Nozomi_Networks_la_quasi_unicorno_varesina

È nata proprio nel Varesotto, dieci anni fa, la startup che dal 2016 opera in Silicon Valley e affermatasi nel tempo tra le realtà “top 3” a livello mondiale nel campo della cybersecurity industriale. I giovani varesini fondatori, Andrea Carcano e Moreno Carullo, raccontano la veloce ascesa di un’impresa che oggi si candida ad arrivare alla soglia del valore di un miliardo di dollari 

A dieci anni dalla sua nascita, Nozomi Networks può sicuramente vantare nella sua storia tutti gli ingredienti da manuale di una startup: dagli esordi, in cui si viene bonariamente definiti “pazzi”, all’epilogo finale che oggi pone questa realtà imprenditoriale di fronte a un bivio. A mettere in fila i passi sono Andrea Carcano e Moreno Carullo, giovani varesini con un’idea ben precisa: operare nel campo della cybersecurity, dando gambe ad una intuizione maturata durante gli studi, che ha a che fare con il monitoraggio e la protezione di infrastrutture critiche dal punto di vista informatico. In soldoni, le soluzioni di Nozomi tutelano il corretto funzionamento dei sistemi informatici controllati da computer, affidandosi a reti di controllo in grado di bloccare gli attacchi. Qualcosa di troppo complesso? Non possiamo dire così se pensiamo che oggi la tecnologia e i dati sono dietro ad ogni più semplice gesto della nostra vita quotidiana e che dalla sicurezza informatica dipendono migliaia di azioni che compiamo ogni giorno, dall’accendere una luce a fare rifornimento all’auto, per non parlare di quando prendiamo un aereo o un treno. 

Nel 2012 in Italia nessuno sembra essere pronto a scommettere su questa idea che, a giudizio di molti, ha qualcosa di eccentrico: buttarsi in un settore, quello dalla cybersecurity, che è da sempre appannaggio di imprese israeliane e americane. In altre parole, una situazione alla Davide e Golia, dove scommettere il capitale sul “piccoletto” non è da tutti. Senza capitale iniziale, ovvero senza il Business Angel (una figura che aiuta le startup promettenti sia dal punto di vista economico sia attraverso assistenza tecnica e direzione strategica) di cui è piena la narrativa delle startup, non è pensabile partire. Quando arriva finalmente qualcuno che ci crede, porta con sé anche il suggerimento che farà di Nozomi non più una startup made in Varese, ma un’impresa italiana all’estero. Il primo investimento arriva da un imprenditore italiano che, a sua volta, aveva già sviluppato un’idea di impresa in Svizzera. “In Italia non stavamo trovando nessun finanziatore – racconta Andrea Carcano –. Così abbiamo accolto il suggerimento e ci siamo trasferiti in un quartiere alle porte di Mendrisio”. In termini di distanza stiamo parlando di una manciata di chilometri, ma qui i due trovano fibra super veloce, burocrazia snella e agevolazioni fiscali per i neoimprenditori come loro.

Un cambio di prospettiva totale che, nel giro di qualche anno si rivela vincente: nel 2016 l’impresa è pronta per il passo successivo ovvero quello di portare la sua testa in America, direttamente nella Silicon Valley. Ed è qui che nel 2019 i due varesini riceveranno la visita del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nella loro veste di imprenditori italiani all’estero. Il modello di sviluppo che sta dietro ad ogni passo è quello tipico delle startup con una componente forte di milioni di capitali, raccolti attraverso fondi e ingenti risorse per ricerca e sviluppo. Dietro alla veste di impresa italiana all’estero restano però un cuore e, soprattutto, una mente italiana. “Abbiamo aperto una filiale a Milano – dice Moreno Carullo –. Si tratta della Nozomi Networks Italia Srl che si occupa del mercato italiano e in Italia continuiamo ad assumere talenti che lavorano per noi nel campo della ricerca e dello sviluppo, anche perché siamo in un contesto in cui non ci si può mai fermare e bisogna continuamente innovare e ricercare soluzioni, ancora più oggi con la situazione delicata che si è creata a livello internazionale”.

I risultati parlano da soli: l’azienda è arrivata nella “top 3” mondiale nel campo della cybersecurity industriale, accanto a concorrenti americani ed israeliani ai quali contende clienti che operano nei campi che vanno dell’estrazione di gas e petrolio, all’energia, passando da farmaceutica e dai settori automotive e manufacturing, ma anche aeroporti, e trasporti. Anche se tecnicamente a dieci anni dalla nascita non si tratta più di una startup, il modello di sviluppo resta quello tipico di queste imprese, che hanno tassi di crescita elevati e un’evoluzione molto veloce. Il risultato? Oggi questa azienda è candidata a diventare un unicorno, ovvero una startup dal valore di almeno un miliardo di dollari. Quali sono dunque ora le prospettive? Anche in questo caso il “bivio” a cui si trovano di fronte i due varesini è veramente da manuale delle startup: restare indipendenti, tramite la quotazione in borsa, che rimane il sogno più grande oppure cedere ad una eventuale proposta di acquisto. “A patto – dicono Andrea e Moreno – che sia la proposta giusta, non solo in termini economici ma anche di prospettiva e che non vanifichi il lavoro fatto fino ad ora da tutta la squadra. Al momento puntiamo all’obiettivo della quotazione in borsa e abbiamo la fortuna di non dover prendere una decisione nel breve periodo e di poter continuare a portare avanti il nostro lavoro”.    

Cos'è una società unicorno

Il termine è stato coniato da Aileen Lee, fondatrice del fondo di venture capital “Cowboy Ventures”. Con esso si intende un’azienda privata, meglio una startup, che ha raggiunto un valore di mercato di 1 miliardo di dollari, ma non ancora quotata in Borsa.  

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