Il focus di apertura di questo nuovo numero di Varesefocus, il primo dopo la pausa estiva è, in quanto tale, dedicato al tema del ritorno alla quotidianità. Siamo di nuovo ai blocchi di partenza della nostra routine. Settembre è come gennaio. Un mese fatto di promesse, aspettative, propositi, previsioni. Tutti aspetti che abbiamo, come nostro uso, voluto affrontare da diversi punti di vista. Tra il serio e il faceto. Dai consigli per una ripartenza del lavoro in pieno equilibrio psicofisico, alle attese economiche dei prossimi mesi. Passando per il suono della prima campanella del nuovo anno scolastico, per le sfide che attendono Confindustria Varese nell’attività di rappresentanza delle imprese, per l’analisi di ciò che ci possiamo augurare come tifosi delle squadre del nostro territorio nelle varie discipline sportive e per i suggerimenti di atleti e personal trainer per permetterci di essere coerenti con i buoni propositi di attività fisica che spesso accompagnano il rientro dalle vacanze, già in vista della prossima prova costume.
Tra le tante voci e informazioni che abbiamo raccolto, sarebbe opportuno che al lettore non sfuggisse un dato, magari non strettamente legato al tema principale dell’inchiesta, ma che tanto racconta delle capacità, troppo spesso sottovalutate, della nostra industria. Nel cercare di capire quali saranno i trend economici e produttivi che caratterizzeranno i prossimi mesi, abbiamo analizzato le previsioni del Centro Studi di Confindustria. E tra le tante rilevazioni, ci ha colpiti quella riguardante le proiezioni sugli investimenti. Non stupisce tanto il pronostico di un balzo che essi faranno nella seconda parte dell’anno. Tutte le imprese erano in trepida attesa dei decreti attuativi del Piano Transizione 5.0 del Governo e ora che ci sono, pur tra le preoccupazioni per il difficile accesso agli incentivi e per i tempi stretti di azione, è lecito aspettarsi una crescita della spesa delle aziende per nuovi macchinari e impianti. A richiamare la nostra attenzione sono stati, però, dei numeri che offrono una diversa narrazione del nostro sistema-Paese e delle sue imprese. Non è vero che siamo un’economia che non innova. Non è vero che in Italia non si fa ricerca e sviluppo. I dati ci dicono che autoflagellarsi su questi fronti di impegno dà una visione distorta di ciò che siamo.
Siamo un Paese che grazie alle sue imprese ha investito negli ultimi anni più di ogni altra economia europea. E anche alla voce ricerca e sviluppo pochi fanno meglio di noi. Dalla fine del 2019 ad oggi i nostri investimenti sono cresciuti del 35,6% in più rispetto ai livelli di tutta l’Eurozona. E di tutto questo stock di risorse dedicate agli investimenti fissi messi in campo dall’Italia, il 57,9% è venuto dalle imprese private. L’altro restante è stato sostenuto dagli acquisti di case delle famiglie (con una quota del 27% grazie al superbonus) e per il 15,1% dal settore pubblico. Nella specifica voce degli investimenti in ricerca e sviluppo facciamo ancora meglio. Qui abbiamo investito nell’ultimo quadriennio il 41,5% in più rispetto all’Eurozona. Addirittura, il 20,9% in più della Germania, il 9,5% in più della Spagna. Solo la Francia ci supera. Nei confronti di Parigi siamo sotto del -2,5%.
Cosa ci dicono questi numeri? Innanzitutto, che serve una narrazione diversa della nostra economia, la cui immagine troppo spesso è affossata dal nostro stesso pessimismo e da un confronto politico giocato più sui problemi da risolvere piuttosto che sulle risorse da valorizzare. Per esempio, l’industria. E poi che, se vogliamo nei prossimi mesi puntare su un ritorno ad una crescita importante, dobbiamo dare vita ad una politica economica e industriale che sappia sostenere questa capacità di investimento delle imprese, da cui può trarre beneficio tutto il Paese. Tra i buoni propositi per l’autunno dovremmo inserire anche questo.