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Iperconnesse, flessibili, determinate, organizzate, propense a fare della felicità in azienda una leva competitiva. Sei storie di imprenditrici del Varesotto. Con le loro esperienze, punti di vista e chiavi di lettura di come interpretare il proprio ruolo ai vertici di settori economici e produttivi che l’immaginario collettivo vorrebbe ad appannaggio maschile. Un retaggio ormai del passato, superato (non senza fatica) da un nuovo modello di fare impresa che si sta affermando sul territorio

Preparate, consapevoli del ruolo, responsabili, ma soprattutto disposte a far entrare in azienda intelligenza emotiva ed empatia. Le donne alla guida di aziende sono pronte a rivendicare un proprio modello di fare impresa, che non deve necessariamente ripercorrere quello tipico della leadership maschile. L’alternativa c’è ed è quella che ci raccontano queste sei storie: un bravo imprenditore o una brava imprenditrice hanno tutti come punto di riferimento la cultura d’impresa. 
“Da neomamma sono solo all’inizio di una nuova esperienza – dice Giorgia Munari direttore Comunicazione e marketing per La Termoplastic F.B.M. Srl e Presidente del Gruppo Giovani Imprenditori di Univa -. Posso dire che l’iperconnettività, oggi, è un banco di prova importante per modulare la propria presenza-assenza quando si occupa un ruolo di responsabilità e si vive anche una esperienza forte come quella di diventare madre”. La sua storia? Comincia con la laurea in Marketing, studi all’estero e con un’esperienza lavorativa alle dipendenze di un’altra azienda, per entrare poi in Termoplastic e avviare la funzione marketing. “Entrando nella mia azienda, mi sono confrontata con i temi dell’innovazione, con grande attenzione alla sostenibilità e ai materiali, ma ovviamente ho cercato anche nuove soluzioni per la gestione e segmentazione dei nostri target di mercato tramite azioni di marketing dedicate”. In quest’impresa di Arsago Seprio, che ha un mercato di riferimento mondiale, la presenza femminile è forte a livello apicale: il presidente è donna e il Cda è per il 50% formato da donne, in un settore dove la filiera vede ai vertici per lo più figure maschili. “Forse proprio la forte presenza femminile ci ha permesso di cogliere la necessità di lavorare sul tema del benessere in azienda e delle relazioni: argomenti troppo spesso messi in second’ordine, ma che hanno a che fare con la possibilità di lavorare meglio, con più soddisfazione e risultati. Oggi abbiamo due Chief Happiness Officer certificati che hanno la funzione di far emergere criticità e risolverle, rendendo più fluide le relazioni in azienda e migliorando il clima”.

 

“Come figlia di imprenditore mi sono sentita un po’ predestinata e per me è stato un privilegio entrare in azienda”: esordisce così Michela Conterno, Amministratore delegato della Lati Industria Termoplastici Spa e Componente consiglio gruppo merceologico Gomma e materie plastiche di Univa. Studi in economia, un master alla LIUC – Università Cattaneo, Michela Conterno ci tiene a citare nel suo curriculum una esperienza all’estero con intercultura negli anni del liceo. “Prima ci sono state le esperienze in aziende multinazionali e all’estero e solo dopo sono entrata in Lati, in un settore che è prettamente maschile. Il disequilibrio arriva già dalla scuola e dai percorsi formativi: ancora oggi al politecnico di Milano abbiamo solo il 33% di ragazze tra gli studenti, una percentuale che passa al 46% se si guarda alla componente straniera. In questo senso abbiamo ancora del lavoro da fare e si tratta di un lavoro culturale”. Cosa significa essere donna imprenditrice oggi? “Per me significa libertà e responsabilità: sento tutta la libertà e la soddisfazione di essermi realizzata, ma sento anche il senso di responsabilità per le lavoratrici e per il raggiungimento di una parità di genere che non è scontata. Ancora oggi solo una donna su due ha un lavoro e le politiche salariali scontano divari di genere. Tutto il tema del lavoro femminile è poi strettamente connesso alla questione demografica e all’invecchiamento della popolazione. Essere oggi una donna imprenditrice per me significa farsi carico in modo responsabile di questi temi e lo si può fare se non si cade nella trappola di seguire un modello maschile, ma si lascia spazio ad empatia e intelligenza emotiva”. 

