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Come ti salvo il persico
Dal Dipartimento di Biotecnologie e Scienze Molecolari dell'Università dell'Insubria arrivano i soccorsi per salvare il pesce persico del lago di Varese.
Un tempo, almeno quarant'anni fa, esisteva un lago pescoso che dava da vivere a molti professionisti delle reti. A distanza di tanto tempo, quel bacino si è trasformato: i pescatori professionisti si contano sulle dita di una mano e le acque torbide e un po' maleodoranti non sembrano più tanto ricche.
Contrariamente a quello che si pensa, però, il lago di Varese non ha mai perso la sua fauna ittica, l'ha solo modificata. Non si trovano più persici, scardole, trote in abbondanza, ma una quantità incredibile di pesci gatto, siluri e sono in veloce avvicinamento dallo specchio di Comabbio i terribili gamberi della Luisiana.
Che cosa sia cambiato in poco meno di mezzo secolo ormai lo sanno anche i sassi, anche se i profondi mutamenti della popolazione acquatica sono per lo più legati ad allevamenti avventati di specie predatrici, che, in seguito a piene, si sono riversate nei laghi del Varesotto.
Oggi che le acque del bacino di Varese sembrano avviate a guarigione, all'Università dell'Insubria si sta studiando il modo per ripristinare anche l'equilibrio faunistico, proteggendo le specie più pregiate messe sotto duro attacco dai nuovi predatori.
Il professor Marco Saroglia, docente di Acquacoltura ed Ittiologia del Dipartimento di Biotecnologie e Scienze Molecolari all'Università dell'Insubria, da un paio di anni è impegnato a proteggere la crescita del persico: « Per risolvere drasticamente la situazione - spiega il docente - si dovrebbe realizzare un "overfishing" di pesce gatto e di pesce siluro. Sfortunatamente, queste due specie non sono apprezzate: poco interessanti dal punto di vista commerciale, fastidiose perchè danneggiano le reti e anche pericolose per quelle spine infette. Allora, abbiamo deciso di intervenire con un'azione di soccorso nelle fasi più delicate della vita del persico: quando è uovo e quando è larva, tenendolo protetto finchè non raggiunge le dimensioni di un dito».
La battaglia che si combatte sott'acqua è relativa alla catena alimentare. Pesce gatto e pesce persico si nutrono nello stesso modo: soprattutto si cibano dei cosiddetti "pesce foraggio" come le alborelle, o di planton. I predatori, inoltre, vanno ghiotti di uova e larve e, guarda caso, proprio di uova e larve di pesce persico.
Con l'aiuto dei pescatori professionisti e dei colleghi dilettanti dell'Apd Tinella '72, il professor Saroglia e la sua equipe hanno avviato un progetto che da un lato individua i luoghi più adatti al posizionamento delle fascine destinate ad accogliere le uova depositate, le quali altrimenti finirebbero nel fango marcendo, dall'altro utilizza una gabbia con una maglia abbastanza piccola per tenere fuori i predatori, ma sufficiente a far filtrare il planton: «Abbiamo iniziato alla foce del Tinella con circa duecento larve - racconta il professor Saroglia - poi ci siamo accorti che il planton a disposizione non era sufficiente. Ora che abbiamo affinato il "grado di efficienza di predazione" ( la quantità richiesta per soddisfare le esigenze di crescita delle larve) pensiamo di mettere almeno 2.000 larve. In questo modo ogni primavera, nel periodo della riproduzione, tuteliamo un numero sufficiente di esemplari che in autunno verranno lasciati liberi».
Il professor Saroglia sta inoltre conducendo studi di biologia molecolare: «Pensiamo ad un albero di Natale. Abbiamo una certa serie di lampadine: alcune si accendono, altre no. Qualcuna lo fa in una zona dell'albero, altre in una parte diversa. Il corpo umano è la stessa cosa: abbiamo delle lampadine che si accendono in momenti diversi e in luoghi diversi. Stabilire quali si attivano e perchè in presenza di una situazione di anossia ( mancanza di ossigeno), potrebbe portarci a superare una delle criticità del persico legata dell'attuale condizione del lago».
Fondi per questo tipo di ricerca, però, ce ne sono pochi: solo la Provincia, con 15.000 euro, e Varese Europea stanno investendo in quest'attività: «Il lago di Varese sconta gli anni di grande disinteresse. Oggi la situazione è cambiata ma bisogna recuperare in fretta il tempo perduto e non ci sono strumenti adeguati. I tempi di attesa sono sempre lunghi: almeno 5 anni per verificare se la strada intrapresa è quella giusta»
Intanto si è cominciato con la realizzazione di un ambiente protetto, magari si proseguirà con l'individuazione di un'area da trasformare in oasi naturalistica o chiedendo il blocco della pesca in qualche periodo dell'anno.
Il lago di Varese torna a vivere, e si vorrebbe farlo tornare alle origini.
11/24/2006
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