Anche i più semplici oggetti di uso quotidiano vengono ormai prodotti grazie a una catena di fornitura mondiale che coinvolge decine di Paesi di diversi continenti. Ecco perché fenomeni apparentemente lontani, come una nave che si mette di traverso nel canale di Suez o un’inondazione in America Latina, sempre di più hanno ripercussioni sulle nostre economie locali. Esempi che possono aiutarci a capire come anche le supply chain internazionali si stiano modificando per far fronte ai cambiamenti in atto e quali strategie e trasformazioni stiano impostando le aziende su questo fronte

Produrre un oggetto apparentemente semplice come una matita? Per farlo occorrono componenti provenienti da 20 diversi Paesi: basta questa informazione per comprendere complessità, delicatezza e globalità di una catena fatta di movimenti di merci, beni e materie prime da un capo all’altro del pianeta. Un quadro dentro il quale – come accaduto nel recente passato – il blocco di qualche giorno del canale di Suez genera conseguenze immediate sui processi produttivi e sulle catene lunghe di approvvigionamento da fornitori a migliaia di chilometri di distanza dai mercati di sbocco. Ma soprattutto, partire da questo esempio è utile per mettere sotto i riflettori il tema della logistica post Covid-19: lo facciamo con Fabrizio Dallari, professore ordinario di Logistica e Supply Chain Management della LIUC - Università Cattaneo e direttore del Centro sulla Logistica e il Supply Chain Management della LIUC Business School.

Professore, qual è lo scenario a cui ci troviamo di fronte dopo la pandemia per quanto riguarda questo comparto? 
Il Covid-19 ha sicuramente prodotto in tutti noi una maggiore consapevolezza rispetto a quanto sia fondamentale la “logistica” nella nostra quotidianità: tutti ci siamo misurati con gli scaffali vuoti al supermercato, ma anche con la chiusura dei negozi e con la necessità di ricorrere sempre più spesso agli acquisti online, che richiedono una logistica completamente diversa. Inoltre, è diventato evidente che la logistica non si esaurisce con la movimentazione di merci e persone, ma ha a che fare con l’organizzazione stessa delle imprese e con le scelte che vengono fatte rispetto alle strategie di produzione, di approvvigionamento e di distribuzione. Soprattutto abbiamo capito che nello scenario attuale sussiste un elevato grado di vulnerabilità dovuto non solo alla pandemia, ma anche ad attacchi terroristici, eventi naturali, conflitti bellici e guerre commerciali, o semplicemente “incidenti di percorso” come quello accaduto nel canale di Suez. Sono tutti eventi avversi che possono provocare ingenti perdite di fatturato, fermi di produzione, ordini persi con ripercussioni molto pesanti per il conto economico delle imprese e i consumatori finali. 

Di fronte a uno scenario così complesso e pieno di incognite, quali sono le risposte che si possono mettere in campo? 
La parola chiave anche per la logistica è “resilienza”, ovvero la capacità di sviluppare di continuo non uno, ma una serie di piani B, che permettano di avere soluzioni alternative da mettere in campo al verificarsi di eventi avversi che mutano le condizioni al contorno. Imparare a ragionare per scenari è stata una innovazione che riguarda non solo la logistica, vale a dire l’organizzazione dei flussi di merci e di informazioni, ma tutti i processi aziendali. Ciò significa, ad esempio, avere più fornitori per una stessa materia prima o per un componente, dislocati, però, in regioni differenti, in modo da avere sempre una alternativa pronta in caso di problemi; significa anche lavorare con più scorte a magazzino oppure saper anticipare gli ordini con una migliore capacità previsionale. Come centro di ricerca universitario abbiamo realizzato un apposito vademecum, che contiene un albero delle soluzioni adottabili per aumentare la resilienza, mettendo nero su bianco scenari e soluzioni possibili. Il rischio, in altre parole, va gestito e i suoi effetti, se possibile, mitigati. 

Possiamo elencare i cambiamenti più evidenti che si sono verificati e in che misura si tratta di cambiamenti definitivi? 
Un primo cambiamento, evidente, positivo e irreversibile, è quello della digitalizzazione dei processi logistici. I documenti di trasporto cartacei, per evidenti motivi, sono stati velocemente sorpassati da documenti digitalizzati e grandi passi avanti si sono fatti anche per quanto riguarda il tracciamento in tempo reale dei mezzi e dei carichi. Un altro grande cambiamento è quello prodotto in fatto di reti globali: per le imprese che avevano fatto scelte di off-shoring la pandemia ha implicato delle precise conseguenze. In questo caso però l’effetto non è necessariamente quello di rivedere tali scelte, ma sicuramente di mettere in campo strumenti e strategie per evitare alcuni inconvenienti legati proprio agli aspetti logistici connessi all’internazionalizzazione della produzione. Infine, il terzo cambiamento è quello della omnicanalità delle vendite con l’esplosione dell’e-commerce e tutto quello che ne consegue in termini di logistica e consegne all’ultimo miglio: si stima che l’accelerazione prodotta in questo ambito sia stata pari a due anni. Siamo cioè arrivati ad uno scenario che – in condizioni normali e senza pandemia – avremmo raggiunto tra circa 24 mesi. 

Rispetto a questa esplosione della logistica, come si coniuga il tema della sostenibilità? 
Si tratta di un tema cruciale che chi si occupa di logistica sta affrontando con soluzioni differenti. Esse riguardano non solo le emissioni dei veicoli o la revisione dei materiali di imballaggio, ma anche le scelte sul il network distributivo. Sulle grandi distanze una risposta importante può venire dal trasporto marittimo e da quello intermodale gomma-treno. La soluzione intermodale è quella più a portata di mano per le imprese del nostro territorio e, grazie ad una serie di incentivi, può anche rappresentare un risparmio in termini economici. 

Esiste anche un tema di sostenibilità sociale...
Dopo il Covid-19 si sono accentuate alcune tendenze in essere nel settore: scegliere un fornitore per la gestione della logistica significa porre attenzione alle condizioni di lavoro garantite ai suoi dipendenti. La logica del costo minimo del servizio non può prevalere rispetto a una più generale scelta di campo da parte dell’impresa a favore della responsabilità sociale anche verso i propri business partner.  

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