Non è solo questione di affrontare la prima campanella. Oltre alla gestione del rientro in classe, per ragazze e ragazzi si tratta di ricostruire, dopo una lunga (troppo?) pausa estiva, la propria quotidianità. Fatta di studio, certo, ma anche di molto altro. Un’agenda fitta di impegni che richiede capacità di fare pulizia e di saper gestire il tempo, dando il giusto valore alla lentezza. Una sfida prima di tutto educativa, che coinvolge anche i docenti
Tempo di ripartenza per i ragazzi che tornano a scuola, tra desiderio di rivedersi, prime ansie, grande energia, ma anche un momento che per molti giovani e giovanissimi significa rimettere in moto tutto quello che nella loro vita è legato non solo alla scuola, ma anche allo sport e a tutte la attività che riempiono il loro tempo libero. La ripartenza significa anche riavviare una macchina complessa come quella della scuola che, tra docenti e personale non docente, rappresenta un mondo fatto di oltre 700mila persone, cui si lega sempre più l’idea che sia fondamentale farne luoghi cardine per lo sviluppo sociale ed emotivo delle nuove generazioni.
Come ripartono i ragazzi? Accoglienza, talenti e un po’ di “pulizia”
Partiamo da un punto certo: la ripartenza non è per tutti uguale. Sicuramente è più carica di aspettative e più complessa per giovani e giovanissimi che entrano in un nuovo ciclo scolastico o nell’anno che precede l’uscita: parliamo delle classi prime in generale (per tutti i gradi di istruzione) e, per le superiori, del passaggio al triennio; ma anche terza media e anno della maturità sono momenti importanti, in quanto precedono una svolta e implicano un cambiamento. In tutti questi casi, il rientro a settembre coincide con l’affrontare grandi novità e l’abbandono di una zona che può essere di comfort. A suggerire questo primo “distinguo” è Laura Caruso, docente, formatrice ed educatrice in ambito sociale, nominata lo scorso mese di maggio Garante dei diritti per l’infanzia e l’adolescenza del Comune di Varese: “In tutti questi casi la formula introdotta dalle scuole è spesso quella dei cosiddetti progetti accoglienza: si può andare da interventi di orientamento a camp e gite di qualche giorno per permettere al nuovo gruppo classe di conoscersi e creare comunità”. Un altro strumento da introdurre subito da parte della scuola, in supporto a questo momento di passaggio e di ripartenza, è anche quello di tutte le attività di orientamento e sviluppo dei talenti, che mirano a rafforzare i punti deboli e a sviluppare il benessere personale che è poi alla base dell’apprendimento.
Come gestire la sovrabbondanza di stimoli che ai ragazzi arriva oggi spesso da una miriade di impegni extracurricolari, progetti, proposte, sport, teatro? In questo caso l’approccio migliore è quello di fare pulizia, ma è importante farlo con metodo, suggerisce Caruso. “Fare semplicemente pulizia significa rischiare di buttare via ciò che c’è di buono e positivo nelle diverse opzioni e proposte per i ragazzi. Ecco allora che il metodo corretto è quello di partire dall’analisi dei risultati e degli obiettivi raggiunti che vanno misurati sul fronte del benessere generato: ad essere prioritaria è l’attenzione al benessere e non il mero risultato. Un’operazione che va fatta dai ragazzi, senza che a prevalere siano gli adulti di riferimento. Ai genitori e alle figure educative spetta in questo caso essere di supporto, ma occorre che facciano un passo indietro”.
Si può prendere, quindi, l’occasione del nuovo anno (scolasticamente inteso) anche per ripartire con scelte sensate, fatte dando la possibilità ai ragazzi di valutare, rendendoli partecipi e solo così consapevoli e responsabili. Per cominciare con il piede giusto un altro consiglio è quello di “dare tempo al tempo”, non affrettare sempre tutto incasellando la vita fin da subito in traguardi da raggiungere in base all’età. Un fattore, questo, che genera ansia e crea spesso per i nostri adolescenti frustrazione e senso di inadeguatezza. “Ognuno è differente e ha la sua velocità e i suoi tempi – dice Caruso – approfittiamo della ripartenza per dare spazio ai tempi di ciascuno, lasciando che anche la lentezza sia occasione di crescita”.
