Il-tessile-varesino-è-più-circolare-dell’industria-italiana

Utilizzo di materie prime di alta qualità. Capi di abbigliamento che durano nel tempo. Investimenti nella riduzione di scarti, rifiuti e nell’efficientamento energetico. Capacità di recupero di acqua e calore re-immessi nel ciclo produttivo. Ecco i punti di forza delle imprese di uno dei settori più radicati sul territorio e che più investe nell’economia circolare a livello nazionale

Le imprese tessili varesine sono più circolari della media dell’industria italiana. Un’attenzione spiccata per la sostenibilità, quella delle aziende di uno dei settori più radicati nella manifattura all’ombra delle Prealpi, emersa da una ricerca, un vero proprio check-up svolto da Ergo Srl, spin-off della prestigiosa Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, che si occupa in maniera specifica di attività di consulenza sul fronte della gestione ambientale e dell’economia circolare. Sia nei confronti del mondo dell’impresa, sia delle pubbliche amministrazioni, di interi distretti industriali e per i territori.

Il punto di riferimento per capire quanto i produttori del Varesotto di tessuti e abiti siano più o meno attenti alla sostenibilità delle proprie aziende rispetto alla media delle imprese di tutto il Paese è una ricerca svolta a livello nazionale dall’Istituto di Management della Scuola Superiore Sant’Anna e IEFE Bocconi (Istituto di Economia e Politica dell’Energia e dell’Ambiente dell’Università milanese) su un campione di imprese italiane aderenti al CONAI (Consorzio Nazionale Imballaggi). Una ricerca che ha coinvolto quasi un migliaio di unità produttive analizzate sulla base di 5 parametri: l’approvvigionamento (ossia il ripensamento delle materie prime utilizzate); il design (scelte di eco-progettazione volte, ad esempio, ad aumentare la produttività di recupero del prodotto a fine vita); la produzione (con sistemi di efficientamento dei processi); la distribuzione (per un più efficiente sistema di consegna dei prodotti); il consumo (con la gestione del prodotto a fine vita e la re-immissione nel ciclo produttivo). Basandosi su queste voci e analizzando un campione rappresentativo di tutta la manifattura italiana è stato così misurato il livello di implementazione dei principi dell’economia circolare da parte dell’industria made in Italy. Voto: 26 su 100. Insomma, non si è proprio all’anno zero, ma si può migliorare. 

Ma come si pone, rispetto a questo punto di riferimento, l’industria del tessile e abbigliamento della provincia di Varese? A porre la domanda agli esperti di Ergo sono stati l’Unione degli Industriali della Provincia di Varese e il Centro Tessile Cotoniero di Busto Arsizio, capofila italiani del Progetto europeo ENTeR per la promozione e l’implementazione dell’economia circolare nello specifico settore tessile in alcuni distretti industriali del Vecchio Continente: il Varesotto (e più in generale la Lombardia), la Sassonia (in Germania), la Repubblica Ceca, l’Ungheria e la Polonia. Ebbene, dopo le analisi di Ergo svolte su alcune imprese varesine del Progetto ENTeR, il voto dato è stato: 35%, il 9% in più della media dell’industria italiana. Da qui il responso: il tessile e abbigliamento del Varesotto fa più economia circolare rispetto al resto della manifattura del Paese. 

Il tessile varesino spicca soprattutto per una voce: quella del design e, dunque, per la sua capacità di utilizzo di materie prime e processi di alta qualità, per il fatto di garantire una lunga durata al capo di abbigliamento, per la collaborazione con enti, centri di ricerca e tra imprese sui temi della circolarità e per l’eliminazione di sostanze pericolose dai processi produttivi e il continuo miglioramento verso la riduzione di rifiuti. Su questo fronte il voto assegnato è 45%, 23 punti percentuali in più rispetto alla media nazionale. Altro punto forte è la gestione dei rifiuti: 42% (+14% rispetto alla media). Bene anche la produzione: a cui Ergo assegna un altro 42% grazie agli investimenti delle imprese nell’efficientamento energetico e nei software di monitoraggio dei consumi, così come nei processi di recupero dell’acqua e del calore da reimmettere nel ciclo produttivo. Un po’ meno bene (26%), ma pur sempre superiore al livello medio nazionale (fermo al 19%) l’approvvigionamento, sul quale le imprese del territorio hanno ampi margini di miglioramento, per esempio, nell’introduzione di elementi di ecodesign per la realizzazione di cataloghi e dépliant anche attraverso l’uso di strumenti digitali. Unica “materia” su cui l’industria tessile viene “rimandata a settembre” è la distribuzione. Qui il voto è 21%, 10 punti al di sotto della media nazionale del 31%. Il consiglio dei ricercatori alle aziende del Varesotto è di puntare maggiormente sulla selezione di flotte di trasporto composte con mezzi meno inquinanti. Ma non solo, altra opportunità di miglioramento sta anche nell’immagine. Qui il consiglio, come si legge nel rapporto Ergo, è di “implementare azioni per comunicare ai propri clienti le performance ambientali dei propri prodotti e le azioni ambientali della propria impresa”.

D’altronde la sfida è ormai tracciata. Aumentare il tasso di implementazione dell’economia circolare per l’industria tessile è una strategia competitiva necessaria per recuperare competitività, oltre che per difendere l’ambiente. Lo è per Varese, così come per l’Italia. Ma anche per l’industria tessile a livello globale. Ad oggi nel mondo si perdono ogni anno più di 500 miliardi di dollari di valore a causa di abiti sottoutilizzati o per la mancanza di riciclo. Il rifiuto è la nuova materia prima. Il petrolio del futuro. Il trend verso un uso e riuso più consapevole ed ecologico dei prodotti della moda, però, non è inevitabile. Non è un fenomeno che si affermerà sul mercato per forza di inerzia. Anzi. Basti pensare che negli ultimi 15 anni il numero di volte che un indumento viene indossato prima di essere dismesso è diminuito del 36%. Il “fast fashion” ha le sue responsabilità. Poco male se il maglione o il pantalone fosse riciclato e reimmesso nel ciclo produttivo. Il fatto, però, è che, sempre a livello globale, meno dell’1% dei materiali tessili viene riciclato in nuovi capi, con una perdita annua di 100 miliardi di dollari di materiali all’anno. L’economia circolare conviene. All’industria in primis. A Varese, a quanto pare, è stato capito. Serve solo continuare a migliorarsi.

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