La-reazione-del-mondo-al-Covid-19

Da un’analisi del Centro Studi di Confindustria emerge come la risposta di politica economica dell’Italia al Coronavirus sia stata lenta e frammentata rispetto ai provvedimenti adottati da Francia, Germania e Stati Uniti

L’Italia a confronto con gli altri Paesi? “Lenta e frammentata”. Così il Centro Studi di Confindustria (Csc) definisce la risposta del Governo italiano all’emergenza economica scoppiata con la pandemia se confrontata con quella messa in campo dalle altre cancellerie. Il blocco dell’offerta e il crollo della domanda, causati dal diffondersi del Coronavirus, hanno fatto sprofondare le imprese in una drammatica crisi di liquidità dovuta alle mancate entrate connesse alla compressione dei fatturati. A repentaglio è la sopravvivenza di intere filiere. Ma per cercare di contenere gli effetti, che si sono sparsi come una macchia d’olio, di questo shock senza precedenti, i governi nazionali hanno adottato politiche di bilancio espansive con l’obiettivo di potenziare i sistemi sanitari, preservare il tessuto produttivo – evitando che una crisi temporanea di liquidità finisca per diventare una crisi di solvibilità – e di salvaguardare il reddito disponibile delle famiglie per sostenere la domanda aggregata. Ma l’Italia, in questo scenario “bellico”, come ha reagito? Qual è stata la risposta? E rispetto agli altri Paesi ha fatto abbastanza? Incognite a cui risponde, in modo approfondito, l’analisi svolta dal Csc. Il metro di paragone dello studio vede protagonisti Stati Uniti, Germania e Francia. I provvedimenti accolti si distinguono in due macrocategorie. Da una parte sono state attuate misure di impulso fiscale, quelle che i beneficiari non dovranno rimborsare. E dall’altra parte misure per la liquidità che vanno, invece, ripagate. Tra le “azioni cura” rivolte alle aziende, il valore che i governi dei Paesi Ue hanno notificato alla Commissione europea nell’ambito del regime temporaneo sugli aiuti di Stato è il seguente: in Germania è stimabile in 28,9 punti di Pil 2019, in Italia in 16,9 punti e in Francia in 13,7 punti. “Le differenze nel valore delle misure adottate, nella tipologia delle stesse e nei tempi di implementazione, rispetto all’intensità del- la crisi subita, comporteranno una diversa capacità e rapidità dei Paesi di ripresa – afferma il Csc – con ovvie ripercussioni sui livelli di crescita che tenderanno a divergere con interventi differenzia- ti tra i Paesi membri per sostenere le imprese. Per questo, non si può prescindere da un’azione consistente portata avanti a livello europeo, l’unica in grado di attenuare eventuali squilibri tra Paesi”.

La risposta dell’Italia

Burocrazia lenta e complessa. Ritardi cronici. Sono queste le criticità con cui ha dovuto combattere il Paese durante tutto il periodo di emergenza sociosanitaria. “I tempi di adozione e implementazione delle misure ‘salva Italia’ sono stati lenti e hanno gravato pesantemente sulla buona riuscita delle azioni ipotizzate”. Il ritardo italiano non ha competitors, è ampio rispetto agli altri Paesi. “Il Governo – spiega il Centro Studi di Confindustria – ha approvato il primo provvedimento organico a carattere nazionale 23 giorni dopo aver registrato i primi 100 casi di Covid-19, mentre sono stati sufficienti 15 giorni negli Stati Uniti, 12 in Francia e 8 in Germania per la medesima reazione. Ciò è dovuto alla difficoltà politica di trovare un accordo tra le forze della maggioranza, ma anche all’enorme complessità dei provvedimenti legislativi che si adottano in Italia”. Tanto per fare un esempio, il “Decreto Legge Rilancio” è composto da 266 articoli e richiede 90 provvedimenti attuativi. Questa complessità, unita alle difficoltà operati- ve della Pubblica Amministrazione conferma, anche in queste circostanze, il ritardo incurabile nell’implementazione delle misure. Il Fondo di Garanzia ha permesso di stanziare, in 3 mesi, quasi 34 miliardi di euro (a quasi 63mila beneficiari). Una somma che non può minimamente competere con le proposte del governo americano che in 2 mesi ha erogato 512 miliardi di dollari di prestiti (a oltre 4,5 milioni di beneficiari). Numeri così commentati dagli economisti di Confindustria: “La difficoltà nella trasmissione al sistema economico delle decisioni politiche rappresenta un gran- de ostacolo allo sviluppo del Paese, che richiede di essere affrontato con interventi straordinari”.

