Pregi e difetti dell’economia varesina
Da una parte i punti di forza: il numero di addetti impiegati in settori altamente tecnologici; la forte propensione all’export; la vocazione manifatturiera oltre ogni media lombarda o nazional
Da una parte i punti di forza: il numero di addetti impiegati in settori altamente tecnologici; la forte propensione all’export; la vocazione manifatturiera oltre ogni media lombarda o nazionale; la multi-distrettualità produttiva; l’elevata ricchezza in termini di patrimoni. Dall’altra la bassa capillarità degli investimenti digitali; la smagliatura di alcune filiere industriali; la perdita di posizioni nella classifica del valore aggiunto pro-capite. La fotografia dell’Ufficio Studi Univa sul tessuto economico e sociale del Varesotto. Una lettura disincantata di una provincia che ha tutte le carte in regola per confermarsi tra i motori d’Europa. A patto di accettare le sfide della modernità. Ecco quali
Avolte per guardare avanti, bisogna saper volgere lo sguardo indietro, leggendo con spirito critico i dati economici che costituiscono la propria storia più recente. Questo è stato il principio che ha guidato l’analisi di posizionamento avviata dall’Ufficio Studi dell’Unione degli Industriali della Provincia di Varese per capire come il territorio varesino si prepara al futuro. Una sintesi di questo studio è contenuta nella pubblicazione “Provincia di Varese in cifre: punti di forza e punti deboli”. Un percorso nato per leggere, in maniera disincantata, ciò che sta succedendo. Ciò che si nasconde dietro la pioggia quotidiana di dati, che spesso ci sommergono. A volte ci confondono. Sicuramente costituiscono solo un piccolo pixel che va collocato in uno scenario complessivo. La storia del Varesotto nell’ultimo decennio (statistico) ci insegna che dietro il livello di benessere raggiunto si nascondono alcune “smagliature” sulle quali bisognerebbe intervenire fin che si è in tempo. Per correggere la rotta e per posizionarsi meglio sui driver del futuro. Per questo è importante lanciare uno sguardo alle evoluzioni lente. Alle “derive e agli scarrocci”, cogliendo l’orgoglio del dato positivo, ma contemporaneamente evidenziando le potenziali debolezze. Il redesign del territorio passa anche da qui. La prima constatazione: il peso economico di Varese è più che proporzionale al suo “peso fisico”, ma in erosione. Nel periodo che va da prima della crisi finanziaria del 2008 agli ultimi dati statistici si può osservare che se subito dopo la crisi c’è stato un parziale recupero, in sintonia con quanto avveniva in Italia, a partire dagli anni più recenti (grosso modo dal 2015 in poi) si è aperto un progressivo disallineamento rispetto alla media italiana. Varese continua ad essere un territorio piccolo (0,4% della superficie nazionale), con una bassa percentuale della popolazione nazionale (appena 1,5%), con elevate performance. Tuttavia, il peso economico sull’Italia si sta, anche se impercettibilmente, riducendo.
“L’obiettivo di Varese deve essere quello di confermarsi tra i motori industriali d’Europa e di correre al pari o di più degli altri”, ha sottolineato il Presidente di Univa Roberto Grassi, durante la recente Assemblea Generale degli industriali varesini svoltasi a Malpensa: “Per far questo abbiamo bisogno di condividere un’identità di territorio, basata sui nostri punti di forza. Un’identità che deve essere inclusiva di tutti i settori che, però, non può prescindere dalla eccezionale vocazione manifatturiera della nostra provincia”.
Da una parte, quindi, i punti di forza: la quarta posizione nella classifica provinciale sul numero di addetti impiegati in settori altamente tecnologici; la forte propensione all’export (per un valore pari al 40,8% del valore aggiunto prodotto, contro una media lombarda del 36,1% e quella nazionale del 30%); la spiccata vocazione manifatturiera testimoniata da un’elevata densità imprenditoriale (6,8 imprese manifatturiere per Km2 contro le 3,8 della media lombarda e l’1,6 di quella italiana) e una percentuale di valore aggiunto manifatturiero sul totale delle attività economiche locali pari al 27,5% (superiore sia alla media lombarda del 20,5%, sia italiana del 16,7%); la multi-distrettualità che trova specchio nei primi posti a livello nazionale in termini di forza lavoro impiegata in 30 nicchie produttive di eccellenza (8 delle quali da podio); un’elevata ricchezza con un patrimonio pro-capite superiore ai 181mila euro contro una media nazionale di 157mila; una forte infrastrutturazione garantita dalla presenza sul territorio dell’aeroporto di Malpensa e da importanti terminal multimodali.
Dall’altra i punti di debolezza: la percentuale di imprese industriali che investono in tecnologie digitali da cui emerge una ancora scarsa capillarità del fenomeno (34esimo posto nella classifica nazionale per province); la perdita di velocità dell’export rispetto al trend nazionale, un dato degli ultimi anni che merita di essere monitorato; il ridimensionamento della pur alta incidenza della manifattura sull’economia in termini di valore aggiunto e, su questo fronte, la perdita per Varese di posizioni nella classifica nazionale delle province per valore aggiunto manifatturiero (dall’ottavo posto nel 2007 all’undicesimo nel 2018); la smagliatura di alcune ?liere produttive come quella del tessile e abbigliamento che tra il 2001 e il 2018 ha perso il 57% degli addetti; la discesa di 14 posizioni nella classi?ca provinciale del valore aggiunto pro-capite tra il 2007 e il 2019; una dotazione infrastrutturale densa ma con le criticità rappresentate dal futuro di Malpensa e dalla congestione della rete autostradale; il progressivo invecchiamento della popolazione e il trend demogra?co con un calo delle nascite pari al -26% (più di 30% se si considera anche l’annus horribilis del 2020) rispetto a quelle del 2009.
Questi alcuni dei dati che caratterizzano l’attuale scenario economico e sociale del Varesotto. Ne esce una fotografia di un territorio sicuramente agiato, con elevati redditi e patrimonializzazione, che ha però bisogno di un boost, di un impulso per rimettere in moto capitali dormienti e ridare smalto al fermento imprenditoriale, come sottolineano anche alcune recenti analisi della LIUC – Università Cattaneo e i ricercatori della sua Business School. Gli elementi numerici raccolti nell’analisi di posizionamento dell’Ufficio Studi Univa hanno esattamente questo scopo. Uscire dalla zona di comfort e rimettersi in discussione per contribuire a tracciare un percorso nuovo. I fondamentali per farlo ci sono tutti: c’è un tessuto imprenditoriale fertile, c’è attenzione al tema della sostenibilità. Elementi che, vanno incrociati con policies in grado di far fiorire nuova imprenditoria (startup, investimenti dall’estero) e di permettere a quella esistente di crescere dimensionalmente e di virare verso le opportunità offerta dalla digitalizzazione di prodotti e servizi. “Stare fermi, rimanere chiusi nei nostri con?ni, bearci del benessere dell’oggi rischia di renderci ciechi verso il futuro. Niente di più pericoloso”, afferma Roberto Grassi. In effetti il futuro corre e, se non gli si può stare dietro, bisogna stargli davanti.