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Curarsi con le erbe, molto più di una moda

Si chiama fitoterapia e ha poco a che vedere con l'omeopatia. All'Università dell'Insubria il professor Casentino, farmacologo, studia le proprietà mediche delle piante con uno sguardo attento verso la flora locale.

Sono in aumento le persone che curano il "colesterolo” con lo yogurt. Certamente non quelli normali, ma le varietà arricchite di sostanze vegetali curative. Per non parlare di atleti, o meno, che si affidano agli integratori ottenuti da estratti di erbe per ritrovare tono ed energia.
Può sembrare l'ultima moda salutista del momento, ma dietro a questi prodotti c'è un lavoro di studio che ha tutte le caratteristiche e le garanzie del procedimento scientifico senza, però, l'investitura legislativa ufficiale.
All'Università dell'Insubria, il professor Marco Casentino, docente di farmacologia, studia le proprietà mediche dei vegetali, cioè la fitoterapia.
"Innanzitutto si deve sgombrare il campo da ogni confusione - spiega il professore - la fitoterapia non ha nulla a che fare con pratiche naturistiche in voga attualmente. È una scienza ricompresa nella medicina tradizionale perché considerata complementare. Il suo fine è quello di cercare principi attivi contenuti nella flora che abbiano poteri curativi. Una volta che si ottiene il principio attivo, sta all'industria produrlo, spesso in modo sintetico”.
Rifacendosi alle tradizioni popolari, la fitomedicina cerca le proprietà delle piante: "L'aspirina, per esempio, trae il suo principio dalla 'spirea ulmaria', erba che nasce in zone umide, in modo frequente attorno ai salici, la cui corteccia, a sua volta, è ricca di acido salicilico. L'industria farmaceutica utilizza almeno la metà, se non i due terzi, delle molecole di origine vegetale”.
Per individuare il principio medicale occorrono grandissime quantità di erbe o fiori, perché si tratta di molecole contenute in dosi microscopiche, non interessate allo sviluppo della pianta ma alla sua qualità, (la stessa importanza che avrebbe in un condominio l'ascensore).
Recentemente, il professor Casentino ha portato a termine un progetto che ha visto coinvolti il Canton Ticino, con la Fondazione alpina per le Scienze della Vita, la Valtellina e la Valformazza: "Abbiamo verificato le proprietà della menta nelle due zone di coltivazioni. La scoperta è stata molto interessante perché: mentre in Valtellina questa erba ha proprietà coadiuvanti nella cura di malattie respiratorie, in Valformazza contiene soprattutto principi antinfiammatori”.
La fitoterapia, da non confondersi con l'omeopatia che si basa su un sistema molto più empirico, oggi viene studiata con un occhio ai possibili usi in campo alimentare: "Le proprietà organolettiche dei cibi che assumiamo, pensiamo al latte, ai latticini e al miele caratteristici delle nostre zone, possono essere migliorate se l'alimentazione degli animali si arricchisce di determinate piante. D'altra parte, è di evidenza immediata l'effetto che fa sulle secrezioni di ognuno la scelta di determinati cibi o molto piccanti o decisamente aromatizzati (asparagi, cipolle, aglio). Nel caso delle mucche, per esempio, si potrebbe intervenire sulle proprietà del latte partendo dall'alimentazione base dell'animale, magari arricchendolo di trifoglio”.
Il settore di applicazione, per il momento, rimane comunque quello della medicina: "In campo ginecologico sono ormai noti gli effetti della soia o del trifoglio sulla menopausa femminile. Queste piante, che contengono estrogeni simili a quelli umani, contribuiscono ad addolcire l'effetto di questo stato fisico rispetto all'uso di estrogeni sintetici che presentano, sovente, effetti collaterali”.
Il Professor Casentino è molto impegnato a livello internazionale ("stiamo supportando l'università di Montevideo nello studio di una pianta molto comune in Uruguay che conterrebbe un principio attivo utile nella cura di malattie neurologiche come l'ischemia o patologie degenerative come il morbo di Parkinson”) anche se gli piacerebbe lavorare sulla flora locale, al fine di trovare elementi utili a migliorare la qualità dei prodotti locali: "Questo tipo di relazioni sono ancora in fase embrionale - commenta il docente dell'Insubria - ma sarebbe importante sostenere un lavoro che dia valore aggiunto ai beni tipici, partendo proprio dalle ricchezze locali” .

06/14/2007

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