Come riparte la scuola? Con troppo poche risorse
A ripartire in generale è però tutta la macchina complessa e articolata che va sotto il sostantivo “scuola”, ovvero un sistema che nel nostro Paese dà occupazione a circa 700mila insegnanti, ai quali si aggiungono personale non docente e figure educative e di supporto e che coinvolge una popolazione studentesca fatta da oltre 7 milioni di alunni. Si tratta di un contesto che tutti noi abbiamo conosciuto: fatto di circolari, regolamenti, orari, aule, ma soprattutto fatto di persone e che, nel corso degli anni, ha cambiato decisamente aspetto.
“La scuola che riparte quest’anno a settembre è purtroppo una scuola sempre più povera di bambini a causa del calo demografico”: parte da qui la riflessione di Silvio Premoli, varesino Garante per i diritti dell’infanzia di Milano e docente Ordinario di Pedagogia generale e sociale all’Università Cattolica di Milano.
Silvio Premoli: “È una scuola che riparte dopo una pausa estiva che, rispetto ad altri Paesi, è sempre troppo lunga. Si tratta di un fattore negativo non solo dal punto di vista didattico e dell’apprendimento. Così si amplia il solco che divide chi ha opportunità e chi è abbandonato a se stesso”
“È una scuola che riparte dopo una pausa estiva che, rispetto ad altri Paesi, è sempre troppo lunga. Si tratta di un fattore negativo non solo dal punto di vista didattico e dell’apprendimento: la chiusura prolungata delle scuole rende più marcato il solco che divide chi ha opportunità e chi è abbandonato a se stesso nei lunghi mesi estivi, perché i genitori lavorano e hanno risorse scarse per garantire attività ludico ricreative o sportive in grado di assicurare del tempo di qualità”.
In Lombardia la scuola riparte anche con uno scenario in cui è difficile assegnare le cattedre vacanti: la migrazione interna, che dal Sud Italia riempiva le cattedre del Nord, è andata frenando negli ultimi 10 anni, per una sempre minore propensione a spostamenti che implicano scelte familiari complesse, ma anche in ragione del maggior costo della vita nelle regioni settentrionali e di una maggiore disponibilità di cattedre anche al Sud, grazie ai pensionamenti degli anni passati. “Ciò significa che per coprire le cattedre vacanti si fa ricorso a supplenti o ad insegnanti che sono reclutati attraverso il meccanismo della messa a disposizione, con evidenti ripercussioni in termini di continuità della didattica e non solo. Oggi, insegnare richiede competenze educative e relazionali importanti e questo vale in particolare per la scuola secondaria di primo grado, che rappresenta un momento fondamentale nella crescita dei ragazzi. Si tratta di aspetti su cui i docenti avrebbero bisogno di formazione continua e di supporto”, suggerisce Premoli.
La scuola riparte anche con risorse economiche sempre più scarse: a fronte di una popolazione studentesca che si contrae, anche i fondi subiscono tagli, togliendo ossigeno a formazione e spazi di crescita per gli insegnanti. “Come potranno trovare risposta giovani con situazioni complicate alle spalle? La scuola dovrebbe poter avere le risorse per dare agli insegnanti le competenze per comprendere e saper riconoscere adolescenti e preadolescenti come interlocutori, curando i loro percorsi, affinché sia tutelato il loro benessere, che è alla base dell’apprendimento, ma anche facendo in modo che sia permesso loro di sviluppare i propri talenti, avendo gli strumenti e le risorse per intervenire sui deficit personali per farne cittadini consapevoli e migliori”. La scuola è oggi più che mai il primo vero punto di accesso per cogliere i campanelli d’allarme rispetto a situazioni di povertà educativa ovvero situazioni in cui bambini e adolescenti sono privati della possibilità di apprendere e sviluppare al meglio le loro potenzialità, preziose per il futuro non solo loro, ma del Paese. “Purtroppo – chiosa Premoli – al momento la nostra scuola appare abbandonata e se stessa e riparte con una serie di preoccupazioni e punti di domanda che necessitano di una attenzione che fino ad oggi la politica non ha saputo dare”.
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