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Economia ancora sotto il 2%

Le prospettive dello scenario economico, secondo le previsioni dell'economista Paolo Onofri, tra i fondatori dell'Associazione per le previsioni econometriche Prometeia.

Nella foto, da sinistra Giancarlo Besana, Paolo Onofri ed Ercole Cadei a Varese, in occasione dell'incontro-dibattito "Scenari economici: difficoltà e prospettive"Lo scenario internazionale nel 2004-'05 si caratterizza per il rapido sviluppo dell'Asia, per il diverso contributo della politica economica nelle tre maggiori aree e per gli squilibri negli Stati Uniti; elementi che determinano una crescita più elevata rispetto al biennio precedente, ma implicano una maggiore fragilità del contesto economico internazionale.
L'espansione dell'Asia trainata da Cina e India sta sostenendo la crescita delle aree industrializzate e degli scambi commerciali, ma con aumenti rilevanti nei prezzi delle commodity. In Cina, la volontà politica di spingere per uno sviluppo rapido e diffuso del paese tenderà a confermare l'Asia come il motore della crescita mondiale anche nei prossimi anni. Stanno, tuttavia, emergendo tensioni inflazionistiche che rendono probabili interventi restrittivi della politica economica e aumentano il rischio di una brusca frenata dell'economia, con effetti negativi a livello mondiale.
La recente debolezza del dollaro è stata accompagnata da un accumulo di riserve in dollari delle banche centrali asiatiche per evitare un apprezzamento delle valute nazionali. Il rischio è che una loro eventuale ricomposizione possa innescare una crisi del dollaro, come all'inizio degli anni '70 a seguito del rallentamento del processo di industrializzazione in Europa. Nel 2001-'03 la politica economica negli Usa ha sostenuto la crescita ma non ha evitato la formazione di bolle sui mercati mobiliari e immobiliari; il debito delle famiglie, il deficit estero e quello pubblico si sono ulteriormente ampliati. Il 2004 beneficerà ancora degli impulsi espansivi: il Pil crescerà al 4% (3.1% nel 2003). Nel 2005, una politica economica meno lasca per frenare l'ampliamento degli squilibri e la bassa creazione di posti di lavoro che caratterizza l'attuale fase di ripresa concorreranno al rallentamento del ritmo di crescita (3.0%).
Lo sviluppo di Stati Uniti e Asia trainerà le esportazioni europee con riflessi sulla domanda interna, consentendo una crescita del Pil intorno all'1.3% nel 2004 e al 2.1% nel 2005. Gli incerti segnali di ripresa nella prima parte del 2004 pongono dubbi sui tempi per arrivare a questo risultato.
Anche in Italia, dopo i dati deludenti del 2003, le informazioni più recenti confermano la difficoltà ad avviarsi verso una ripresa decisa: per i primi due trimestri dell'anno la crescita del Pil sarà ancora sostanzialmente piatta (0.2%). La nostra economia, che condivide con l'Europa la fase di prolungata stasi, sembra presentare gradi di incertezza ancora maggiori, legati sia allo stato della domanda interna sia, soprattutto, alla tenuta delle esportazioni. Ciò nonostante è sulla domanda internazionale che continua a poggiare la previsione di una uscita dalla stagnazione: nella seconda parte dell'anno le esportazioni torneranno a crescere a tassi più sostenuti, innescando un ciclo positivo anche per i beni d'investimento, mentre si ridimensionerà la cautela dei consumatori. Nella media del 2004 il Pil crescerà allo 0.9%: un risultato mediocre che richiede, per essere realizzato, un superamento in tempi brevi della fase di debolezza. Dal prossimo anno la crescita dell'economia italiana accelererà, ma rimarrà mediamente inferiore al 2%. Le famiglie continueranno ad essere caute nelle decisioni di spesa: pur in presenza di una crescita del loro reddito disponibile, la sua distribuzione è più ineguale e si associa a condizioni del mercato del lavoro più incerte (più lavoro autonomo, più lavori flessibili) e a più incerte prospettive pensionistiche. Gli investimenti in macchinari smetteranno di contrarsi, ma la capacità produttiva è ancora ampiamente inutilizzata; quelli in costruzioni rifletteranno il rallentamento del lungo ciclo espansivo delle abitazioni. Scarso sarà il contributo delle opere pubbliche, vincolato dalle esigenze di contenimento del bilancio. D'altro canto, l'elevato debito pubblico limiterà a lungo gli spazi per interventi di sostegno all'economia e l'accumularsi di perdite di competitività limiterà il contributo estero alla crescita.
Quest'ultimo problema ha radici lontane ma si è accentuato di recente: per la prima volta nel dopoguerra le esportazioni italiane sono cadute per due anni di seguito (2002-'03), ma è dal 1996 che perdono quote di mercato sul commercio mondiale. Se nell'ultimo biennio l'apprezzamento dell'euro e il rallentamento ciclico potrebbero essere considerati i maggiori responsabili, il confronto con le performance degli altri paesi dell'area euro segnala che le cause vanno ricercate nelle peculiarità della nostra struttura produttiva che, diversamente da quella dei maggiori paesi europei, si caratterizza per la relativa staticità e per la specializzazione nella produzione di beni ad elevata intensità di lavoro e tecnologicamente poco avanzati, più sensibili alla agguerrita concorrenza dei nuovi paesi industrializzati. L'analisi settoriale e geografica delle esportazioni italiane nei mercati internazionali (cfr. Prometeia, Rapporto di Previsione di giugno 2003 e di marzo 2004) mostra la costante presenza della Cina nei settori in cui l'Italia è stata maggiormente penalizzata, diversamente da Germania e Francia. Fra questi (calzetteria, piastrelle, ceramiche sanitarie, biciclette, elettrodomestici bianchi, mobili, marmi, calzature sportive), vi sono i settori tipici del nostro modello di specializzazione. Inoltre, altro fattore di fragilità è la diversa composizione merceologica della nostra offerta rispetto a quella della domanda mondiale: i beni la cui domanda sta crescendo molto rapidamente (ICT) rappresentano una quota poco rilevante nella nostra struttura produttiva, mentre sono molto presenti quei beni la cui domanda sta crescendo poco o addirittura diminuendo.
Sia la competitività che la composizione sono problemi riconducibili ad una tipologia di struttura produttiva troppo concentrata su beni "maturi".

05/06/2004

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