La costruzione di un portafoglio investimenti in un mercato globale

Ci stiamo avvicinando a fine anno quando economisti e strategisti delle banche di investimento formulano le previsioni per il prossimo futuro. Proviamo a fare il punto della situazione cercando di ind

Ci stiamo avvicinando a fine anno quando economisti e strategisti delle banche di investimento formulano le previsioni per il prossimo futuro. Proviamo a fare il punto della situazione cercando di individuare i fattori di maggior rilevanza. Partiamo dall’economia. Le conseguenze del Covid sono state molto simili a quelle di una guerra. Gli effetti si possono vedere sotto due aspetti: crescita economica e debito pubblico. I dati riportati dalla World Bank ci dicono che nel 2020 l’economia mondiale ha riportato una contrazione del Prodotto Interno Lordo del -3.6%, il dato più elevato dal dopoguerra ad oggi. Basti pensare che nel 2009 si era registrata una diminuzione della crescita globale pari al -1.7%. A fronte di una contrazione pari al doppio di quanto registrato nel 2009 però il comportamento dei mercati è risultato molto differente.  Nel 2008, l’indice delle borse mondiali segnò un crollo di oltre il 40%, mentre nel 2020, anno dello scoppio della pandemia, l’indice MSCI World in dollari è cresciuto di oltre il 16%. È vero che tra febbraio e marzo gli indici azionari hanno perso oltre il 30%, ma l’effetto è durato solo pochi mesi e la ripresa dei corsi è stata quasi immediata. A fine agosto gli indici americani trattavano già su valori superiori a quelli di febbraio.

Cosa è cambiato?

Potremmo dire che quanto successo nel 2008 è servito di lezione al “sistema”, cioè Stati e Banche Centrali, che, differentemente da allora, hanno compreso come l’intervento dovesse essere tempestivo per evitare che, oltre alla recessione economica, si combinasse anche una recessione finanziaria dagli effetti disastrosi. Le Banche Centrali sono immediatamente intervenute, inondando il sistema di liquidità e gli Stati hanno incrementato la spesa pubblica su livelli mai visti per controbilanciare la contrazione di consumi e investimenti del settore privato, trasformando quella che poteva essere una situazione potenzialmente disastrosa per gli investitori in una opportunità di acquisto. La differenza tra economia reale e valori di mercato non è però mai stata così ampia. Ma questo è un fattore che dobbiamo tenere in considerazione e che è destinato a durare per lungo tempo ed è collegato all’intervento delle Banche Centrali, che da ormai più di 20 anni sono diventate attori molto attivi e focalizzati nel mantenere la stabilità dei mercati finanziari. Tutto ciò per gli investitori ha rappresentato un grande vantaggio.  Il rendimento medio realizzato dall’indice azionario mondiale negli ultimi 10 anni, è stato superiore al 12%, mentre l’indice S&P della borsa americana è cresciuto in media di quasi il 15% all’anno.  Questo, però, ha avuto un prezzo che è stata la riduzione dei tassi di interesse su livelli mai visti. I possessori di liquidità sono quelli che hanno pagato il costo maggiore. A titolo di esempio, nel dicembre 2000, già con l’euro, i BOT a 6 mesi registravano rendimenti di oltre il 5%, con un’inflazione di poco superiore al 2% mentre oggi l’ultima asta BOT a 6 mesi è stata allocata ad un rendimento inferiore a -0.5% a fronte di un’inflazione italiana, stimata per il 2021, di poco inferiore al 2%. Dobbiamo essere consapevoli che i tassi di interesse rimarranno molto bassi ancora a lungo, forse per un’intera generazione e che tenere i soldi in cassa riduce sì i rischi di avere perdite, ma ha anche un costo rappresentato dai tassi di interessi negativi, unito alla mancata opportunità che l’investimento azionario rappresenta. L’attuale risalita dell’inflazione, principalmente concentrata negli Stati Uniti, sembra piu’ legata ad effetti transitori mentre i fattori strutturali e di lungo periodo quali, calo della domanda a causa dell’invecchiamento della popolazione nei paesi più ricchi, globalizzazione e sviluppo tecnologico sono destinati a durare nel tempo.  Ma vi è un motivo che probabilmente contribuirà in maniera decisiva a mantenere molto bassi i tassi di interesse nel corso dei prossimi anni: la crescita  del debito pubblico. Se i tassi salissero, sarebbero un’enorme minaccia per gli Stati che sono obbligati a servire il proprio debito e pagare gli interessi. Di questo sono ben consce le Banche Centrali, che continueranno a fare tutto il possibile per mantenere il costo del denaro al minimo.  Proseguirà quindi la politica di acquisto di titoli pubblici e privati per sostenere l’economia. Alcuni pensano che in un futuro poi non tanto lontano anche la BCE potrebbe iniziare a comprare il mercato azionario, avendo ormai acquisito buona parte del debito pubblico dell’Unione. L’ipotesi non è per nulla assurda. Basta guardare a quello che è successo in Giappone. La Banca centrale Giapponese è stata la prima nel 1999 a portare i tassi interesse a zero ed ha oramai incamerato buona parte del debito statale; nel novembre dello scorso anno è anche diventata il più importante investitore sul mercato azionario giapponese, detenendo oltre 400 miliardi di dollari di fondi azionari passivi. Veniamo ora alle previsioni economiche. 

