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A Busto Arsizio si combatte la Sindrome di Rett
I ricercatori del dipartimento di Biologia Funzionale e Strutturale dell’Università dell’Insubria sono impegnati da molti anni nello studio di questa malattia genetica rara e i prossimi 19 e 20 aprile, proprio a Busto Arsiziosi svolgerà un congresso mondiale che radunerà i massimi scienziati in un gruppo di lavoro sulla Sindrome di Rett.
La Sindrome di Rett è una malattia genetica rara. Colpisce una bambina su diecimila. Si manifesta in modo crudele e devastante: a circa due anni di età, quando la piccola è nel pieno della sua crescita, una proteina impazzisce, muta e nel giro di un mese la piccola perde l’uso della parola, della mani, delle gambe. Sfiorisce di fronte all’impotenza dei genitori e, soprattutto, della scienza.
La Sindrome di Rett, però, ha un vantaggio, enorme!
La sua causa ha un nome preciso: il gene “MECP2” che si posiziona sul cromosoma X (per quello è una malattia prettamente femminile, anche se si possono avere rari casi con evoluzioni più drammatiche tra i maschi). Quando questo gene muta è come se la sinfonia armonica che suona nel cervello si spegnesse per lasciare il posto ad un insieme cacofonico di suoni. Il gene è il direttore d’orchestra, quando si spegne, gli strumentisti iniziano a suonare per conto proprio.
Così i comandi che partono dal cervello non vengono più riconosciuti e l’intero corpo ne risente.
Nei laboratori del dipartimento di Biologia Funzionale e Strutturale dell’Università dell’Insubria a Busto Arsizio da sei anni la dottoressa Nicoletta Landsberger, assistita dal 2002 dalla collega Charlotte Kilstrup, sta studiando l’interazione delle proteine all’interno della cellula per capire il meccanismo distorto alla base della Sindrome di Rett: “Dal 1999 sappiamo che la causa è una particolare proteina - spiega la dottoressa Landsberger - Il nostro compito è di capire quale meccanismo porta alla mutazione e, soprattutto, cosa avviene esattamente all’interno del gene dopo quel cambiamento. Le proteine dialogano tra loro, dobbiamo capire che tipo di dialogo si instaura dopo e se c’è il modo di far ripartire le relazioni ‘corrette’ isolando la proteina mutata. Inoltre stiamo cercando di scoprire se ci sono altre disfunzioni che possono spiegare alcune forme della malattia, che non sempre si presenta con gli stessi sintomi e, soprattutto, con la stessa gravità. Recentemente, insieme ai colleghi del San Raffaele, abbiamo isolato un’altra proteina, la CDKL5, presente in casi varianti di Sindrome di Rett dove la MeCP2 non è mutata”.
Le bambine affette dalla Sindrome presentano spesso gravi problemi alla colonna vertebrale, crisi epilettiche, disfunzioni respiratorie e dell’apparato digerente. La vita media, nonostante tutto, è di poco inferiore a quella normale: “Io sono convinta che la malattia non provochi ritardo mentale - commenta con amarezza la ricercatrice - è come se il cervello perfettamente funzionante fosse ingabbiato in un corpo ostile. La dimostrazione è che quando queste bambine si muovono ‘involontariamente’ riescono a farlo, quando dormono non presentano problemi respiratori. Ti parlano con gli occhi, perché è l’unico modo che hanno per farsi capire e i genitori imparano ad ascoltare quello sguardo. Sono proprio quegli occhi, così profondi, a darci la grinta per andare avanti, per lavorare senza sosta: sappiamo che la soluzione è lì, a portata di mano”.
Attualmente quella soluzione non dipende dalla genetica, ancora troppo poco sofisticata per rispondere ai quesiti sul tavolo: “La speranza è riposta nella farmacologia. Si deve cercare quel cocktail in grado di far ripartire la sinfonia nel cervello, una volta “licenziato” il maestro d’orchestra impazzito”.
