Continuano le gite di Varesefocus nelle principali città del Varesotto, per osservare con occhi diversi e con macchina fotografica al collo vie, piazze e parchi che pensiamo di conoscere alla perfezione, finché non li guardiamo attraverso un obiettivo. In questa nuova puntata è la volta del capoluogo di provincia, con qualche consiglio sull’uso di tempi, diaframma e ottiche

Viviamo in un periodo dove poter viaggiare è una chimera. Perché allora non fare nostro il detto Proustiano: “Il viaggio non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi”? 
Decidiamo allora di fare questo esperimento a Varese, avendo come compagna di viaggio una macchina fotografica. Non ci sarà una meta precisa, e neppure una idea di cosa fotograferemo, andremo semplicemente a zonzo facendoci guidare dalle emozioni. Sono le sei e mezza del mattino, il sole sta sorgendo, lo vediamo filtrare attraverso le persiane. Decidiamo di uscire di casa a quest’ora, per sfruttare la “Golden Light”; quella luce morbida, che caratterizza l’alba con un tono azzurrognolo, e il tramonto con una tonalità che tende all’arancio. Visto che la giornata sarà lunga, cercheremo di non sovraccaricarci troppo, porteremo con noi una Mirrorless, molto meno ingombrante e leggera di una reflex. Come ottiche useremo tre zoom, uno grandangolare per le foto di architettura, una focale intermedia, per le foto di “Street Photography”, e infine uno zoom teleobiettivo per le foto da lontano.

Proprio mentre stiamo uscendo, una sorpresa inaspettata sconvolge i nostri piani: improvvisamente si alza un gran nebbione e non si vede più nulla. Nonostante questo, prima che la visibilità sia ridotta a zero, riusciamo a fare uno scatto affascinante in direzione del Collegio Sant’Ambrogio. Per fortuna, basta una pausa di un quarto d’ora, che la nebbia, così come è arrivata, svanisce. Attraversata piazza della Repubblica, la copertura del teatro Appollonio, con quelle balze bianche, ci fa pensare a una pista da sci. Arrivati alla Stazione dello Stato, guardando verso sinistra ci balza all’occhio il grande murales dipinto dal pittore Renato Reggiori nei primi anni duemila; si sta lentamente sbiadendo, e non sappiamo se verrà mai restaurato. Compito della fotografia è anche la documentazione. Estraiamo quindi la macchina fotografica e proviamo a immortalarlo evitando una foto frontale, appiattirebbe troppo l’immagine; cerchiamo un punto di vista di tre quarti, che ci dia un minimo di profondità di campo, cercando con l’inquadratura di armonizzare l’affresco con i palazzi circostanti.

La gita deve rigorosamente partire all’alba per sfruttare le tonalità azzurrognole delle prime ore del mattino e non può dirsi conclusa prima di aver fotografato la torre civica di Piazza Monte Grappa illuminata dalla “Golden light” del tramonto

Proseguendo nel nostro cammino, eccoci alle Poste. Costruite nel 1930 dall’architetto Angiolo Mazzoni, sono un bell’esempio di architettura del ventennio. Alla loro sommità alcune statue di bronzo. Poverette, non le degna mai di uno sguardo nessuno, decidiamo allora di porvi rimedio regalando loro un po’ di notorietà. Sfruttando il nostro tele zoom alla sua massima estensione, chiudiamo il diaframma di un paio di stop, (per avere la massima nitidezza) e ci prepariamo a scattare. Ora sì, che dobbiamo stare attenti a non fare una foto mossa, con questa inquadratura così ristretta, basta poco perché questo accada. Facendo nostra la regola di non usare un tempo inferiore alla lunghezza focale dell’obiettivo, con la mano destra impugniamo saldamente la macchina, mentre portiamo la sinistra sotto l’obiettivo per bilanciarne il peso. Il gomito, nel frattempo, è premuto sul petto per minimizzare ogni movimento. Poi, come fossimo dei tiratori scelti, facciamo un paio di respiri profondi, buttiamo fuori lentamente l’aria, e trattenendo il respiro schiacciamo l’otturatore.

