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Malpensa vuole nuove rotte

Il punto sulla situazione dell'aeroporto, grande occasione di sviluppo per il nostro territorio ma ancora vittima di scelte, o non scelte, penalizzanti.



Malpensa è ancora vittima dell'incapacità di decidere. Colpa di un intricato gioco di lobby, di interessi contrapposti che hanno reso la porta verso il mondo della Lombardia un progetto che viaggia a corrente alternata.
Non è stata la crisi del trasporto aereo seguita all'11 settembre 2001 a mettere in difficoltà l'aeroporto, ma uno scontro politico.
L'ultimo appello, in ordine di tempo, viene dall'assemblea generale dell'Unione Industriali.
Il presidente Alberto Ribolla è stato chiaro. Malpensa deve tornare a essere ciò per cui è stato progettato: l'hub del centro-sud Europa.
"Contro Malpensa - ha ricordato il presidente dell'Unione Industriali - hanno remato lobby straniere (quelle delle compagnie aeree, ma non solo) e lobby di casa nostra: certamente la lobby dei dipendenti Alitalia ed una forte lobby territoriale della Capitale".
Una politica che ha mirato ad assecondare i particolarismi, questo il giudizio del presidente.
Qualche giorno prima, il 22 maggio, sotto la regìa del presidente della Regione Roberto Formigoni, istituzioni, imprese e sindacati hanno sottoscritto un importante documento ribattezzato "Patto per lo sviluppo", dove ancora una volta si ribadisce con forza la necessità di una scelta chiara a favoredi Malpensa.
Il documento è sintetico ma molto incisivo: il mercato è nel nord Italia, è illogico investire altrove.
Qualche semplice dato parla più di tanti proclami: solo nel 1999 la Lombardia era la regione con la maggiore capacità di acquisto di biglietti aerei, il 31% del totale italiano, circa il doppio del Lazio. Nel Nord, inoltre, viene venduto il 60% dei biglietti. Insomma, il messaggio è semplice: se il mercato è qui, perché Alitalia, che gestiva nel 2002 il 46% del traffico passeggeri di Linate e Malpensa, dovrebbe investire altrove? Non è solo un problema dell'aeroporto della brughiera, ma una scelta che condiziona pesantemente anche la sopravvivenza della compagnia di bandiera, provata da una crisi tremenda dalla quale ancora non si capisce come uscirà.
"L'unica strada possibile per risolvere la crisi della compagnia di bandiera - recita il Patto per lo sviluppo - è quella di adottare le scelte necessarie a renderla rispondente ai bisogni del suo mercato di riferimento primario, collocato prevalentemente nell'Italia settentrionale".
Il risultato di questa analisi è che il risanamento di Alitalia e lo sviluppo di Malpensa sono strettamente correlati.
E' chiaro, secondo quanto emerge dalle righe del Patto, che se il problema non fosse politico e di particolarismi,
non vi sarebbero dubbi sulle scelte industriali della compagnia di bandiera.
Ma cosa chiedono, nello specifico, le forze sociali e i politici della Lombardia nel documento? Niente di più e niente di meno, delle condizioni minime necessaire per dimostrare che si crede al progetto Malpensa.
Aumentare il numero delle tratte dirette intercontinentali, aumentare la dotazione di velivoli a medio lungo raggio e spostare la base di armamento e di supporto logistico per la flotta di Alitalia a Malpensa. Ma anche un tavolo di gestione della crisi della compagnia, che porti prima di tutto a ridefinire i ruoli di Malpensa e Fiumicino.
Nel documento si parla anche di un impegno per gestire modalità condivise di sviluppo dell'intero sistema aeroportuale lombardo e poi si gioca la carta degli investitori privati: "Se il rilancio di Alitalia si rivelasse non praticabile o il piano industriale non tenesse adeguatamente conto dello sviluppo di Malpensa - si legge nero su bianco - i sottoscrittori si impegnano a ricercare soluzioni alternative".
Il presidente Formigoni ha annunciato alla stampa che sono in corso contatti con diversi imprenditori lombardi per mettere in piedi una cordata che punti allo sviluppo completo di Malpensa.
Si sono fatti diversi nomi, ma quello che la Regione ha voluto sottolineare è la volontà di non fermarsi di fronte alle indecisioni della politica.
Tutto può succedere, ma molti osservatori ritengono che l'obiettivo principale rimanga comunque Alitalia e che l'ipotesi di una cordata privata sia per ora solo un elemento di pressione.
Il presidente di Sea, Giuseppe Bencini, il 27 maggio si è espresso in questo senso: "Noi vogliamo prima di tutto che Alitalia aumenti i suoi investimenti su Malpensa - ha detto durante l'inaugurazione del nuovo Info Point della città di Milano - se questo non sarà possibile si cercheranno soluzioni alternative".
Lo stesso Bencini non ha dubbi su cosa si deve fare di Malpensa.
Certo, è parte in causa, ma il suo giudizio coincide con quello delle associazioni imprenditoriali e delle istituzioni regionali: "Malpensa sarà l'hub del sud Europa, non c'è alcuna alternativa, crescerà e avrà anche una terza pista, necessaria per aumentare i movimenti".
Uno snervante tira e molla, insomma. Chi continua a crederci, con convinzione, è la Provincia di Varese. Impegnata da anni nella difficile battaglia per avere dei buoni collegamenti infrastrutturali, Villa Recalcati ha recentemente dato parere favorevole alla ferrovia che deve collegare Gallarate con l'aeroporto, nonostante l'opposizione dei Comuni del Sempione. Sul completamento di strade e ferrovie il presidente Marco Reguzzoni è sempre stato in prima linea.
Già nel maggio 2002 la Provincia di Varese aveva condiviso un documento firmato da Ministero delle Infrastrutture, Comune e Provincia di Milano, Alitalia e Sea per l'aumento dell'accessibilità intercontinentale della Lombardia.
Oggi, Marco Reguzzoni, presidente della Provincia, non ha cambiato idea: "Tutto converge a definire Malpensa come l'aeroporto hub. Se così non dovesse essere, sarebbe come ammettere, di fronte all'Europa, di aver sprecato enormi risorse di denaro. Vorrei però che non ci si dimenticasse - aggiunge - che serve il completamento delle infrastrutture a sostegno dell'accessibilità".

06/10/2004

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