A fianco delle giovani ricercatrici ( in tutto 7 con un tecnico) da qualche anno c’è l’Associazione ProRett, formata da 150 genitori che credono nella ricerca scientifica: “Abbiamo grande fiducia in questo progetto di ricerca - commenta Roberto Tisato, padre di una bimba di quattro anni, ammalata da due - In Europa non esiste un movimento di sostegno alla ricerca come c’è negli Stati Uniti. Il nostro compito è quello di raccogliere fondi e di fare ‘cultura’. La Sindrome di Rett è conosciuta solo da pochi anni e non da tutti. Siamo fiduciosi che presto la scienza ci fornirà la soluzione, così cerchiamo di raggiungere più ammalati possibile per dimostrare che la speranza c’è ed è concreta”.
La scarsa conoscenza della Sindrome è uno dei motivi per cui, anche a livello internazionale, la ricerca prosegue su canali indipendenti. Un limite che le ricercatrici dell’Insubria vogliono superare: i prossimi 19 e 20 aprile, proprio a Busto Arsizio si svolgerà un importantissimo congresso mondiale che radunerà i massimi scienziati : “Non è stato facile radunare tutti questi studiosi a Busto, in un’università giovane come la nostra - commenta la dottoressa Landsberger - Abbiamo avuto, però, la fortuna di avere come prima adesione quella del dottor Adrian Bird, dell’Università di Edimburgo, il maggiore esperto mondiale. Da lì è stato facilissimo assicurarsi la presenza di altri luminari in settori coinvolti nella ricerca di una risposta alla Sindrome di Rett. Un’occasione unica a cui hanno dato adesione moltissimi ricercatori da tutto il mondo, ma anche molti genitori provenienti dall’Europa. Se iniziamo a collaborare, la soluzione si troverà prestissimo”.
E oggi quel traguardo è diventato ancora più importante: il professor Bird ha dimostrato che la malattia è reversibile, se si riuscirà a trovare la cura, le bambine potranno uscire dalla gabbia che oggi le opprime.
È possibile destinare il 5 per mille al progetto di ricerca: proRettricerca, codice fiscale 9304368 020 1
Ai Molini Marzoli opera il Centro di Biologia Molecolare
Nella seda di Busto dell’Università dell’Insubria, da un anno opera il Centro di Biologia Molecolare, diretto dal professor Gianfranco Badaracco, in cui si coordina l’attività di ricerca dell’Università dell’Insubria, dell’Università degli Studi di Milano e dell’Università degli Studi di Pavia. I tre atenei svolgono un’attività incentrata sulla stabilità del menoma, che ha profonde implicazioni in campo oncologico e in quello delle malattie genetiche.
Il Centro ha ottenuto il finanziamento NOBEL di 7 milioni di euro dalla fondazione Cariplo per sviluppare tre filoni di indagine: Il primo laboratorio è diretto dallo stesso professor Badaracco e si occupa di ricerca di base sulle proteine
Il secondo laboratorio, guidato dalla dottoressa Nicoletta Landsberger, si occupa esclusivamente della Sindrome di Rett, grazie anche il finanziamento di Telethon
Il terzo laboratorio viene gestito dal dottor Bonapace, proveniente dallo IEO, che analizza aspetti di patologia generale focalizzati soprattutto in campo oncologico. |
Ai Molini Marzoli opera il Centro di Biologia Molecolare
Nella seda di Busto dell’Università dell’Insubria, da un anno opera il Centro di Biologia Molecolare, diretto dal professor Gianfranco Badaracco, in cui si coordina l’attività di ricerca dell’Università dell’Insubria, dell’Università degli Studi di Milano e dell’Università degli Studi di Pavia. I tre atenei svolgono un’attività incentrata sulla stabilità del menoma, che ha profonde implicazioni in campo oncologico e in quello delle malattie genetiche.
Il Centro ha ottenuto il finanziamento NOBEL di 7 milioni di euro dalla fondazione Cariplo per sviluppare tre filoni di indagine: Il primo laboratorio è diretto dallo stesso professor Badaracco e si occupa di ricerca di base sulle proteine
Il secondo laboratorio, guidato dalla dottoressa Nicoletta Landsberger, si occupa esclusivamente della Sindrome di Rett, grazie anche il finanziamento di Telethon
Il terzo laboratorio viene gestito dal dottor Bonapace, proveniente dallo IEO, che analizza aspetti di patologia generale focalizzati soprattutto in campo oncologico. |
02/23/2007
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