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L'Italia dei cento campanili

Ricordate Roberto Benigni e Massimo Troisi in "Non ci resta che piangere"? Il film è ambientato alla fine del XV secolo e i due comici si imbattono, alla guida di un carro agreste, in un posto di confine tra due feudi, con tanto di soldati e gabellieri che esigono il dazio. "Alt. Chi siete? Dove andate? Cosa volete? Un fiorino" esclama con voce imperiosa il soldato, e un fiorino i due malcapitati versano al tesoriere. Nel riprendere il viaggio, il carro si scuote e un sacco di farina cade. Troisi ritorna sui suoi passi per riprendere il sacco e il soldato intima di nuovo: "Alt…Un fiorino". Troisi spiega che la gabella è già stata versata, ma niente da fare. La scena si ripete più volte in un crescendo di umorismo esilarante.
Così era l'Italia cinque secoli fa. Così rischia di tornare ad essere ora. Dopo la Sicilia, anche il Friuli-Venezia Giulia si appresterebbe ad istituire un tributo locale su un metanodotto. La Sicilia tassa il gas proveniente dall'Algeria, il Friuli quello russo in transito dal Tarvisio e non si accontenta del gas perché intenderebbe tassare anche gli oleodotti che attraversano la regione.
La Sicilia aveva tentato già nel 2001 di imporre agli italiani quel dazio, ma aveva dovuto soprassedere perché si sarebbe trattato di un tributo in contrasto con il principio della libera circolazione delle merci in Europa. Ora, il dazio è stato riproposto mascherato da tributo ambientale. Ogni metro cubo di gas viene assoggettato a 153 euro di tributo, per un introito complessivo atteso di 124 milioni di euro. La Snam Rete Gas ha dovuto già versare la prima rata e lo sue azioni in Borsa ne hanno risentito. Ovviamente, ne risentiranno anche le famiglie e le imprese italiane.
L'iniziativa ha come fondamento giuridico la larga autonomia che le Regioni hanno ottenuto, in materia di energia, nell'ambito del processo di riforma in senso federale dello Stato. E' tutto da dimostrare, peraltro, che si stia facendo una corretta interpretazione delle nuove disposizioni. Ne è convinta l'Autorità per l'Energia, che è scesa in campo sostenendo che imposte del genere si muovono in direzione opposta alla direttiva europea che ha sancito la liberalizzazione del mercato energetico. Che non è, del resto, l'unico campo nel quale quel federalismo incompiuto, che ha preso il via con la riforma del titolo V della Costituzione, rischia di accrescere la confusione normativa. E' il caso, per esempio, del diritto del lavoro, dove si prospetta una moltiplicazione di regole, diverse da regione a regione. Per le imprese, il pericolo di un'alterazione artificiale delle condizioni di contesto in cui si svolge la libera concorrenza. E senza dimenticare che un presidente di Regione, tempo fa, ha minacciato di reintrodurre con legge regionale regole di cui era stata annunciata l'abrogazione da parte del Parlamento.
Dopo la tassa sui gasdotti, c'è da domandarsi - come ha fatto il presidente dell'Unione Industriali di Varese Marino Vago durante l'assemblea generale dell'associazione, lo scorso 17 giugno - "se non dobbiamo attenderci altre tasse per il passaggio di elettrodotti o per valicare passi alpini o appenninici. O per entrare in una città, Milano tanto per fare un esempio".
Un federalismo che ci riportasse all'Italia dei cento campanili nel momento in cui allarghiamo il nostro orizzonte geopolitico all'Europa sarebbe davvero un federalismo curioso.

06/20/2002

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