La tassa sul rifiuto che non c’è

Come reagireste se qualcuno vi chiedesse di pagare per un servizio che non vi ha fornito? Se, tanto per dire, il ristorante di fronte a casa vostra provasse a chiedervi il pagamento del conto anche se

Come reagireste se qualcuno vi chiedesse di pagare per un servizio che non vi ha fornito? Se, tanto per dire, il ristorante di fronte a casa vostra provasse a chiedervi il pagamento del conto anche se non avete mangiato da lui. Anche se la cena che avete appena finito di consumare sulla vostra tavola fosse il frutto dei vostri fornelli. Il paragone è forse forzato, ma rende l’idea di ciò che hanno dovuto affrontare e ancora affrontano alcune aziende. Cose strane dal mondo delle tasse, dove tutto fa brodo pur di fare cassa. Come in tema di tassa rifiuti. Che la gran parte dei Comuni, anche in provincia di Varese, applica non solo alle famiglie e ai negozi, ma anche alle imprese con siti produttivi. Giusto direte voi. Così come le abitazioni private anch’esse loro producono rifiuti. Vero, il problema però è che quei rifiuti, cosiddetti speciali perché risultato di un’attività manifatturiera, le aziende se li smaltiscono da soli e a proprie spese. Senza appoggiarsi al normale servizio di raccolta delle società municipalizzate. Da qui una recente risoluzione del Ministero dell’Economia che ha fatto chiarezza e bloccato il paradosso. Come? Con l’esclusione dell’applicazione della Tari alle aree produttive, ai magazzini e alle aree scoperte asservite alle attività produttive (ad esempio depositi all’aperto).  Una vittoria dagli importanti effetti in termini di risparmio per le imprese. Per alcune delle quali potrebbe anche valere più della recente riduzione dell’Irap sul costo del lavoro decisa dal Governo.
 

Molti comuni fanno pagare la Tari anche alle imprese industriali e artigiane che già smaltiscono in proprio gli scarti produttivi. Ma ora una risoluzione del Ministero dell’Economia ha bloccato l’applicazione. Ma le amministrazioni locali si adegueranno? Il rischio di numerosi contenziosi

Ecco, dunque, a cosa servono ancora i cosiddetti corpi intermedi: a difendere le aziende, in questo caso, dai paradossi  della burocrazia. La recente risoluzione del Ministero dell’Economia è, infatti, il frutto di una battaglia intrapresa da un’azienda industriale associata a Confindustria Bergamo. Realtà sostenuta dal Sistema Confindustria che ha sollecitato con forza, fino ad ottenerlo, l’intervento del Dicastero di via XX settembre. Una battaglia combattuta a suon di lettere con gli amministratori locali anche dalla stessa Unione degli Industriali della Provincia di Varese. Una pressione fatta per contrastare quella che è una tendenza generalizzata nei Comuni anche del Varesotto di far pesare la Tari sulle attività economiche non produttrici di rifiuti urbani. Come per esempio un’industria meccanica, tessile, chimica o plastica.
Facciamo dunque dei semplici calcoli per capire la portata della questione. Per una piccola azienda di 4 dipendenti e 400 m2 situata in un comune medio/grande dove la tariffa Tari è pari a 1,30 euro a m2 il risparmio della non applicazione sarà pari a 520 euro. Un calcolo reale, pur coprendo con l’anonimato sia il Comune, sia l’impresa in questione. Così come quello relativo a una media azienda di 140 dipendenti con 7mila m2 tra magazzini e siti produttivi. Realtà situata in un Comune medio/grande che applica una tariffa di 4,30 euro a m2. In questo caso il risparmio ammonterà a 30.100 euro. Infine, il caso di una grande realtà produttiva di 400 dipendenti e 21mila m2, situati in un piccolo comune dove la Tari ammonta a 0,9 euro. In questo caso il guadagno per l’imprenditore sarà di 18.900 euro.  
Cifre importanti, dunque, quelle in ballo. Per questo, a fine 2014, l’Unione Industriali, per firma del Direttore Vittorio Gandini, ha scritto a tutti i Sindaci dei Comuni dove è presente un’impresa associata. Una missiva che rappresenta solo l’ultima tappa di una corrispondenza che va avanti a più riprese ormai da un anno. Obiettivo: verificare l’allineamento dei regolamenti emanati in materia di tassa rifiuti con le sopracitate indicazioni ministeriali, con la richiesta, se necessario, di provvedere ad un tempestivo adeguamento. Ora, infatti, il rischio è che qualche Amministrazione non provveda ad adeguarsi alla disposizione del Ministero dell’Economia. Di fronte all’effettiva esigenza di rinsaldare i magri bilanci, la tentazione potrebbe essere quella di giocare un po’ sulla non conoscenza delle imprese della nuova risoluzione, un po’ sulla mancanza di voglia delle imprese, di fronte al bollettino della Tari, di contestarlo aprendo un contenzioso. Come dire: faccio prima a pagare che imbarcarmi in un braccio di ferro.
 

La non applicazione della Tari per una media impresa del Varesotto può comportare un risparmio di oltre 30mila euro all’anno

Nella lettera, però, l’Unione Industriali, oltre a chiedere, in pratica, #piùcoraggio agli amministratori, ha  manifestato la disponibilità della propria Area Fisco di avviare consultazioni con i Comuni per consentire una migliore ed efficace applicazione della disposizione di legge sulla determinazione delle superfici tassabili e per evitare all’origine l’insorgere di inutili e defatiganti contenziosi tra le imprese e le Amministrazioni Comunali che non si adeguino alle indicazioni ministeriali. Contenziosi durante i quali la stessa associazione datoriale è disposta a sostenere le aziende.
In particolare, la risoluzione del Ministero dell’Economia ribadisce che le aree sulle quali si svolgono le lavorazioni industriali o artigianali, dalle quali derivano prevalentemente rifiuti speciali già smaltiti in proprio dalle aziende senza nessun intervento delle imprese municipalizzate, non sono soggette ad imposizione. Ciò anche tenuto conto che la presenza umana determina la produzione di una quantità non apprezzabile di rifiuti urbani assimilabili. Non deve pertanto ritenersi corretta l’esclusione da tassazione della sola parte di superficie occupata dai macchinari, in quanto l’esclusione dal prelievo deve riguardare tutte le superfici specificamente destinate all’attività produttiva. Cosa che fino ad oggi non sempre è avvenuta, appunto.
L’esclusione da imposizione delle superfici utilizzate per le lavorazioni costituisce, dopo l’intervento interpretativo del Ministero voluto da Confindustria, un principio generale. Ciò vuol dire che la non applicazione della Tari è estensibile anche a magazzini e ad aree scoperte, legati al ciclo produttivo dove si creano rifiuti speciali. Aree che devono considerarsi, dunque, anch’esse intassabili.

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