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Quando ambiente ed economia vanno a braccetto

Oltre trentamila ettari di Varesotto sottoposti a tutela. Non solo una necessità di protezione, ma un’opportunità di sviluppo che crea ricchezza.

Se consideriamo i soli Parchi regionali (Campo dei Fiori, Valle del Ticino e Pineta di Appiano Gentile e Tradate), un quinto del territorio della provincia di Varese è sottoposto a tutela; se poi aggiungiamo le aree protette di interesse intercomunale (come i Parchi del Lura e del Rile-Tenore-Olona) la percentuale sale al 25 per cento, contro il 21 della Regione e il 10 scarso dello Stato. Si superano abbondantemente i 30mila ettari: niente male per un territorio di piccole dimensioni, tutt'altro che marginale dal punto di vista geografico e produttivo ma, viceversa, fortemente industrializzato. Al di là delle indubbie valenze ambientali, viene da chiedersi: che ruolo gioca il quadro delle aree verdi varesine nel sistema economico locale?

Parco del Ticino: ente intermedio come datore di lavoro
"Poter affermare che la nostra azione di tutela del territorio ha riscontri positivi anche per il contesto sociale ed economico è importante - afferma la presidente del Parco del Ticino, Milena Bertani - perché dimostra che economia e ambiente possono coesistere, a patto che vengano attribuiti ad entrambi la stessa dignità e lo stesso ruolo". Assunto non da poco, tanto se guardiamo ai decenni trascorsi fatti di antropizzazione massiccia ed altrettanto corposa distruzione ambientale, quanto se spingiamo lo sguardo ad un futuro fatto di definitivo superamento delle lacerazioni che hanno sviluppato nel cittadino medio la cosiddetta "sensibilità ambientale".
L'esempio più eclatante, da questo punto di vista, viene proprio da Magenta, sede del Parco del Ticino, prima istituzione regionale sorta in Italia (era il 1974, nel pieno dei danni all'ambiente provocati dal boom economico e dai suoi strascichi), che vanta una "sede dislocata" anche in territorio varesino, a Lonate Pozzolo, come omaggio ai dieci Comuni coinvolti del Varesotto coinvolti per 20.128 ettari e 150mila abitanti. Il totale del Parco parla invece di 450mila abitanti e 91.547 ettari, 40.300 dei quali utilizzati per scopi agricoli; poi, 40.731 attività produttive che forniscono occupazione a 192mila addetti. Per quanto attiene all'anno 2004 (ultimo dato certo disponibile) il Parco ha contabilizzato forniture e contribuzioni ad attività di "soggetti non societari" (in pratica: ha fornito lavoro) per 4 milioni e 474mila euro coinvolgendo 371 fornitori (72 erano in provincia di Varese) appartenenti a piccole e medie industrie locali, artigianali, agricole, oltre che cooperative sociali, per un totale di 5mila ore di lavoro.
Area protetta come "ente intermedio di progettazione e realizzazione di iniziative varie", quindi, ma anche come "datore di lavoro" diretto: sommando i numeri del personale dipendente (una settantina contro i 93 della pianta organica) a quelli del personale collaboratore (una trentina), il Parco garantisce occupazione in forma stabile ad un centinaio di persone, che incidono per il 40 per cento sulle uscite correnti in un bilancio complessivo che supera i 12 milioni di euro l'anno.
Tutto entro confini che, per limitarci alla sola porzione lombarda dell'area protetta (esiste anche la parte piemontese), comprende un aeroporto, tre autostrade, cinque linee ferroviarie, un fittissimo reticolo di strade statali, provinciali e comunali, una centrale termoelettrica da 1.740 megawatt. E, ciononostante, la superficie urbanizzata è "solo" di 21.740 ettari contro i 22mila di foreste e i 47mila destinati all'agricoltura. L'Unesco lo ha dichiarato Riserva della Biosfera, riconoscimento che in Italia spetta ad appena otto siti e nel mondo a 482. Parco come "motore dell'economia locale", dunque, proprietario nella sola provincia di Varese di 48 ettari a verde distribuiti fra Arsago Seprio, Golasecca, Vizzola Ticino e Lonate Pozzolo, cui se ne sommato altri 8 occupati da beni immobili, visitato fisicamente da almeno 50mila persone l'anno e virtualmente, tramite il sito internet, da altre 70mila. Numeri che hanno giustificato la redazione di un apposito Bilancio Sociale, nettamente distinto da
quello finanziario, caso raro tra gli enti di protezione ambientale.

