Lettura e interpretazione delle informazioni, capacità di analisi, risoluzione dei problemi: su queste competenze si gioca la partita dell’occupazione nei prossimi anni. Milioni di posti di lavoro scompariranno, ma molti di più verranno a crearsi. E intanto, sul fronte formazione, le “smart industries” si attrezzano con corsi post-diploma negli Its.

Stiamo vivendo una nuova rivoluzione industriale: i grandi, rapidi e non facilmente prevedibili cambiamenti che si stanno producendo rendono difficile per i giovani progettare un proprio percorso di formazione. Le professioni e i mestieri sono sempre più influenzati e plasmati dall’avvento di nuove tecnologie, dall’intelligenza artificiale, dai network sociali ed economici, oltre che da tutto quello che riguarda il commercio elettronico globale. L’innovazione tecnologica, la globalizzazione e la sostenibilità sono infatti alla base della trasformazione affrontata non solo dall’economia, ma da tutto il sistema produttivo in generale. Il futuro del lavoro è una grande incognita, ma proprio per questo va considerato come uno spazio da sviluppare e costruire.

“Come progettare un percorso di formazione? Quali competenze acquisire? Non esiste nessuna sfera di cristallo, ma i ragazzi si devono chiedere se stanno progettando un percorso di formazione che possa essere valido anche in futuro. La sfida che i giovani sono oggi chiamati ad affrontare è quella di sapere come porre le basi giuste per poter poi in futuro affermarsi professionalmente ed essere felici. É una sfida importante”. Un messaggio quello di Luca Mari, professore ordinario della Scuola di Ingegneria Industriale alla LIUC – Università Cattaneo, condiviso recentemente con gli studenti delle scuole superiori che aderiscono a “Generazione d’Industria”, il progetto dell’Unione degli Industriali della Provincia di Varese che ha l’obiettivo di riportare la cultura d’impresa negli istituti d’istruzione del territorio. L’invito è chiaro: avere uno sguardo di lungo periodo.

Luca Mari, docente LIUC – Università Cattaneo: “L’intelligenza ha due dimensioni, la capacità di approfondimento e di interpretazione e la capacità di sintesi ovvero di collegare i dati ottenuti. Noi esseri umani siamo in grado, più delle macchine, di gestire questa seconda competenza”

Non basta guardare all’oggi. Quello delle competenze professionali è, d’altronde, un campo sempre più complesso e in grande trasformazione. Fondamentale per anticipare i possibili scenari futuri è, secondo Mari, comprendere il rapporto tra efficienza e flessibilità. “Durante la prima rivoluzione, quella risalente al 1800 – spiega il docente della LIUC – si è cercato di ridurre la flessibilità per aumentare l’efficienza, un vero e proprio cambio di paradigma. Quello che si venne a creare era uno scenario in cui le competenze delle persone non erano fondamentali, perché semplicemente a supporto delle macchine. Successivamente però efficienza e flessibilità ottengono pari dignità, è il momento dello sviluppo dell’automazione, il periodo in cui il profilo di competenze richiesto alle persone cambia, si eleva. Arriviamo all’oggi, momento in cui sempre più l’automazione si fonda con l’intelligenza artificiale. Lo scenario è in costante mutamento, ma ancora una volta si basa su due costanti: l’uomo e la macchina”.

È immaginabile che i prossimi anni decreteranno la fine di alcune professioni, tendenzialmente ripetitive e dal poco valore aggiunto umano, per invece crearne di nuove. È quindi importante fin da subito costruire nuove competenze che rispondano alle richieste delle imprese e dei loro percorsi di sviluppo tecnologico. Tema, quest’ultimo, emerso anche dal report “Future of Job” realizzato dal World Economic Forum che evidenzia come in particolar modo nelle grandi aziende ci sarà sempre più la necessità di nuove professionalità che arricchiscano il capitale umano. Sempre secondo lo stesso studio, la tecnologia avrà un duplice ruolo, da una parte quello di causare la perdita di milioni di posti di lavoro (la stima degli esperti di Davos è di circa 85 milioni entro il 2025), professioni svolte oggi per lo più in maniera ripetitiva e facilmente sostituibile, dall’altra le nuove tecnologie ne creeranno addirittura di più (circa 97 milioni, con un saldo positivo, dunque, di 12 milioni). Si tratterà di ruoli in cui il fattore chiave sarà determinato da quelle abilità e capacità che le macchine non potranno svolgere: lettura e interpretazione dei dati, capacità di analisi, risoluzione dei problemi, e flessibilità.

In provincia di Varese sta partendo il corso di istruzione e formazione tecnica superiore (Ifts) di “Tecnico di sistemi Iot per i servizi e le smart industries”, il cui avvio è fissato per dicembre 2020. Un corso post diploma organizzato, insieme alle imprese, dalla Fondazione Incom di Busto Arsizio

Si apre poi un altro fronte, quello della formazione. Se i cambiamenti dal lato delle competenze professionali sono repentini e costanti è importante che i programmi formativi tengano il passo. Un esempio sul territorio varesino è il corso di istruzione e formazione tecnica superiore (Ifts) di “Tecnico di sistemi Iot per i servizi e le smart industries”, il cui avvio è fissato per dicembre 2020. Un corso post diploma organizzato dalla Fondazione Incom di Busto Arsizio che nasce in stretta sinergia con il sistema produttivo e con l’obiettivo di formare tecnici specializzati che operano nell’ambito dello “Smart Factory”, ovvero un ambito in cui le imprese lavorano e investono su piattaforme integrate di tecnologie, dalla produzione (robotica, stampa 3D, Machine to Machine) alle soluzioni IT (Cloud, Cyber Security, IoT).

Lo scenario quindi che ci si trova davanti ha 2 direttrici ben precise. La riqualificazione per quelle professioni che più rischiano l’estinzione a causa delle nuove tecnologie e un continuo upskilling ovvero l’attitudine a migliorarsi costantemente apprendendo competenze sempre nuove. “Yuval Noah Harari, storico e professore universitario israeliano, afferma che uno degli effetti più drammatici della rivoluzione industriale in corso è che l’automazione porterà a una situazione in cui numerose figure professionali diventeranno inutili”. Un monito quello di Luca Mari, a cui segue però un consiglio: “Possiamo passare da uno spazio di ricerca di efficienza e flessibilità a uno spazio dove è presente anche l’intelligenza. L’intelligenza ha 2 dimensioni: la capacità di approfondimento e di interpretazione e la capacità di sintesi ovvero di collegare i dati ottenuti. Noi esseri umani siamo in grado, più delle macchine, di gestire questa seconda competenza. É dunque questo il campo dove si gioca la sfida delle competenze future”. Sempre maggiore importanza rivestirà dunque la capacità di immaginare e prevedere le trasformazioni del lavoro, assumendo un atteggiamento di curiosità dello sviluppo in atto. Se il nuovo petrolio è il dato. Il nuovo sceicco sarà colui che saprà gestirlo e interpretarlo. Buono studio.

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