20-anni-di-Energia

Perché le bollette di luce e gas in Italia sono più alte che negli altri Paesi? Varesefocus lo ha spiegato fin dalla sua nascita, sin dalla sua prima copertina del marzo 2000. Il ventennale della nostra rivista è il pretesto per tornare ad analizzare il gap energetico italiano. Tra vecchi e nuovi problemi

‘‘È la Direttiva 96/92 dell’Unione Europea che traccia le linee guida per realizzare un libero mercato comune dell’energia. In verità, la Direttiva comunitaria aveva stabilito una gradualità nel processo di liberalizzazione, consentendo inizialmente solo alle grandi utenze industriali di usufruirne. Se si fosse accettata tale imposizione, l’industria italiana – formata da imprese in larga prevalenza di piccola dimensione – avrebbe potuto beneficiare dei vantaggi della liberalizzazione con ritardo rispetto ai grandi gruppi industriali presenti in Europa. L’Unione Industriali della Provincia di Varese, trovando in questo il pieno appoggio di Confindustria, si è battuta nei confronti dell’Unione Europea, del Ministero dell’Industria e del Governo perché, nella regolamentazione prima europea e poi italiana, fossero parificati alle grandi imprese i consorzi tra imprese di piccola e media dimensione.

Un risultato di grande rilievo che è stato acquisito: l’Italia, infatti, è l’unico Paese europeo ad aver previsto anche per i consorzi d’acquisto la possibilità di diventare ‘clienti idonei’ per l’acquisto dell’energia elettrica”. Questo si leggeva in apertura dell’articolo intitolato “Il mercato dell’energia elettrica”, apparso nel primo numero di Varesefocus del marzo 2000, la cui copertina era proprio dedicata al tema dell’energia. Nel corso degli ultimi 20 anni l’Unione Industriali di Varese ha portato avanti una costante attività di informazione e formazione per le imprese sui temi dell’energia e del risparmio energetico, nonché sui rischi e le opportunità presenti nel mercato libero. Questo anche grazie al Consorzio di acquisto di fonti energetiche Energi.Va, creato dall’Unione Industriali con lo scopo di favorire un rapido e sicuro accesso al mercato da parte delle pmi. Energi.Va, che ancora oggi rappresenta una delle maggiori aggregazioni di piccoli e medi consumatori energetici del sistema Confindustria, è attualmente formato da oltre 240 imprese per un consumo totale di elettricità di circa 400 milioni di kilowattora e oltre 50 milioni di metri cubi di gas metano. Il Consorzio e l’area energia di Univa Servizi, che affianca Energi.Va nello svolgimento delle proprie attività, sono gli strumenti che l’Unione Industriali mette a disposizione delle aziende per acquistare energia elettrica e gas metano sul mercato libero, con la certezza di poter contare su prezzi competitivi, trasparenza delle condizioni contrattuali e un qualificato servizio di assistenza.

Giuseppe Gatti, Partner Energy Advisors: “Il nostro apparato industriale presenta indici di intensità energetica migliori di tutti i nostri concorrenti: proprio perché l’energia in Italia è sempre stata cara, abbiamo imparato ad usarla meglio”

Ma dopo due decenni, in cui il tema dell’energia è stato al centro dell’attenzione a più riprese, è necessario fare il punto della situazione e chiedersi com’è cambiato il mercato. A fare una panoramica è il professor Giuseppe Gatti, Partner Energy Advisors Srl: “Gli ultimi 20 anni sono stati segnati dal processo di liberalizzazione dei mercati energetici, che in Italia è iniziato nei primi anni ‘90 con il superamento dei prezzi amministrati dei prodotti petroliferi e l’introduzione della concorrenza nella distribuzione dei carburanti. In seguito alle due direttive europee del 1996 e del 1998, sul mercato interno dell’energia elettrica e del gas abbiamo avuto lo smantellamento dei rigidi monopoli statali che imprigionavano il mercato ed ora abbiamo prezzi e non più tariffe, con un’ampia libertà di scelta per il consumatore in mercati fortemente concorrenziali. Nel primo decennio, questo cambiamento si è tradotto in un significativo risparmio, che poi via via è stato eroso dal costo dell’incentivazione delle rinnovabili. Oggi per le imprese il problema è riuscire ad orientarsi in mercati oggettivamente complessi e individuare la migliore offerta, che non è più limitata alla sola commodity energia (elettrica o gas), ma insieme alla sua gestione, per la rilevanza che ha assunto il tema dell’efficienza energetica”. E in questo scenario, come può l’Italia diventare più competitiva sui mercati internazionali? “La produzione di energia elettrica in Italia è strutturalmente più cara che negli altri Paesi europei: non abbiamo il nucleare come la Francia e usiamo poco carbone, a differenza della Germania. Il nostro parco di generazione si basa quindi solo sulle rinnovabili e sulle centrali a gas, cioè sulle fonti più costose. C’è così un gap inevitabile, tra i 10 e i 15 €/MWh con i nostri competitor europei.

Quanto al gas dipendiamo per oltre il 90% dalle importazioni e il Governo ha deciso di bloccare anche l’esplorazione e la ricerca di nuovi giacimenti nelle acque italiane (mentre Slovenia, Croazia, Montenegro e Grecia stanno sfruttando le riserve dell’Adriatico). L’unica strada percorribile per ridurre questo gap nei costi energetici che compromette la competitività della manifattura italiana è giocare sull’efficienza. Già oggi il nostro apparato industriale presenta indici di intensità energetica migliori di tutti i nostri concorrenti: proprio perché l’energia in Italia è sempre stata cara, almeno dal 1960 in poi, abbiamo imparato ad usarla meglio. Dobbiamo proseguire su questa strada, perché un più alto grado di efficienza è l’unica carta che possiamo giocare”, spiega di nuovo Gatti. 

Anche l’imprenditore Gianluigi Casati, che è stato per anni Presidente del Consorzio Energi.Va, punta sul fattore efficienza: “Nelle fatture dell’energia elettrica sono presenti, oltre ai servizi di vendita e di rete, altri oneri generali di sistema, il cui gettito, di natura parafiscale, è finalizzato alla copertura di costi relativi ad attività di interesse generale, derivati da impegni assunti dal Paese, quali, ad esempio, il sostegno alle fonti rinnovabili e il bonus elettrico. Si tratta di una somma complessiva di circa 13/14 miliardi di euro, sulla quale gravano anche le posizioni di morosità dell’utenza. Gli Oneri generali di sistema ed in particolare la componete a copertura dei costi dell’incentivazione delle rinnovabili, hanno un elevato impatto sul costo finale (fino ad oltre 1/3) e negli anni questa incidenza è aumentata enormemente erodendo la possibilità di incidere significativamente sul costo finale attraverso l’ottimazione dei contratti di acquisto. A maggior ragione quindi, avendo limitate possibilità di impattare sul costo, è quanto mai necessario portare la massima attenzione sull’efficienza che consente di ridurre i consumi con positive ricadute anche a livello ambientale e di sostenibilità”. Oggi, come 20 anni fa, l’unica strada per risparmiare è consumare meno. 

Leggi gli altri articoli del Focus:



Articolo precedente Articolo successivo
Edit