manifattura_intelligente_come_priorità

Sentiamo sempre più spesso parlare di “nuova normalità”. Il problema, però, è che siamo ancora in attesa della vecchia. Di normale nel recente dibattito politico abbiamo visto ben poco. È normale un Paese che nell’ultimo decennio e fino a ieri ha buttato via miliardi di euro in un buco nero per salvare un’azienda come Alitalia? Uno spreco infinito di risorse pubbliche che non sono mai state capaci né di rilanciare la compagnia, né di porre fine al lento e inesorabile dissanguamento di posti di lavoro. Quanti ne sarebbero stati salvati e riqualificati se le stesse risorse fossero state investite per un piano strategico di rilancio dell’intero comparto nazionale del trasporto aereo fatto di aeroporti, infrastrutture, vettori privati nazionali e vettori internazionali da attrarre? Perché tanto si è fatto per Alitalia e nulla sembra appalesarsi per creare una barriera di sicurezza intorno all’indotto di 40mila posti di lavoro che gravita intorno a Malpensa? Un esempio, questo, legato al nostro territorio che però dice molto dell’incapacità di fare delle scelte da parte di chi ha responsabilità di governo. L’importante è rimandare, come se ci fosse sempre del tempo. Ma ne abbiamo ancora? Ne abbiamo mai veramente avuto? Nella prima parte di questa edizione di Varesefocus diamo grande spazio ai contenuti e agli studi del World Manufacturing Forum 2020 che si è tenuto a Cernobbio.

Nei vari paper preparati da studiosi, economisti, manager e imprenditori ce n’è uno curato dalla LIUC – Università Cattaneo sulle politiche fiscali e monetarie in cui si dice chiaramente: “Sovvenzionare aziende e industrie zombi sarebbe uno spreco di risorse finanziarie e comprometterebbe anche le condizioni del mercato del lavoro, aumentando il problema del disallineamento delle competenze prospettiche”. L’espressione è forte ma costringe tutti a farci i conti. Tutti, anche il mondo dell’impresa. Possiamo ancora permetterci una politica di piccoli rivoli di sussidio per salvare il salvabile? Al di là dei contingenti paracaduti economici e sociali necessari e fondamentali per rinsaldare il Paese di fronte all’emergenza sanitaria, è logico continuare a governare l’economia senza scegliere? Dobbiamo far leva sui punti di forza. Su quei settori in grado di creare, con il proprio sviluppo, un progresso allargato che va oltre il proprio perimetro. Tanto per non andare lontani, pensiamo al territorio varesino e alle imprese dell’aerospazio, della chimica, della farmaceutica, delle macchine utensili, della moda, dell’alimentare, della plastica (sì, della plastica che può essere, lo ribadiamo ancora una volta dalle pagine di questa rivista, sostenibile).

Locomotive che possono trainare il Paese e creare nuove opportunità, ma che hanno bisogno di energie e sostegno per affrontare sfide epocali, come quelle che ci pone di fronte l’avanzare dell’intelligenza artificiale, di cui parliamo nell’inchiesta di apertura di questo numero di Varesefocus. Da qui la domanda: è possibile che a poche settimane dalla presentazione alla Ue dei dettagli del piano italiano, il Recovery Plan del nostro Paese non abbia ancora un titolo? La Francia punta sull’idrogeno, la Polonia sulla decarbonizzazione, la Spagna su uno sviluppo economico inclusivo e promotore della parità di genere. E l’Italia? Per il momento nulla, i ministeri ancora litigano per ritagliarsi quote di risorse ingenti, ma non infinite. Ecco allora la nostra proposta di titolo: “Manifattura Intelligente”. Puntiamo sull’industria e sui servizi ad essa legati. Lo facciamo come parte sociale, certo. D’altronde siamo l’Unione Industriali varesina e non potrebbe che essere che così. Ma abbiamo anche la storia dalla nostra parte. Quella legata al primo miracolo economico costruito sullo sviluppo industriale da cui è poi partito, appunto, il progresso di un Paese. Allora sapemmo cogliere la rivoluzione dell’automazione. Oggi è il digitale ad aprirci all’opportunità di ripetere quel miracolo. A patto, però, di fare delle scelte e di saper guidare imprese e persone verso una nuova conoscenza e verso un accesso equo di quello che è la nuova ricchezza: i dati. Di tutto questo nel dibattito politico non v’è traccia. Eppure, la sfida tecnologica che pone l’intelligenza artificiale non è solo tecnologica o economica. È anche, e forse prima di tutto, sociale ed etica. Sicuramente, strategica.



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