Campo dei Fiori: gli operatori forestali curano il bosco
Pur in mancanza di un'analisi tanto dettagliata, la sensazione è che anche gli altri Parchi di una certa estensione presenti in provincia di Varese ricoprano un ruolo crescente sotto il profilo economico, senza per questo segnalare soltanto luci, ma anche ombre. E' il caso del Parco Campo dei Fiori (6.000 ettari, 20 enti di gestione, sede a Brinzio), realtà totalmente diversa dalla precedente in quanto insiste su un territorio molto meno industrializzato e dalla difficile conformazione orografica. Rispondendo ad un preciso obiettivo di governo regionale ("Elaborazione di progetto pilota per l'organizzazione dell'incremento delle presenze e della fruibilità nei Parchi"), il Campo dei Fiori ammette l'esistenza di un "turismo prettamente locale", pur sottolineando "movimenti turistici provenienti da realtà extralocali", per concludere che "si ha difficoltà nel far percepire il Parco ai cittadini, comprendere che cosa esso rappresenti, oltre che a far conoscere il proprio territorio a fruitori più lontani". Non solo: "Si auspica una maggiore collaborazione con i privati", anche se non mancano le intese concrete con gli agricoltori e, in special modo, i boscaioli ed operatori forestali che curano l'80 per cento della superficie del Parco, quella appunto occupata dal bosco: recupero di aree verdi, manutenzione sentieristica, tagli cedui programmati sono lavori effettuati proprio su indicazione dell'ente da operatori privati, che ne traggono perciò un reddito integrativo.
L'estate scorsa il Parco ha registrato (caso pressoché unico in Lombardia) l'allargamento dei propri confini a due nuove realtà comunali, ma parecchio resta ancora da fare sul piano dell'immagine e della ricaduta economica. Come dire che punti di accoglienza, sale espositive, centri di educazione ambientale, piste ciclabili, spazi sosta attrezzati, impianti sportivi ed una fitta rete di sentieri ben demarcata, corsi di educazione ambientale, visite guidate, mostre e feste producono risultati positivi in termini di fruizione e di ricaduta economica, ma in quantità parecchio inferiore alle attese e alle potenzialità. "Il Parco ha vocazioni ricreative alte - afferma il presidente Giovanni Castelli - ma si vorrebbe potenziare il sistema di attività ludiche creando e sviluppando il concetto di Parco in cui è possibile svolgere attività legate allo sport. Si vorrebbe, in definitiva, trovare una reale corrispondenza allo slogan 'Un Parco tutto per te', anche in considerazione delle valenze storiche e culturali presenti, a cominciare dal Sacro Monte, Patrimonio culturale dell'Unesco, e delle importanti testimonianze liberty, prima fra tutte il Grand Hotel che prende il nome dalla montagna".

Pineta di Tradate: promozione di soggetti produttivi locali
Discorso intermedio fra le due realtà protette che abbiamo preso in considerazione sembra valere per il Parco Pineta di Appiano Gentile e Tradate, 4.860 ettari che al massimo raggiungono quota 435 sul livello del mare e che ha sede nel comasco, a Castelnuovo Bozzente. Un territorio che "mostra come caratteristica ambientale peculiare: la presenza di boschi continui ed estesi, che spiccano nel più vasto ambito territoriale della fascia alto-padana, dove la gran parte del territorio ha subito drastiche trasformazioni antropiche". Il Parco, gestito da un consiglio di amministrazione presieduto da Mario Clerici, si propone come "promotore di soggetti produttivi locali", agricoltori, ditte boschive, produttori di miele, ristoratori, gestori di attività sportive, vivaisti, ma anche di vero e proprio sviluppo agricolo, settore che in questa fetta di Lombardia vanta ancora un peso non indifferente; dunque un lavoro di "coordinamento, produzione commerciale, vetrina di prodotti, ricerca e sperimentazione in campo agronomico e zootecnico". Funzione decisiva perché "all'interno del Parco sono presenti grandi aree boscate intervallate e spesso circondate da fasce di terreni agricoli. Questa distribuzione a macchia di leopardo è molto importante perché crea zone di contatto tra bosco e campo in cui la fauna può trovare cibo e rifugio".

RILE TENORE OLONA, ULTIMO NATO NELLA FAMIGLIA DEI PARCHI VARESINI

E' l'ultimo nato fra i parchi del Varesotto. Abbraccia tre fiumi, otto comuni, decine di testimonianze storiche e naturali: il Parco locale di interesse sovracomunale "Rile Tenore Olona" è un'area protetta istituita con la legge regionale del 1983, ma che è giunta ad ottenere il riconoscimento della Provincia soltanto all'inizio di quest'anno. Realtà particolare anche sotto l'aspetto istituzionale in quanto, diversamente da analoghe realtà protezionistiche, dipende esclusivamente dai Comuni che lo gestiscono: Carnago, Caronno Varesino, Lozza, Gornate Olona, Castelseprio, Gazzada Schianno e Castiglione Olona. Se l'esigenza fondante è tutelare il corso dei tre torrenti che attraversano la zona, i monumenti storici rappresentano il punto di forza del nuovo parco. Si va dalla chiesetta medievale di San Michele a Gornate al monastero di Torba a Castelseprio, dall'intero borgo di Caronno Corbellaro alla ferrovia della Valmorea, che un progetto di Provincia e Regione sta cercando di recuperare anche in chiave turistica e che, partendo da Castellanza, percorre la vallata del fiume Olona per sfociare poi in Svizzera. "Pensiamo che il ripristino turistico dell'antica linea sia strategico per la valorizzazione del nostro territorio" afferma Enrico Vizza, assessore al comune di Castiglione e fra i principali promotori del Parco Rile Tenore Olona. Nell'attesa di salire in carrozza, gli enti interessati stanno realizzando non lontano dai binari una pista ciclopedonale.

11/24/2006

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