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A scattare una fotografia della situazione che stanno vivendo i diversi comparti industriali in provincia di Varese, in conseguenza alle forti tensioni sui mercati dovute al conflitto russo-ucraino, sono state anche le Assemblee dei Gruppi merceologici di Univa, che restituiscono un quadro di grande incertezza e affanno

Come sta l’industria varesina? Quali ricadute sta avendo il conflitto russo-ucraino sui vari comparti industriali della provincia all’ombra delle Prealpi? A scattare un’istantanea sono le Assemblee dei Gruppi merceologici dell’Unione degli Industriali della Provincia di Varese, tra i più significativi appuntamenti della vita associativa che riuniscono, ad uno stesso tavolo (fisico o virtuale) imprenditori ed imprese del medesimo distretto. “La solidità del comparto manifatturiero alimentare è a rischio. Le imprese del nostro settore sono esposte a fattori critici: pensiamo ai rincari delle commodities alimentari, di cui le aziende italiane sono per larga parte importatrici e che viaggiano su incrementi a doppia o tripla cifra percentuale. La combinazione tra costi delle materie prime e delle forniture energetiche, lo schiacciamento contrattuale nei confronti della grande distribuzione e l’indebolimento del mercato interno fanno intravedere una contrazione del valore aggiunto e dei margini delle aziende”. Questo il commento di Remo Giai, Presidente del Gruppo “Alimentari e Bevande” di Univa. Del medesimo avviso Fiorenza Cogliati, Presidente del Gruppo “Cartarie, Editoriali e Poligrafiche”: “I dati mostrano come il 2021 abbia segnato, anche per il nostro settore, la ripresa della produzione in seguito alla crisi dovuta dalla pandemia da Covid-19. Purtroppo, però, il 2022 si è caratterizzato da un aumento senza precedenti dei costi dell’energia che sta mettendo in ginocchio un comparto come il nostro che necessita di un importante fabbisogno energetico e che, dunque, è ora particolarmente esposto all’aumento dei costi produttivi che si stanno presentando sul mercato. Auspichiamo un intervento immediato da parte del Governo per supportare le nostre imprese che costituiscono un importante bacino occupazionale”. 

Altro settore fortemente energivoro è il “Tessile e Abbigliamento” che, archiviati i buoni risultati con cui si era chiuso il 2021, riscontra difficoltà congiunturali ingenti: “Gli aumenti dei costi dell’energia elettrica, stimabili fra il +470% e il +650% rispetto ai valori 2020, insieme a quelli del metano giunti ad incrementi dell’830%, stanno avendo conseguenze gravissime nella tenuta del nostro settore. Ciò sta accadendo soprattutto nel comparto più energivoro della nobilitazione tessile, ma anche in tutta la filiera, costituita in gran parte da piccole imprese già fortemente messe alla prova”, commenta il Presidente uscente del Gruppo Piero Sandroni. “Affinché il settore, così come tutto il sistema imprenditoriale, regga servono misure congiunturali, ma anche interventi strutturali basati su una vera politica industriale energetica che è stata per troppi anni assente o condizionata da un’ideologia ambientalista che è oggi complice della nostra forte dipendenza dal gas e dall’energia provenienti dall’estero. Servono misure quali il raddoppio della produzione nazionale di gas; l’aumento del gas importato tramite il Tap, il gasdotto Trans-Adriatico; l’incremento dell’importazione del gas dall’Algeria. Senza dimenticare la necessità di costruire una politica di produzione energetica nazionale nuova e strutturale”, si legge nella relazione di Andrea Rinaldi, Presidente del Gruppo “Terziario Avanzato”.

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A fare da termometro della situazione è anche il costante e preoccupante aumento delle ore di Cassa Integrazione, sempre più richieste dalle imprese varesine, come nel caso del comparto “Servizi infrastrutturali e Trasporti”. Nel periodo gennaio-febbraio 2022, infatti, tra Cigo, Cigs e Cassa in deroga si parla di oltre 2,3 milioni di ore autorizzate, livelli 10 volte superiori rispetto allo stesso periodo del 2021. A spostare l’ago della bilancia, con molta probabilità, le sofferenze di Malpensa e del suo indotto economico dovute alle restrizioni ai viaggi internazionali causate dal dilagare nello scorso inverno della variante Omicron del Coronavirus. “Il comparto chimica, petrolchimica, gomma e materie plastiche (fonte INPS) nel febbraio 2022 ha registrato livelli di ore autorizzate 27 volte superiori rispetto a quelli dello stesso mese dell’anno scorso. I rincari record delle materie prime e soprattutto dell’energia stanno frenando il motore della ripresa che eravamo riusciti ad avviare, aprendo una falla tra le nostre capacità competitive e la possibilità di scaricarle a terra in termini di crescita della produzione e di creazione di posti di lavoro”, rincara Roberto Di Domenico, Presidente uscente del Gruppo “Chimiche, Farmaceutiche e Conciarie”.

