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A carte scoperte

A Villa Recalcati di Varese, cinque installazioni di altrettanti artisti per celebrare cinque secoli di carta. Foreste di carta, lettere d'amore e altre fantasiose elaborazioni che arrivano a forgiare e lavorare questo materiale come fosse bronzo.

Medhat Shafik - Canto epico, 2002, impronta con carta a manoLa creatività di cinque artisti, espressa da altrettante installazioni, è stata chiamata a misurarsi con un materiale, quello cartaceo, parimenti amato nella storia dell'arte da pittori e scultori. L'occasione nasce dall'interesse che l'ente Provincia intende richiamare sul tema attraverso un convegno, curato da Renzo Paolo Corritore, che si terrà il 21 aprile 2005 presso Villa Recalcati "Cinque secoli di carta. Produzione, commercio e consumi della carta nella Regio Insubrica e in Lombardia dal medioevo all'età contemporanea", realizzato in collaborazione con l'Università dell'Insubria di Varese e il Centro Internazionale di Ricerca per le Storie Locali e le Diversità Culturali.
La mostra "A carte scoperte", curata da Metamusa, anticipa dunque l'avvenimento fissando l'attenzione, grazie al divertissement offerto dalle cinque installazioni, sull'importanza storica del prodotto carta in un territorio che ha raggiunto livelli qualitativi (si pensi alla raffinatissima carta Varese) e quantitativi di primo piano. Di tutto riguardo i nomi degli artisti, Pino Di Gennaro, Luca Scarabelli, Medhat Shafik, Valdi Spagnulo e Giorgio Vicentini, scelti per la loro conosciuta e apprezzata frequentazione con il materiale cartaceo, congeniale, sia direttamente sia attraverso lavorazioni e trasformazioni particolari, alle loro creazioni. E di sicuro effetto è l'impatto tra l'ambiente settecentesco della villa e le elaborazioni fantasiose degli autori delle installazioni che invadono l'intero spazio del salone centrale di quello ch' era stato, ai tempi della Varese della belle époque, il rinomato Hotel Excelsior. L'allestimento evidenzia una voluta e sottolineata continuità di dialogo tra le installazioni, che s'insinuano tra spazio e spazio, tra colonna e colonna, perché è importante per gli artisti che s'avverta la ricerca dell' accomunante colloquio tra opere che sbocciano, pur da sensibilità diverse, da un medesimo, e tanto vitale, materiale. Si va dall'imponente arte della "Foresta" di Di Gennaro, allievo prediletto da Arnaldo Pomodoro, che lavora la carta con la stessa plasticità ieratica del bronzo, conferendole il senso della caducità del tempo ma anche della ricerca dell'infinito, ai riferimenti linguistici di Luca Scarabelli, che portano alla Color Field Pianting americana e a Joseph Beuys e Gonzalez-Torres. "Economia, spreco ed ecologia - sottolinea Erika La Rosa in catalogo - sono racchiusi nella installazione di Scarabelli 'Ieri' dove una serie di alberi percorre senza rispetto per la prospettiva centrale il perimetro del foglio, duplicato ossessivamente 20.000 volte. Un vero e proprio giardino di carta con diverse varietà di piante che si disseminano nello spazio con pigne collocate a terra in più punti. La lateralità e il bordo diventano il luogo privilegiato dove si proietta l'attenzione, ma è il vuoto centrale che rimanda alla vera natura della carta: alla pagina bianca che è parola, a ciò che una fibra può diventare. E' la danza della natura intorno alla vertigine dell'uomo." Di Giorgio Vicentini è "Lettere d'amore". Realizzata con polimero, e matita e acqua su carta Amartruda di Amalfi, questa recentissima opera di Vicentini è ispirata a una esperienza umana, raccontata con la levità e la fantasiosità che contraddistinguono da sempre l'appassionata ricerca dell'artista. L'antica carta amalfitana è il delicato supporto su cui s'imprime indelebile il messaggio d'amore, ma tutto il racconto dell'incontro, dall'innamoramento al legame ormai consolidato, si snoda per passaggi diversi, affidandosi ora a frammenti di carta che precipitano a terra (segno dell'io che cede all'altro parte di sé), ora a carte che trattengono più definitive e preziose tracce.
Incantevole è anche il lavoro "Canto Epico" (del 2002) di Medhat Shafik, egiziano nato nel 1956 a El Badari, in Italia dal 1976. Leon d'oro alla Biennale di Venezia nel 1995 e Grand Prix della IX Biennale Internazionale de Il Cairo del 2003, Shafik lavora tra Milano e Il Cairo. Evidenti, nel suo modo di forgiare il supporto cartaceo come materia scultorea, i rimandi all'antica arte e alla cultura della sua terra, evocanti atmosfere, colori, silenzi e magie desertiche. Segno tangibile di tale nostalgia è la presenza della sabbia che fa da milieu all'installazione.
Spagnulo, artista e architetto, nei suoi "Progetti per scultura", ricorda il lavoro dell'alchimista. Tratta la carta scaldandola con la fiamma, vi applica polvere di ferro e smalti, la segna e percorre con tracce di grafite e con filo di ferro. Le offre insomma una veste più ricca e sfavillante con cui presentarsi, lasciata quella di semplice impasto di fibre vegetali e cellulosa, nel mondo dell'arte.

A carte scoperte
Pino di Gennaro, Luca Scarabelli,
Medhat Shafik, Valdi Spagnulo e Giorgio Vicentini
Villa Recalcati, Piazza Libertà 1, Varese
12 marzo- 8 maggio 2005

02/25/2005

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