Se fino a quel momento, non avevamo una meta precisa, ora ci viene in mente che proprio qui vicino, in prossimità delle Ferrovie Nord, c’è una piazza poco conosciuta e dimenticata da tutti; si tratta di Piazza Casula. Progettata dall’Architetto e designer Marcello Morandini nel 1974, è stata realizzata all’interno di un gruppo di palazzi commerciali, che non hanno avuto una grande fortuna. Non è per niente una foto facile, non abbiamo sufficiente spazio alle nostre spalle, e la luce non è il massimo. Per non distorcere le linee geometriche che caratterizzano la piazza, saliamo in cima ad un muretto, chiudiamo il diaframma per avere una maggiore profondità di campo, e scattiamo. Questa fotografia sarà la nostra prima immagine in bianco e nero della giornata.
Mentre ritorniamo sui nostri passi, spostandoci verso il centro città, ecco un’occasione insperata per fare della “Street Photography”. 

Tra le protagoniste della passeggiata fotografica anche le statue delle Poste centrali immortalate attraverso un tele zoom alla sua massima estensione. Diaframma chiuso di un paio di stop per avere grande nitidezza e poi il click

Due ragazzi si stanno allenando in vicolo Canonichetta, facendo del Parkour, disciplina nata in Francia a partire dalla metà degli anni ’80, che consiste nell’abilità di compiere un percorso, superando qualsiasi genere di ostacolo. Incuriositi chiediamo loro se possiamo seguirli durante il loro allenamento, e scattare qualche foto. Oggi, con lo spauracchio della privacy, è quasi impossibile fotografare persone senza sentirsi apostrofare da qualcuno. Alessandro e Gennaro, invece, che di Parkcour sono anche istruttori, sono disponibilissimi e felici che qualcuno li segua nelle loro evoluzioni. Come per tutte le foto di una disciplina che non conosciamo, ci vuole un po’ di tempo per capire quali siano i contesti migliori per scattare, ma alla fine della sessione abbiamo collezionato parecchie belle foto.
Nel frattempo, il cielo si è coperto, ma chi ha detto che per fare buoni scatti ci debba per forza essere il sole? Anzi; ci viene proprio in mente che in via San Martino, all’interno di una corte, c’è un ex biscottificio che avrebbe proprio bisogno di una luce come questa per essere fotografato. 

Continua la nostra camminata; vicino a Piazza Beccaria e ci appare un altro murales sul fronte di un palazzo. Sono raffigurati altri due simboli di Varese, il campanile del Bernascone e la torre civica. Ecco un’altra foto per il nostro carniere!
Prima della pausa pranzo, ci portiamo in via XXV Aprile, vogliamo fotografare la famosa palestra, dove si allenava la gloriosa IGNIS. La struttura risalente anch’essa al periodo fascista è talmente imponente, che lo spazio per poterla immortalare è veramente poco. Decidiamo allora di provare a fotografarla incorniciandola tra gli alberi, dal risultato possiamo dire che la scelta risulta azzeccata. La luce è ormai molto intensa e la stanchezza comincia a farsi sentire. Ci fermiamo allora per una pausa di un paio d’ore.

I vicoli del centro di Varese sono ideali per esercitarsi con la “Street Photography”. Basta il soggetto giusto. Come, per esempio, due ragazzi che nel vicolo Canonichetta sono intenti a praticare il Parkour, che consiste nell’abilità di compiere un percorso, superando qualsiasi genere di ostacolo urbano

Con nuove energie, riprendiamo a fotografare nel pomeriggio, portandoci prima all’ospedale psichiatrico di viale Borri, (ora sede universitaria) poi in Piazza Montegrappa, che vogliamo fotografare da un punto di vista insolito: lo facciamo dall’alto. Subito dopo, ormai ispirati, facciamo un’altra ripresa geometrica da via Carrobbio. Il sole ora sta per tramontare, ma prima di concludere la nostra sessione fotografica, ci siamo riproposti di rendere merito anche a San Vittore, il patrono di Varese, morto martire per la sua fede cristiana nel periodo tardo romano sotto l’imperatore Massimiliano, nel 300 d. C. Una sua statua si erge in cima all’Arcomera.

Possiamo considerare la giornata conclusa. Ma quando vediamo la torre civica costruita dall’Architetto Mario Loreti nel 1938, illuminata dalla “Golden light” del tramonto, non sappiamo resistere e facciamo questo ultimo scatto. Lo facciamo volutamente inclinato per slanciare la torre. La giornata è finita in bellezza, abbiamo scoperto che sono tanti gli aspetti insoliti della nostra città che meritavano di essere guardati con occhi diversi. Basta avere una macchina fotografica.  

 

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