e occupazione. Il fine ultimo è quello di sviluppare, attraverso l’innovazione e la cooperazione, una competitività territoriale inclusiva”

La differenza tra i due approcci sta più che altro nella governance. Il Piano Strategico varesino prende le mosse dal mondo imprenditoriale e dal suo sistema di rappresentanza. Quello basco, invece, ha preso avvio dal Governo regionale per poi coinvolgere le aziende e le organizzazioni intermedie, come associazioni, cluster e agenzie di sviluppo locale. Attori la cui collaborazione favorisce la competitività, certamente, ma più nel dettaglio, l’internazionalizzazione, lo sviluppo di competenze e di progetti tecnologici. “Si tratta di associazioni in grado di aiutare le imprese a raggiungere un più alto livello competitivo, proprio come fa Confindustria Varese con il settore aeronautico, ad esempio, attraverso il Lombardia Aerospace Cluster”, spiega Aranguren: “Noi ne abbiamo uno automobilistico e un altro dedicato alle macchine utensili, oltre alla trentina di agenzie di sviluppo locale, che lavorano a stretto contatto con le Pmi per migliorare le loro innovazioni e sviluppare la formazione. È molto importante poi collegare le imprese e le loro esigenze con le Università e i Centri di formazione attraverso dei programmi studiati ad hoc affinché gli studenti si approccino proprio a quelle competenze specifiche di cui hanno bisogno le realtà manifatturiere”. Una sinergia, questa, che permette di rispondere ad una doppia esigenza: dare al mercato talenti preparati e generare nuovi posti di lavoro. Formazione, dunque, ma anche crescita demografica, trasporti e mobilità sostenibile, innovazione industriale, transizione digitale, energetica e climatica. Questi i temi individuati come punti chiave della strategia per sviluppare nuove attività, nuove possibilità di lavoro e nuove progettualità. 

Ora la sfida per il futuro dei Paesi Baschi si chiama “Euskadi 2040: Competitività per il benessere”: un nuovo piano che va ad aggiungersi alla strategia regionale attuata finora con l’obiettivo di non perdere il posizionamento raggiunto in questi anni

Per quanto riguarda gli asset, invece, la regione basca si è concentrata molto sugli investimenti in infrastrutture Ict (Information and Communications Technology), ad alto livello tecnologico. Un altro degli asset principali è stato l’aggiornamento delle competenze necessarie e quindi un allineamento delle skill in base alle priorità definite dalla strategia. Tra le altre strade battute, quella delle innovazioni non tecnologiche sviluppando vari programmi in aiuto a piccole e medie imprese. Senza dimenticare la riorganizzazione del network “Scienza, Tecnologia e Innovazione” per lavorare sempre più in sinergia alle aziende e ai mercati. L’obiettivo: individuare le aree e le attività a cui dare priorità non solo nella manifattura, ma anche in ambito di energia pulita e rinnovabile, bioscienze, industria alimentare, economia circolare, e ancora, nelle attività creative e culturali. Ora la sfida per il futuro dei Paesi Baschi si chiama “Euskadi 2040: Competitività per il benessere”. Un nuovo piano che va ad aggiungersi alla strategia regionale attuata finora con l’obiettivo di non perdere il posizionamento raggiunto in questi anni.

Tra le sfide quelle di integrare le transizioni di oggi come quelle energetico-ambientale e tecnologico-digitale; orientare le attività economiche, scientifiche e tecnologiche verso transizioni sostenibili; promuovere l’innovazione nel settore pubblico e l’innovazione sociale; aumentare quella che viene definita “ambidestrezza” delle imprese. Senza tralasciare la necessità di garantire la sostenibilità economica del modello di welfare e dei servizi pubblici di qualità costruiti fino ad oggi, attraverso la disponibilità di occupazione e di un reddito adeguato per tutti, favorendo l’adattamento delle capacità (personali e istituzionali) alle sfide del futuro. Diventare un punto di riferimento a livello internazionale ed essere aperti al mondo condividendo conoscenze, finanza e capitale umano, ma sempre in maniera responsabile e mantenendo l’unicità del territorio. Ecco allora le linee strategiche per i territori che cercano di costruire uno sviluppo economico resiliente a lungo termine: rafforzare gli attori ec onomici e sociali; assumersi i necessari rischi dando priorità ad attività specifiche e investendo nelle relative capacità; concentrare l’attenzione sui punti di forza per approfondirli e diversificarli.   

 

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