L’ufficio studi della Commissione Europea prevede una crescita economica dell’Eurozona del 4,8% quest’anno e del 4,5% l’anno prossimo, a fronte di un’inflazione destinata a non superare il 2%. Sono livelli superiori a quanto registrato negli ultimi cinque anni, quando la crescita non aveva mai superato il 2%.  Se pensiamo ai rischi potenziali che abbiamo corso, lo scenario non è per nulla negativo. Negli anni successivi, la crescita risulterà probabilmente inferiore a causa dell’elevato livello del debito degli Stati che continuerà a sottrarre risorse al sistema privato, che si caratterizza per una maggiore produttività. Bassa crescita e bassa inflazione possono pero’ rappresentare uno scenario molto interessante per l’investitore privato, come testimoniato dall’andamento dei mercati nel corso degli ultimi anni.  Per quanto concerne i valori  obbligazionari, sarà improbabile vedere un rialzo significativo dei rendimenti  nel corso del prossimo anno. Se guardiamo gli attuali livelli di mercato, anche in presenza di una crescita economica piu’ sostenuta rispetto alle attese, sarà difficile per i titoli decennali americani superare il valore del 2%, mentre in Europa il decennale tedesco avrà difficoltà ad esprimere rendimenti positivi ed il BTP decennale, attualmente allo 0,70% a superare di molto l’1%, a meno di impreviste crisi politiche. Per quanto concerne i mercati azionari l’anno è stato finora molto positivo con gli   indici americani ed europei, Italia compresa, che hanno conseguito  guadagni  di oltre il 15%. Da notare però la divergenza tra Cina e resto del mondo, con la Borsa di Shangai che ha denotato un andamento incerto e solo leggermente positivo. Ciò è dovuto a due fattori.  In primis, l’economia cinese ha evidenziato un forte rallentamento già dall’inizio dell’anno, dall’altro l’introduzione di nuove regolamentazioni  sul mercato  domestico ha intimorito gli investitori e segnalato la volontà del Partito Comunista Cinese, nell’anno del centenario della propria fondazione, di intraprendere  una revisione delle priorità in tema di economia, con una maggiore focalizzazione sulla redistribuzione della ricchezza, a scapito di un mercato finanziario su cui gravitano molti investimenti stranieri. Nei Paesi occidentali l’economia dovrebbe aver registrato il massimo della crescita nel primo semestre, nei mesi di aprile-maggio, mentre l’ultima parte del 2020 e l’inizio del prossimo anno dovrebbero vedere un rallentamento a causa dell’esaursi dell’effetto delle politiche fiscali e monetarie. Per chi avesse beneficiato della salita dei mercati potrebbe essere interessante  ridurre, almeno parzialmente, l’esposizione ai mercati azionari, in attesa di vedere se l’ultima fase dell’anno sarà caratterizzata da una correzione. I fondamentali del mercato rimangono positivi per le ragioni che abbiamo descritto, ma richiedono di saper gestire i momenti di volatilità elevata avendo bene in mente rischi ed opportunità. Per questo è importante    avere un’ottica di lungo respiro ed obbiettivi ben precisi. Il mondo degli investimenti diventa sempre più globale. A chi fosse abituato a guardare solo il mercato italiano od europeo è utile ricordare   che l’Italia pesa meno del 5% dell’indice azionario Europeo e che gli Stati Uniti rappresentano più del 65% dell’indice azionario mondiale. La globalizzazione dei mercati finanziari ha reso più complessa la costruzione dei portafogli di investimento e richiede sempre più competenze professionali elevate ma è anche fonte di eccezionali opportunità.

 

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