100-anni-di-impresa

C’è chi crea cioccolato, chi tessuti classici made in Busto Arsizio, chi tinge tessuti per camicie e chi, invece, ritorce fibre riciclate dalla plastica. Il tutto da un secolo esatto: Varesefocus va alla scoperta di quattro aziende storiche del Varesotto 

Si spengono le luci e, anche per quest’anno, cala il sipario sull’Assemblea Generale dell’Unione degli Industriali della Provincia di Varese. L’Assise che rappresenta il sesto sistema manifatturiero in Italia, oltre 1.100 imprese varesine per più di 64.000 addetti, ha premiato quattro aziende che nel 2019 hanno tagliato il traguardo dei cento anni di attività. Quattro realtà che, con sfaccettature diverse, rappresentano in pieno l’enorme varietà ed eterogeneità del tessuto manifatturiero della provincia di Varese. C’è chi crea cioccolato, chi tessuti classici made in Busto Arsizio, chi tinge tessuti per camicie e chi, invece, ritorce fibre riciclate dalla plastica. Chi porta avanti la storica impresa di famiglia e chi una multinazionale tascabile con cuore italiano. Settori merceologici e dimensioni aziendali differenziano queste quattro storie imprenditoriali, ma di sicuro ciò che le accomuna è la stessa grande passione.

Quella che ha accompagnato nel suo primo secolo di vita la IRCA Spa, azienda che sin dal 1919 si dedica alla fabbricazione di prodotti alimentari, che spaziano dagli articoli destinati alla panificazione ed alla pasticceria, per arrivare fino al cioccolato. “Come siamo arrivati a compiere 100 anni? Attraverso varie fasi di espansione, una crescita costante in Italia ed uno sguardo sempre più attento ai mercati esteri”, commenta Paolo Perego, Amministratore Delegato dell’azienda che attualmente dà lavoro a 370 collaboratori nei tre stabilimenti di Gallarate e di Vergiate, per un totale di 840 dipendenti, contando anche quelli in Belgio, Vietnam e Usa.

Paolo Perego, IRCA: “Abbiamo un piano industriale estremamente ambizioso per i prossimi due anni, che prevede investimenti di circa 25 milioni di euro per aumentare la nostra capacità produttiva”

“Quello che è cambiato veramente, soprattutto negli ultimi 20 anni, è la percentuale di prodotti destinati all’export, cresciuta fin quasi a superare il business italiano - precisa ancora Perego -. Questo fermento ci ha spinti a realizzare un piano industriale estremamente ambizioso per i prossimi due anni. Abbiamo infatti intenzione di investire circa 25 milioni di euro per aumentare la nostra capacità produttiva, nel campo specifico delle creme e dei cioccolati”. Il cuore pulsante di IRCA, però, rimane saldamente ancorato al territorio varesino: “La tecnologia e le competenze sono tutte qui - spiega di nuovo Perego -. Anche se abbiamo in progetto ampliamenti negli Stati Uniti, il quartier generale rimane in provincia di Varese ed è proprio qui che abbiamo implementato le linee produttive”.

Dalla grande multinazionale alla pmi: la Manifattura De Bernardi Srl nasce nella seconda decade del 1900 da una piccola attività tessile dell’artigiano Carlo De Bernardi che, con il figlio Giuseppe, fonda la Tessitura Carlo De Bernardi a Busto Arsizio. Negli anni ’20, l’attività si espande con l’apertura di una seconda tessitura a Robecco sul Naviglio e con l’entrata in azienda di altri tre figli di Carlo.

Aldo De Bernardi, Manifattura De Bernardi: “È bello potersi guardare indietro e vedere quanta strada abbiamo percorso fino a qui, senza mai smettere di credere nell’importanza del made in Italy”

