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Parchi e giardini. E l'orso?

Apriamo con due ville dell'Alto Varesotto un itinerario che, attraverso parchi e giardini, ci parla di protagonisti di storia locale. E di un orso.

Villa Cicogna Mozzoni a Bisuschio
La Valceresio è forse stata una delle ultime enclave lombarde dell'orso bruno europeo, grazie anche alla presenza di boschi fittissimi sui pendii delle sue montagne, dove l'ultimo esemplare fu ucciso circa un secolo fa. Potremmo così fantasticare sullo scenario naturale che dovette caratterizzare la Valceresio del XV secolo, quando cioè i nobili Mozzoni decisero di costruirsi un "casino di caccia" a Bisuschio, che nel 1476 ebbe l'onore d'ospitare per una battuta il duca Galeazzo Maria Sforza. Il signore di Milano, però, per poco non fu sbranato da un orso di notevolissima taglia, che "guastò tre homeni e amazò un cane", prima di farsi abbattere definitivamente da Agostino Mozzoni. Da quel momento ebbero inizio le fortune della famiglia, che gradualmente trasformò il vecchio "casino" in villa di delizia. Varcato l'ingresso, il visitatore resta quasi rapito sia dall'atmosfera raccolta del piccolo cortile d'onore, sia dall'elegantissimo porticato che si sviluppa ai piedi del corpo di fabbrica occidentale, affrescato da cicli pittorici attribuiti alla scuola dei cremonesi Campi.
Le scene agresti di caccia e di pesca, ma anche le raffinate grottesche ricche di decorazioni vegetali a fiori e frutti evocano lo stile di vita dei Mozzoni imparentatisi poi con i Cicogna. Realizzato verso il 1559 a un livello sopraelevato rispetto al cortile d'onore, il giardino ha una pianta rettangolare, con il lato più lungo sviluppato sull'asse che corre in parallelo con il corpo centrale della villa: nella metà di sud-est sono disegnate in modo simmetrico due aiuole in bosso, oggi vivacizzate con piante erbacee da fiore, mentre in quella di nord-ovest si allungano due belle peschiere con balaustre e colonnine in pietra. Al centro delle aiuole in bosso sono poste due eleganti fontane in puro stile rinascimentale.
Nel Seicento furono poi Francesco Cicogna Mozzoni e il nipote Carlo a sistemare il giardino nord-occidentale, quello che sale a monte, facendo in modo che il salone d'onore della villa venisse a trovarsi sullo stesso piano del giardino. Quindi fu creata la lunga doppia scalinata di 156 gradini - avente alla base una fontana tipicamente barocca - che conduce verso l'alto del colle, introducendo l'interessantissima "catena d'acqua" centrale simile a quella disegnata dal Vignola per palazzo Farnese a Caprarola (Viterbo). Al termine della scalinata, Carlo volle un tempietto (o "Glorietta") da cui si domina l'intero complesso, ma anche buona parte della media Valceresio e i vicini monti che confinano con la Svizzera.
Villa Della Porta Bozzolo a Casalzuigno
Sul ramo della famiglia Porta (o Della Porta) originario della Valtravaglia si hanno notizie risalenti ai primi anni del XVI secolo. Se era stato Giroldino a dirigere gli interessi di famiglia anche in direzione della Valcuvia, in realtà fu poi suo nipote Bensperando I a rafforzare qui la presenza dei Della Porta, consentendo al figlio Gian Angelo II di dare inizio al perfezionamento di una dimora più consona sia al patrimonio accumulato, sia alle esigenze di rappresentanza. Fu così che due vecchi edifici vennero collegati fra loro, all'interno di un progetto impostato sull'edificazione di un nuovo corpo di fabbrica, l'ala orientale della villa, che diventava così il fulcro dell'intera composizione, in modo del tutto inconsueto per i canoni dell'epoca.
Nasceva così una villa "da nobile", anche se i Della Porta non furono mai investiti qui di alcun potere politico - da sempre di pertinenza della famiglia Cotta - ma si limitarono a gestire i propri beni consistenti in numerose case e in vasti fondi agricoli. Fu Gian Angelo III (1690-1745) a realizzare la fase finale dei lavori in occasione del proprio matrimonio con Isabella Giulini, nel 1711. Il progetto definitivo del complesso, rimasto identico ad allora, vede un asse principale iniziare al di fuori della recinzione della villa, sull'attuale strada comunale. Da qui seguono in successione: una piazzetta antistante il cancello in ferro battuto; il vialetto-ponte con ai lati gli edifici rurali annessi alla villa (locale del torchio, ghiacciaia, scuderie, cantine, filanda ecc.); la corte-parterre attraversata dall'asse minore diretta al tempio di Apollo e le Muse; la serie di scalinate che collegano i "quattro piani di giardino alla genovese" in pietra di Viggiù, con nicchie, fontane a conchiglia e balaustre ornate di vasi e puttini; una fontana centrale posta su un'area chiamata "Belvedere"; il grande "teatro", ossia un'enorme esedra prativa in declivio, contornata da muri di andamento sagomato, e nel Settecento ornata da piedistalli con statue, raffiguranti divinità mitologiche agresti e silvane.
A coronamento del "teatro", la grande "fontana a tuffo (a spugna)", opera forse di Antonio Maria Porani, con nicchioni e scale laterali ascendenti al piano superiore ed infine il diritto, lunghissimo e ripido viale di cipressi che sale fino alla sommità del colle. Nel progetto originario, lungo l'asse mediano di simmetria, un largo viale percorso da un sentiero a zig-zag s'inerpicava sul versante meridionale, costituito da una delle facce di una piramide tronca, letteralmente intagliata nella montagna. Questa ardita parte di progetto - la riduzione del colle in un tronco di piramide - non venne peraltro portata a termine per difficoltà economiche dei figli di Gian Angelo III.
La proprietà passò poi per intero a suo nipote Giuseppe Della Porta (1761) e nell'Ottocento alla famiglia Bozzolo che, con gesto di rara e intelligente sensibilità, nel 1989 donò il complesso al Fondo per l'Ambiente Italiano.

03/28/2002

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