La risposta della Francia

Di tutt’altro impatto è stato il piano d’attacco francese. Oltre a fisco e liquidità, rilevante importanza è stata data anche alla sanità e, più in generale, agli aspetti sociali. L’istituzione di Fondi di Garanzia ha permesso di snellire gli aspetti più macchinosi e burocratici, per garantire una risposta pronta ed efficiente. Tra le diverse strategie, la creazione di un fondo di solidarietà di circa 7 miliardi di euro costituito da Stato, Regioni e compagnie assicurative, destinato alle piccole imprese (fino a 10 dipendenti) e ai lavoratori autonomi che potranno ottenere un sussidio fino a 1.500 euro. La creazione di un fondo di 4 miliardi di euro per il potenziamento del sistema sanitario nazionale. Un fondo di 8 miliardi dedicato al settore automotive per incentivare il rinnovo del parco veicolare in chiave ecologica e per la modernizzazione e digitalizzazione dei processi produttivi. Il rinvio e la temporale sospensione del versa- mento dei contributi e dell’Iva per gli imprenditori sono stati concreti aiuti per smorzare il soffocamento fiscale in un momento di liquidità che potremmo definire “piatto”. 

La risposta della Germania

Il governo tedesco ha previsto lo stanziamento più consistente della storia della Repubblica federale. Al centro dell’azione: l’economia del Paese. Le imprese hanno rappresentato il perno intorno al quale muovere la strategia di ripresa. Facilitazioni per gli ammortizzatori sociali, tutele ai lavoratori ma anche agli imprenditori attraverso liquidità erogata direttamente dal governo, come nel caso dell’agenzia federale del lavoro, la Bundesagentur für Arbeit, che ha pagato per intero i contributi sociali dovuti dal datore di lavoro che utilizza il Kurzarbeit (normalmente il datore paga l’80% dei contributi).

Inoltre, il governo tedesco ha approvato un ulteriore ambizioso piano di rilancio dell’economia da 130 miliardi. Tra i punti, un piano di sviluppo per la modernizzazione e la digitalizzazione della Germania. Partendo, per esempio, da una base di 5 miliardi per costruire una rete 5G nazionale.

La risposta degli Stati Uniti

“Families First Coronavirus Response Act” e Cares (Coronavirus Aid, Relief, and Economic Security Act): le risposte da parte degli Usa al Coronavirus prendono questi nomi. Il primo strumento prevede lo stanziamento di circa 108 miliardi di dollari, in particolare per l’ampliamento del congedo per malattia (propria o dei familiari) ed è rivolto sia ai dipendenti delle imprese con meno di 500 dipendenti, sia per congedi per assistere familiari malati che può durare fino a 12 settimane. Il secondo provvedimento si concentra, tra le varie proposte, su rimborsi fiscali a favore di persone fisiche e sulla creazione di un pacchetto molto ampio, di circa 150 miliardi, di aiuti agli stati federali. Giusto per citarne un paio, data la complessità e strutturazione del Cares.

Le conclusioni del Csc

Quello svolto dagli economisti di Confindustria è, dunque, un confronto fatto sulle diverse strategie di attacco delle cancellerie che mette in luce quanto sarebbe stato utile, funzionale e importante adottare un’unica azione consistente, portata avanti a livello europeo e internazionale. “La mancata coesione in tal senso – è la chiosa del Centro Studi – non ha fatto altro che rimarcare lo squilibrio tra i Paesi colpiti dall’emergenza. Aumentando quindi, anche i tempi di rinascita sociale ed economica di un sistema mondiale colpito nel profondo”.



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