 

Un cortocircuito tra il tempo a disposizione e le competenze: per Claudia Mona, Amministratore delegato della Secondo Mona Spa e Vicepresidente Univa, è ancora questo a frenare una maggiore partecipazione delle donne soprattutto negli ambiti lavorativi considerati maschili. “Oggi non mancano donne con forte preparazione tecnica anche nelle materie considerate appannaggio degli uomini: tuttavia la presenza femminile ha bisogno di essere sostenuta attraverso misure in tema di conciliazione”. Claudia Mona si definisce ‘imprenditrice per eredità’: “Nel mio caso non si è trattato di seguire una inclinazione personale - dice - ma di raccogliere un testimone per di più di una azienda ingegneristica e che opera in un settore prettamente maschile”. Ad aiutarla è stata la spinta personale verso una continua formazione, il desiderio di imparare e sicuramente una capacità di adattarsi alla storia ereditata. “Se all’inizio mi sentivo una mosca bianca in certi contesti – conclude – oggi non è più così: vedo altre donne in ruoli apicali perché ciò che conta è la preparazione e questo vale a tutti i livelli anche nella mia azienda”. 

 

Prima donna ad occupare la posizione di vertice di Ucimu, associazione che riunisce i costruttori italiani di macchine utensili: partiamo da qui per raccontare Barbara Colombo, Amministratore delegato della Ficep Spa. Il suo auspicio? Essere di ispirazione per altre donne nel non farsi ingabbiare dagli stereotipi, anche prendendo parte attiva nell’impegno di portare la testimonianza alle nuove generazioni attraverso progetti rivolti alle scuole. “Sono entrata in azienda 25 anni fa, dopo la laurea in Bocconi, un master e due anni di lavoro in banca. Oggi nella nostra azienda le donne che lavorano in ruoli che prima erano ad appannaggio degli uomini sono sempre più numerose: progettisti, pianificatori, esperti di software e data expert. Nei nostri progetti con le scuole capita non di rado che le più brave siano proprio le ragazze”. Un incentivo alla presenza femminile in azienda arriva dai cambiamenti in atto nel mondo del lavoro, e dall’emergere di nuove figure e prospettive occupazionali. Ma, secondo Colombo, c’è anche altro: “Spesso le donne sanno essere molto determinate, ma anche flessibili e sono portate per la ricerca di soluzioni. Anche se negli anni ho visto sempre più spesso uomini impegnarsi nella cura della famiglia, restano passi importanti da fare, a partire dai servizi per la prima infanzia o agevolazioni quali il quoziente familiare sul modello francese”.

 

“Parlare di imprenditoria femminile mi sembra riduttivo: siamo imprenditori e quella che deve essere tenuta in conto è la cultura di impresa che non ha genere”: ha le idee chiare Eleonora Merlo, Amministratore delegato di IVNG Spa, Past President Gruppo Giovani imprenditori Univa e componente del Comitato Imprenditoria Femminile della Camera di Commercio di Varese. Mamma di due bimbi è affiancata in azienda anche dalle due sorelle. “Sono in azienda da 10 anni dopo un percorso come avvocato libero professionista. Per me entrare nell’azienda di famiglia ha significato immergermi in un settore in cui il core business, per mansioni e orari, è prettamente maschile”. Una sfida che ha affrontato imparando tutto dal basso, prima di assumere un ruolo direzionale. “Su alcuni tavoli e in alcuni contesti può succedere ancora di essere viste in una chiave che rimanda al ruolo di cura, ma spetta a ciascuna di noi sapersi porre e prendersi gli spazi di cui si ha bisogno, abbandonando il dilemma di scegliere tra famiglia e lavoro”. 

 

“Sono entrata nell’azienda di famiglia dopo la laurea in economia, in un momento di grande espansione del nostro mercato di riferimento. Mi sono occupata subito della produzione, della qualità e dell’efficientamento del ciclo produttivo per poi passare al commerciale, aspetto che seguo ancora”. Così racconta Patrizia Pigni, oggi titolare della Litocartotecnica Pigni Srl e Vicepresidente comitato piccola industria di Univa. Essere imprenditrice oggi? “Per me significa sentire il peso delle responsabilità, esattamente come le sente un uomo, ma essere autorevoli e capaci non è una questione di genere. Essere madre mi ha decisamente aiutata a saper gestire meglio gli aspetti organizzativi e ad avere tanta flessibilità e questo è decisamente una capacità importante sul lavoro. Una di quelle soft skill che va valorizzata”.  

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