“I nostri prodotti sono essenzialmente tessuti di cotone per l’abbigliamento e per la casa: tessuti per camiceria, il classico Zephir a quadretti; per pigiameria, le flanelle ed il famoso cotelè; per abiti da lavoro, velluti e scamosciati; tessuti per tovagliati e mollettoni. Tutti questi articoli venivano tessuti per il mercato italiano e per l’esportazione, soprattutto in Sudamerica. Per questo il logo dell’azienda è un idrovolante dalla scia multicolore che gira intorno al mondo, su cui spicca l’Italia”, racconta il titolare Aldo De Bernardi. Nel secondo dopoguerra, l’azienda raggiunge la sua massima dimensione con oltre 200 dipendenti e, abbandonata l’esportazione, si indirizza esclusivamente al mercato italiano, in particolar modo a quello siciliano. Dagli anni ‘70 l’azienda viene continuamente modernizzata nei macchinari di produzione per stare al passo con i tempi, continuando sempre a produrre articoli classici made in Busto Arsizio. “Una parte della nostra storia fa bella mostra di sé al Museo del Tessile e della Tradizione Industriale bustocco - prosegue De Bernardi - dove sono custoditi parti di macchinari e prodotti, veri e propri reperti storici. Bello potersi guardare indietro e veder quanta strada si è percorsa fin qui, senza mai smettere di credere nell’importanza del made in Italy”.

Michele Ferrario, Tintoria Crespi Giovanni & C.: “Il segreto per arrivare a 100 anni è l’unione, a partire dai titolari fino ad arrivare all’ultimo dei dipendenti neoassunti: un valore che il mercato ci riconosce”

Rimanendo a Busto Arsizio, spostandosi appena qualche km più in là, ci si imbatte nella Tintoria Crespi Srl, specializzata nella lavorazione per conto terzi di tessuti di cotone e di lino per abbigliamento e di tessuti per camiceria tinti in filo. “Quando il mio bisnonno ha intrapreso questa attività, in via Silvio Pellico (dove siamo tuttora) qui era aperta campagna: erano anni di grande fermento, nascevano tante imprese, c’era tanta voglia di fare”, racconta l’Amministratore Delegato Michele Ferrario, quarta generazione alla guida dell’impresa di famiglia, con un grande bagaglio di responsabilità sulle spalle. “È cambiato tanto: siamo passati dall’attività di tintoria di filati a quella di tintoria di tessuti. Un forte sviluppo ha cominciato a mostrarsi dopo la Seconda Guerra Mondiale e si è concretizzato negli anni ’80 -’90, durante i quali ci siamo specializzati in tessuti ortogonali di cotone e lino per una clientela prettamente nazionale. Attualmente abbiamo 80 dipendenti e la città ci è cresciuta intorno. Insomma, un grande traguardo”. Ma qual è il segreto per arrivare a tagliare il traguardo dei cento anni di attività, con il medesimo slancio di chi un secolo prima aveva iniziato quell’avventura? “Il segreto, o almeno il nostro segreto, è la serietà e l’unione di tutti in azienda, dai titolari fino all’ultimo dei dipendenti neoassunti. I valori che il mercato ci riconosce sono la serietà, la correttezza e la qualità delle nostre lavorazioni. Questo è il risultato di una grande coesione tra tutti i collaboratori”, chiosa l’AD della Tintoria Crespi.

Giovanni Marazzini, Torcitura Fibre Sintetiche: “Abbiamo conseguito una certificazione per filati riciclati: una grande opportunità per poter utilizzare la plastica nel settore tessile e creare competenze tutte nuove”

Balzando da un capo all’altro della provincia, si arriva infine sulle montagne di Garabiolo di Maccagno, alla Torcitura Fibre Sintetiche Spa. Azienda, nata in origine come setificio e convertita a torcitura di fibre artificiali e sintetiche nel 1959, posizionata in un paesaggio bucolico e strettamente legata al territorio. “Le persone sono sempre state centrali per noi e continuano ad esserlo dopo cento anni di storia - spiega il Direttore Giovanni Marazzini -. Abbiamo sempre ritenuto importante investire nella tecnologia e crediamo fortemente nell’aggiornamento continuo, ma nonostante la nostra sede centrale si trovi nell’Altomilanese, non abbiamo mai pensato alla delocalizzazione”. E per quale motivo? “Proprio perché essere situati in una zona in cui è presente un know-how così specifico e di nicchia, è sempre stato più importante di tutto il resto”. E proprio questo profondo legame con il territorio e le sue specifiche competenze hanno spinto la Torcitura Fibre Sintetiche ad avere estrema cura di quel bene prezioso: “Da monte fino a valle, lungo tutta la filiera, ci teniamo ad essere sostenibili e attenti all’ambiente che ci circonda. Abbiamo conseguito una certificazione per filati riciclati: una grande opportunità per poter utilizzare la plastica nel settore tessile e creare competenze tutte nuove. Il fatto che la richiesta arrivi direttamente dai consumatori finali, fa ben sperare in un futuro più sostenibile”, conclude Marazzini.  

 

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