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Economia, sistema universitario e scolastico, sanità, mondo associativo: “Per risollevarci abbiamo bisogno di visioni alte, moderne e forti e con esse una notevole capacità di esecuzione”. La chiave di lettura del rettore della LIUC–Università Cattaneo, Federico Visconti

“Il mondo non sarà più come prima” è una frase che abbiamo sentito pronunciare fino alla noia da esperti o sedicenti tali durante le crisi degli ultimi 15 anni. Esclamata ogni volta con la stessa enfasi tipica delle mancate verità che alimentano i talk show televisivi. Dopo il disastro dei mutui subprime, e il fallimento di Lehman Brothers, erano gli stessi finanzieri che la sciorinavano come monito per ritrovare la fiducia smarrita. Ma la finanza è andata avanti esattamente come prima, ignorando bellamente le richieste di nuove regole che arrivavano da più parti a iniziare dall’economia reale che di quella crisi ne subì il contagio. Ora siamo di nuovo punto e a capo con l’emergenza sanitaria scatenata dal Coronavirus, una situazione che ci ha colti impreparati ma con sintomi conosciuti da anni.

Quella frase ricompare puntuale nei commenti insieme ad un altro luogo comune, quello del cigno nero, nonostante non lo fosse la crisi del 2008 e non lo sia quella attuale. Molti citano il bel saggio del filosofo di origine libanese Nassim Nicholas Taleb, dimostrando che “Il cigno nero” sono in pochi ad averlo letto. Entrambe le crisi erano prevedibili, c’è stato qualcuno che le aveva previste ed è rimasto puntualmente inascoltato. Federico Visconti, Rettore della LIUC – Università Cattaneo di Castellanza, quando parla di crisi è abbastanza navigato per evitare di cadere nella trappola del luogo comune e della facile retorica. E nell’era dei big data, dell’infallibilità teorica degli algoritmi e della leggerezza del cloud computing, rimane fermamente convinto che sia il capitale umano, incarnato in una sana e consapevole leadership, la variabile in grado di fare la differenza nell’emergenza sanitaria generata da Covid-19.

Riuscire a vedere ciò che gli altri non vedono non basta. Occorrono anche concretezza e resilienza. Diceva Marchionne: “Se abbiamo la forza di immaginare un futuro di crescita per le nostre aziende o per i nostri Paesi, abbiamo la responsabilità di rendere questa visione reale”

“È un mondo nella sua totalità che viene messo in discussione dalla natura – sottolinea il Rettore della LIUC –. Una situazione che nessuno ha mai affrontato prima. Per risollevarci abbiamo quindi bisogno di visioni alte, moderne e forti e con esse una notevole capacità di esecuzione. E non mi riferisco solo al mondo universitario, ma anche a quello sanitario, scolastico e associativo”. Non è un segreto che Visconti sia un ammiratore di Sergio Marchionne. Come non è un segreto che il Rettore della LIUC non ami la definizione di economista, termine su cui ironizza molto, preferendogli quella di aziendalista. Non deve quindi sorprendere che, dopo una vita passata a studiare il comportamento di imprese e imprenditori, metta sullo stesso piano l’importanza della visione e la capacita di realizzarla, accoppiata tipica dei capitani d’industria nostrani.

Riuscire a vedere ciò che gli altri non vedono dunque non basta. Occorrono anche molta concretezza e resilienza, qualità che gli imprenditori italiani hanno di default. Lo stesso Ceo della Fiat in una delle tre lezioni sulla leadership che tenne alla Bocconi tra il 2012 e il 2014 e riportate nel libro “Sergio Marchionne il coraggio di cambiare”, curato da Alberto Grando, affermò che: “Nel nostro ruolo di leader se abbiamo la forza di immaginare un futuro di crescita per le nostre aziende o per i nostri Paesi, abbiamo la responsabilità di rendere questa visione reale”. I modelli tecnologici, mutuati soprattutto dalla finanza, non sono in grado per il momento di dare una risposta a questa nuova crisi. Gli algoritmi che ne sono la massima espressione sfruttano in modo efficiente la potenza di calcolo, ma il risultato finale dipende sempre dalla qualità del dato che viene elaborato. “Ci troviamo di fronte a una situazione nuova – dice Visconti – che ribalta le logiche tecnologiche che hanno governato il mondo negli ultimi anni. Non c’è nulla di paragonabile a quello che stiamo vivendo”.

“Ci troviamo di fronte a una situazione nuova – dice Visconti – che ribalta le logiche tecnologiche che hanno governato il mondo negli ultimi anni. Non c’è nulla di paragonabile a quello che stiamo vivendo”

La pandemia ha posto l’Italia di fronte allo specchio: in un momento di emergenza si deve scegliere una leadership diversa e adeguata alla gravità della situazione per prendere decisioni almeno fino al medio periodo e ritornare a investire in tutti quei settori che in questi anni sono stati colpevolmente dimenticati dal pubblico. La sfida va ben oltre la ricostruzione di un viadotto di un’autostrada o di un palazzo crollati. In gioco c’è molto di più: l’idea di Paese e di società che si vuole realizzare, dove l’eccellenza non è un esercizio di stile, ma un bene comune misurabile e tangibile. “La vera battaglia in questo momento è non lasciar avanzare il virus della mediocrità – continua il Rettore della LIUC –, per i giovani sarebbe un messaggio deleterio. Il grande nemico sono le visioni basse quelle che in tutti questi anni hanno impedito di fare investimenti mirati nella ricerca, nel sistema sanitario in particolare, nella formazione e assunzione di medici e infermieri e nella scuola più in generale”. Infine, insieme al tema della decisione ci sono anche quelli della verticalità, del merito e della rotazione del management che Visconti affida a una caustica battuta attribuita al prevosto di Legnano, il quale durante un’omelia ammonì i fedeli presenti: “Guai a voi se le poltrone non diventano panchine”.

 

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