Nel 2016 un team giapponese ha scoperto il batterio che “mangia” le materie plastiche, dal quale nel 2018 dei ricercatori britannici sono riusciti ad isolare e migliorare l’enzima PETasi. Obiettivo finale della ricerca scientifica, anche quella dell’Università dell’Insubria, è arrivare alla piena sostenibilità 

‘‘Il caso ha spesso un ruolo importante nella ricerca scientifica”, così affermano all’Università di Portsmouth nel Regno Unito dove, anche grazie al fato, è stato isolato l’enzima capace di degradare la plastica. E subito il pensiero va alla rivoluzionaria scoperta della penicillina di Fleming e al racconto del suo rientro in laboratorio dopo una  breve vacanza: aveva lasciato incustoditi i suoi campioni di stafilococchi, in una comune piastra di Petri, trovò i campioni ammuffiti, come capitava spesso, ma su uno di essi c’era un fungo insolito che aveva ucciso tutti i batteri. A Portsmouth le cose sono andate in maniera un po’ diversa ma in sostanza i ricercatori sono riusciti a definire l’esatta struttura dell’enzima prodotto dal “batterio mangia plastica” e nel tentativo di migliorare le prestazioni di questo organismo, che utilizza la plastica come fonte di sostentamento e crescita mediante l’azione chimica di soli due enzimi, i ricercatori sono “inciampati” in una modifica dell’enzima molto promettente nei primi risultati sperimentali in laboratorio. Anche se sviluppare un sistema industriale di scala per smaltire il Pet può richiedere tempo e denaro, si apre però una potenziale strada all’eliminazione della plastica, sia in impianti ad hoc, sia “seminando” batteri modificati sugli accumuli.

La scoperta sensazionale del batterio mangia plastica è in realtà del marzo 2016 e del team giapponese del prof Shosuke Yoshida che ha pubblicato su Science la sua ricerca e battezzato la specie di batterio, in grado di “divorare” la plastica, Ideonella sakaiensis.
L’ulteriore importantissimo passo avanti svolto ad aprile 2018 dai ricercatori britannici è stato la costituzione in laboratorio di una molecola persino migliore di quella precedente, che divora Pet a un ritmo molto più accelerato. Oggi il Pet viene riciclato, ma non può essere depolimerizzato. I derivati del riciclo sono plastiche di qualità inferiore che a loro volta non possono essere smaltite. Riciclaggio totale sarebbe il ritorno del composto agli elementi di origine. L’enzima mutante ha impiegato pochi giorni per abbattere la plastica e i ricercatori sono convinti di poter accelerare vieppiù l’abilità del batterio “correggendo” questo enzima PETasi, che ha di per sé la capacità di riportare il polietilene al livello molecolare di base, lo stadio di quando si produce plastica partendo dal petrolio.

Oggi il Pet viene riciclato, ma non può essere depolimerizzato. I derivati del riciclo sono plastiche di qualità inferiore che a loro volta non possono essere smaltite. 

Si calcola che otto milioni di tonnellate di plastica finiscano ogni anno negli oceani entrando nelle catene alimentari. Questo è un problema enorme ma certo è che la plastica non ha le gambe e quindi, prima di criminalizzare un prodotto, vanno sensibilizzate le persone sulla necessità di non abbandonare mai la plastica in natura ma avviarla sempre al riciclo. Su questa tematica della plastica anche l’Università dell’Insubria è in prima linea con un team di studenti che ha presentato a giugno del 2018 a Trento nell’ambito dell’”Enactus International Competition” un progetto di business sostenibile per il recupero e il riciclo della plastica.

Enactus International è una organizzazione non profit operante in 36 Paesi nel mondo che, insieme a più di 1.700 università e oltre 500 multinazionali, si occupa di valorizzare le idee imprenditoriali di studenti universitari che puntano a realizzare business sostenibili per migliorare la qualità della vita delle persone e per la salvaguardia dell’ambiente.Unwasteable è il nome del progetto di ricerca del Team Enactus Insubria che mira a creare un sistema più efficiente per il recupero e il riciclo delle plastiche. L’idea progettuale si propone – nel breve e medio termine – due primari obiettivi: costituire una startup o un’associazione che si occupi del ritiro e dello smaltimento delle plastiche, avvalendosi anche di alcune partnership sul territorio, ad esempio con reti di cooperative sociali o consorzi di smaltimento rifiuti, e di avviare un’attività di sensibilizzazione sui temi del riciclo e della raccolta differenziata, all’interno del Campus universitario di Bizzozero a Varese e nelle scuole della Provincia.

La meta dei ricercatori è quella di arrivare ad ottenere un prodotto in grado di riprendere costantemente vita.

La partecipazione del Team Enactus Insubria è stata anche un’ottima occasione per raccogliere utili suggerimenti per la realizzazione delle fasi operative del progetto: “Alcuni contatti sono già stati avviati - raccontano dall’Università - e i ragazzi, alla luce dell’esperienza maturata, sono ancora più motivati a proseguire nel progetto. Questo conferma anche il valore dei percorsi formativi universitari dei corsi di studio del nostro Ateneo, poiché siamo riusciti ad aggregare con successo competenze ed esperienze diverse in un eccellente gioco di squadra, su un tema – quello della sostenibilità ambientale – che, sempre più, sta diventando centrale nella programmazione strategica delle imprese. 

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