Sono anche i dati dell’indagine congiunturale dell’Ufficio Studi dell’Unione Industriali a parlare di apnea: già a dicembre, infatti, la gran parte delle imprese varesine del settore “Gomma e Materie Plastiche” si aspettava, per i primi mesi di quest’anno, performance meno brillanti rispetto a quelle dell’andamento dell’ultimo trimestre 2021. L’83,3% aveva previsto livelli produttivi stabili, contro il 91,3% che, invece, aveva chiuso lo scorso anno con una produzione in aumento. I dati della Cassa Integrazione Ordinaria sembrano confermare, ma in peggio, questo trend di raffreddamento degli entusiasmi. Altro picco (negativo) lo hanno registrato le imprese del settore “Varie”, di cui fanno parte, tra le altre, le aziende produttrici di giocattoli, imprese di pulizia e concessionarie d’auto. Considerando Cigo, Cigs e Cassa in deroga, nel mese di febbraio 2022 sono state autorizzate 7.050 ore, quasi aumentate di sette volte rispetto alle 1.907 dello stesso periodo del 2021.

Il 2022, anche per il Gruppo “Materiali da Costruzione, Estrattive e Cave”, si è aperto con alcune criticità che potrebbero compromettere la ripresa del settore: l’aumento dei prezzi dei principali materiali da costruzione, l’accelerazione dell’inflazione e l’introduzione di forti limitazioni alla cessione del credito nel Decreto Sostegni-ter, nonché il perdurare dell’emergenza sanitaria provocata dalla pandemia. Perciò, la previsione dell’ANCE (Associazione Nazionale Costruttori Edili aderente al Sistema Confindustria) per l’anno in corso è solo di un lieve aumento degli investimenti in costruzioni del +0,5% rispetto ai valori raggiunti nel 2021.

E non va meglio neppure nel settore metalmeccanico che, a livello di numeri, risulta essere il più importante nell’industria del Varesotto e il cui peso sul sistema manifatturiero locale è testimoniato anche dalla quota di export: pari al 55,6% delle vendite all’estero prodotte nel 2021 da tutta l’industria varesina. “Le difficoltà del nostro settore – commenta Giovanni Berutti, Presidente uscente del Gruppo ‘Meccaniche’ di Univa – sono partite con la crisi dei rifornimenti di microchip all’industria dell’automotive che ha poi amplificato i suoi effetti su tutto l’indotto. A ciò si è aggiunta la mancanza di componenti al comparto delle macchine utensili. Poi è arrivata l’onda anomala delle materie prime, con difficoltà di reperimento e prezzi alle stelle e lo tsunami dei costi energetici senza precedenti che hanno travolto trasversalmente tutte le nostre imprese. Siamo di fronte ad una tempesta perfetta dalla quale temiamo possano scaturire anche conseguenze sul piano delle tensioni sociali”.

A fare da eco a queste considerazioni è Gianluigi Casati, Presidente del Gruppo “Siderurgiche, Metallurgiche e Fonderie” dell’Unione Industriali, che pone un quesito al quale è tutt’altro che semplice rispondere: “La sfida che abbiamo di fronte e alla quale siamo chiamati è quella della competitività internazionale. Come competere sui mercati di fronte a emergenze come quella della pandemia, dei prezzi energetici a livelli storici e dei costi delle materie prime che aumentano a doppia, a volte, tripla cifra percentuale? Molte imprese sono già oggi compromesse nella loro continuità operativa”. Preoccupazioni anche per le imprese varesine del “Legno” sul fronte dell’export. Quello russo era, infatti, uno dei mercati più promettenti e in espansione. Solo nell’arredo l’anno scorso il made in Varese aveva registrato un +49,2%. Un’altra era. Pre-guerra. 

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