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Ciocchina: chi era costei?

Un personaggio della tradizione Saronnese legato al terribile incendio che nel 1827 devastò il borgo di Saronno, dà oggi il nome a uno speciale riconoscimento.

A Saronno, nella piazzetta della Riconoscenza, sopra una colonna squadrata di granito, c'è una statua dalle sembianze vagamente greche. Se si domanda chi rappresenta ad un qualunque nativo di Saronno, la risposta è: "l'è ol monument da la Ciocchina”. La trasmissione delle tradizioni, a volte sconvolge un po' la realtà dei fatti accaduti e, infatti, quella statua non rappresenta la Ciocchina, bensì è l'immagine della Riconoscenza, commissionata allo scultore Pompeo Marchesi di Viggiù, nel 1830. Nella sua simbologia, l'immagine della Riconoscenza ha accanto ai piedi un pellicano, allegoria della gratitudine e della redenzione. Per altri, l'uccello è un airone cinerino che, per la tradizione classica, rappresenta la vita che risorge dalle ceneri, proprio come era accaduto al borgo saronnese, distrutto dal fuoco. Il racconto di questa vicenda, ancora oggi un simbolo per la città e i personaggi coinvolti, sono diversi come sono differenti le varianti della storia. La versione di Gian Battista Viglizzi, all'epoca rettore del Collegio Maschile, racconta che la Ciochina, con una sola "c” era una contadina che alzava un po' il gomito e, addormentatasi con lo scaldino acceso, non si avvide che una scintilla scappò e incendiò la povera abitazione. Il fuoco presto divampò, il vento lo fece propagare nelle vicine abitazione e, in un batter d'occhio, incendiò tutto il borgo saronnese. L'altra versione, quella più accreditata, anche perché riportata epigraficamente nelle due versioni in latino ed in italiano sui lati della colonna che sorregge la statua, narra una storia un po' più romantica o quanto meno sono più piacevoli i personaggi. "Ciocchin” era un termine dialettale e stava ad indicare un mestiere molto particolare, vale a dire colui che andava nei macelli per comperare la pelle degli animali o se la procurava dai contadini che macellavano in proprio e poi le conciava. Alcuni lavori erano una particolarità dell'intera famiglia e per questo tutto il nucleo famigliare era conosciuto con il soprannome. Nel 1827 questo mestiere a Saronno lo faceva la famiglia Porro che abitava agli "Ortazzi” una corte conosciuta anche come Cort di Ortasc. Questi riferimenti ai nuclei famigliari risultano dagli archivi parrocchiali in quanto i libri riferivano lo Stato delle Anime e veniva riportata, per data anagrafica, la vita dalla nascita, al matrimonio fino alla morte. Se il Ciocchin era il marito, e in questo caso si trattava del 33enne Antonio Porro, la Ciocchina era la moglie. Fu lei che, involontariamente, appiccò il fuoco alla cascina e che presto divampò per gran parte di Saronno, che allora contava circa 4.000 abitanti. Da una cronaca dell'epoca, scritta dal Prevosto Cozzi, si legge: "…nel 1827, ai 18 marzo, una donna soprannominata la Ciocchina mentre tutti raccoglievasi in Chiesa pella Dottrina Cristiana, portando un carbone di fuoco da una casa all'altra ravvolto in un pugno di paglia, non si curò delle scintille che scheggiate e rapite dal vento…” Quasi certamente la moglie del Ciocchin, Marta Campi, rimasta sola in casa e in avanzato stato di gravidanza, non fu abbastanza rapida a spegnere il primo focolaio e il vento di marzo, fece il resto. C'è poi una terza versione nella quale un testimone oculare di quel terribile 18 marzo 1827, M.M. scrive ad un conoscente milanese raccontando con dovizia di particolari l'intera vicenda. Questa lettera è conservata anch'essa nell'archivio parrocchiale e racconta una storia simile ma, al posto della Ciocchina, c'è un ragazzino che: "… una scintilla spiccatasi da un manipolo di paglia, su cui un fanciullo ricavansi brage di costa, e molto dappresso al casolare di certo Angelo Porro…” Questa lettera riferisce anche di un Mastro di Posta che fornì, ad alcuni volontari, i cavalli più veloci che in 58 minuti furono a Milano ove esistevano i Pompieri e la Polizia. Il fuoco, "un orribilissimo Vesuvio di vampe” distrusse l'intero borgo di case fin quasi a lambire la Chiesa parrocchiale e la lettera riporta che, nella notte successiva, ci fu un ritorno di fiamma che covava sotto la cenere ma questo nuovo incendio fu presto soffocato.Tre quindi le versioni depositate negli archivi ma una sola è concorde: quella che racconta di come molti milanesi, oltre ai Pompieri e ai saronnesi, giunsero in aiuto alle famiglie disastrate e si attivò anche "l'Augustissimo Nostro Monarca e l'Amatissimo Principe Vicerè oltre al Podesta” e con generoso entusiasmo "tutti gli artisti primari di canto e ballo” contribuirono generosamente alla ricostruzione, probabilmente capeggiati dalla famosa cantante lirica Giuditta Pasta, nativa di Saronno, che offrì la sua voce per raccogliere denaro per le centodieci famiglie rimaste senza tetto. Fu una gara di solidarietà incredibile e per questo, tre anni dopo, quando le case bruciate furono ricostruite, fu deciso di ringraziare tanta generosità con un monumento, che fu inizialmente eretto in Piazza della Chiesa. Durante la seduta Consiliare dell'8 giugno 1897, Il Sindaco Piero Gianetti propose lo spostamento nella piazzetta di San Francesco dove ancora oggi quel monumento, a cui è caduto un avambraccio, guarda i saronnesi e non svela, con certezza, chi rappresenta.

Un premio per illustri Saronnesi

Nel 1994, l'Assostudi, l'Associazione Saronnese Studi Interdisciplinari, con l'intento di riprendere lo spirito del gesto di riconoscenza che si espresse con la posa del monumento, istituì un premio ai cittadini saronnesi benemeriti con la motivazione: "Che abbiano giovato alla città e al territorio attraverso opere od esempi di virtù personali”. " Dal 2003 Assostudi: "ha passato di mano il premio all'Amministrazione Comunale per - come afferma il presidente del sodalizio Vito Tramacere - dare continuità all'importante riconoscimento”.
Questi solo alcuni dei premiati: 1994: Vittorio Pini per gli studi sulla storia di Saronno - 1995: Gabriele Ferrari, per il restauro del Santuario di Saronno - 1996: Agostino Vanelli, primo sindaco del dopoguerra, medico con un grande impegno professionale e sociale - 1997: Giovanni Terzuolo, Giudice di Pace, per le tante attività sociali - 1998: Adelio Bergamaschi, per le opere di beneficenza e in favore dei bambini della ex Jugoslavia - 1999: non ci fu il premio - 2000: Carla Borroni, per l'attività educativa - 2001: Pasquale Cau per l'attività in associazioni e cooperative sociali che danno lavoro ai disabili - 2002: Giacomo Melotti per aver dedicato 30 anni all'attività sportivo/educativa dei giovani saronnesi - 2003: Paride Brunetti, per l'opera in difesa dei valori della Resistenza e della Costituzione - 2004: Luigi Basilico, laringectomizzato e fondatore della scuola di riabilitazione alla parola -2005: Augusto Reina della ILLVA Saronno per lo sviluppo dell'azienda saronnese con il liquore più conosciuto nel mondo con beneficio per l'occupazione e il nome della città - 2006: Raffaello Adami pneumologo, per l'attività di prevenzione attiva e costante nell'educazione della salute.

01/19/2007

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