C’è chi ricicla scarti di produzione in giacche super resistenti, chi si inventa nuove tipologie di fibre e chi persino affitta jeans. Che si tratti di rimettere in circolo prodotti giunti a fine vita o dare nuova dignità a quello che viene definito rifiuto, l’industria tessile varesina punta sull’economia circolare. A dimostrarlo è la crescente attenzione delle imprese del settore alle tematiche di reimpiego degli scarti prodotti nel corso delle lavorazioni più diverse, come spiega Piero Sandroni, Presidente del Gruppo Merceologico “Tessile e Abbigliamento” dell’Unione degli Industriali della Provincia di Varese: “Il tessile-abbigliamento è uno dei settori economici portanti dell’Unione Europea, che vede la presenza di numerose e significative realtà industriali in molti paesi. E come tale non può certo esimersi dal mettere in pratica azioni concrete e reali volte alla salvaguardia dell’ambiente e alla prevenzione del consumo di risorse non rinnovabili”. Ed è proprio seguendo l’evoluzione dello scenario europeo che ha preso vita il Progetto ENTeR - Expert Network on Textile Recycling, incentrato sulle tematiche del riciclo nel mondo tessile. “Il progetto – prosegue Sandroni – vede il Centro Tessile Cotoniero e Abbigliamento di Busto Arsizio capofila di un partenariato composto da centri di ricerca e associazioni di imprese e cluster del settore tessile, appartenenti a cinque paesi dell’Europa Centrale: Italia (Lombardia), Germania (Sassonia), Repubblica Ceca, Ungheria e Polonia. Obiettivo di ENTeR è favorire l’approccio all’economia circolare nelle aziende tessili, facilitando e sostenendo il riciclo e il riutilizzo degli scarti di produzione”.

Lo scopo dell'iniziativa?

Scopo dell’iniziativa, di cui l’Unione Industriali varesina è unico partner italiano, è creare un network tra gli attori dell’innovazione tessile in Europa, per rafforzare la capacità innovativa del settore. La cooperazione tra le diverse realtà si propone di migliorare la gestione degli scarti industriali, promuovendo un approccio comune alla circular economy, mediante lo sviluppo dell’offerta di servizi innovativi da parte dei centri di ricerca e delle associazioni coinvolte. Come? Attraverso la creazione di un’agenda strategica, un training formativo per le imprese, lo sviluppo di una piattaforma online per favorire lo scambio di materiali tra realtà diverse e la creazione di un centro tessile virtuale, che mette a fattor comune le competenze dei centri tecnologi dell’Europa Centrale in tema di gestione degli scarti tessili. E anche attraverso l’identificazione e lo studio di casi pilota che rappresentino le problematiche a cui le imprese tessili devono far fronte. I casi pilota saranno studiati congiuntamente dai partner in un’ottica di Life Cycle Design, ovvero scegliendo risorse a basso impatto ambientale, estendendo il ciclo di vita dei materiali, facilitando il loro riutilizzo e disassemblaggio.

Alcuni esempi di circular economy

E in questo senso l’esempio di RadiciGroup, gruppo multinazionale con sede in provincia di Bergamo, attivo nei mercati della chimica, della plastica e delle fibre sintetiche, è a dir poco illuminante. “Facciamo economia circolare da tempo, da quando abbiamo iniziato a riciclare tutti gli scarti dei nostri processi produttivi, trasformandoli di nuovo in materia plastica”, racconta Maria Teresa Betti, Sustainability and Communication Professional in RadiciGroup, nel corso del primo workshop internazionale sull’economia circolare tenutosi a maggio nella sede gallaratese dell’Unione Industriali, con i partner del Progetto ENTeR. “Abbiamo lavorato ad un’idea molto ambiziosa: realizzare una giacca sportiva interamente in nylon, in maniera che fosse facilmente riciclabile – spiega ancora Betti –. Uno dei problemi che esistono oggi nel mondo del tessile è che i capi d’abbigliamento sono fatti da materiali diversi. Noi abbiamo lavorato per realizzare una giacca che, una volta giunta a fine vita, potesse essere trasformata in maniera facile in materia plastica, con destinazione il settore automotive”. Passando, in sostanza, da una giacca a un copri motore, che in origine era plastica o scarti di essa.

 

Dalle fibre d'arancia ai jeans a noleggio

Altri esempi concreti di circular economy nell’ambito tessile sono stati presi in analisi dallo IEFE, il Centro di Ricerca dell’Università Bocconi che si occupa di economia e management ambientale e che, in cooperazione con le aziende, opera per cercare di capire quali siano le loro reali esigenze e dove incontrino le maggiori difficoltà nell’applicare i principi dell’economia circolare. “Abbiamo fatto un’analisi su quelli che possono essere i più utili strumenti di implementazione della circular economy all’interno di imprese del settore tessile e abbiamo ragionato in termini di diverse fasi di produzione”. Gaia Pretner, Research Fellow in IEFE spiega come la ricerca sia partita da materiali innovativi in grado di sostituire le tradizionali fibre tessili per approdare a realtà che propongono metodi alternativi di vendita del prodotto. “Un brillante esempio di riutilizzo creativo è la startup Orange Fiber, creata da due ragazze siciliane che hanno studiato e brevettato un processo per derivare una fibra tessile dalle bucce di arancia. Il risultato è stato un filato molto sottile e leggero, simile alla seta, scelto da Salvatore Ferragamo per una collezione estiva”, racconta Pretner. Che dire poi di Mud Jeans, realtà dei Paesi Bassi che invece di vendere un paio di jeans, li noleggia? Per un anno intero, a fronte del pagamento di una rata mensile, i pantaloni saranno a disposizione del noleggiante che potrà decidere, al termine dei 12 mesi, se tenerli oppure mandarli indietro per un paio nuovo, continuando così il leasing. “Ennesimo esempio di business innovativo è quello di Interface che vende tappeti modulari per pavimenti – prosegue di nuovo la ricercatrice dello IEFE –. Dove sta l’innovazione? Se dovete sostituire un pezzo della moquette perché vi è caduto il caffè, vi trovate a dover cambiare tutto il pavimento dell’ufficio, uno spreco di materiali immane oltre che un costo notevole. Interface invece crea tappeti modulari che permettono, all’occorrenza, di sostituire solamente il pezzo danneggiato”. La provincia di Varese non è certo da meno: ne è un esempio la Alfredo Grassi Spa, impresa di Lonate Pozzolo specializzata nella progettazione e realizzazione di abbigliamento da lavoro ed equipaggiamenti per la protezione personale. “Per la nostra azienda l’economia circolare è la sfida del futuro. È stata approcciata da anni sia a livello di gestione ambientale, sia a livello di prodotto con certificazioni ecologiche e l’utilizzo di fibre e tessuti riciclati oppure riciclabili – racconta Mariagrazia Vittori, Direttore Generale –. Siamo certificati ‘Cradle to Cradle’, con una linea di prodotto completamente biocompostabile e ad agosto 2017 è nata una startup dal nome ‘Grassi 10k’ che si ripropone di utilizzare materiali, tessuti e capi usati e riproporli nel mondo del fashion”. 

 

 

Per saperne di più:



Articolo precedente Articolo successivo
Edit