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Peso, disco, giavellotto e martello: queste le 4 discipline di atletica leggera, in cui la Pro Patria Arc di Sacconago sforna da anni talenti, grazie alla guida tecnica del Presidente della polisportiva, Gian Mario Castaldi. Ma come si diventa medaglie d’oro di questi sport? Con tanto impegno e una preparazione che può durare anche 10 anni

5 secondi, forse anche uno di meno: 4. Un lampo. Qualcosa che dura poco, pochissimo. Ma che deve sfiorare la perfezione. E per trasformare quei 4/5 battiti dell’immaginaria lancetta dei secondi, bisogna lavorare anni. Circa 10, per diventare un atleta di alto livello di lancio del martello. L’atletica è la grande madre sotto la cui ala protettiva sono raggruppate le 4 discipline di lancio: peso, disco, giavellotto e appunto il martello. Che si chiama così poiché deriva da un’antica disciplina nella quale vinceva l’atleta che gettava un vero e proprio martello, come quello utilizzato dai fabbri, più lontano di tutti. La versione “primitiva” di questo sport è praticata ancora oggi negli Highland Games, i tradizionali giochi scozzesi. A Busto Arsizio, anzi a Sacconago, alla pista di atletica e casa della Pro Patria Arc, invece, crescono i campioni della moderna disciplina di lancio. Sotto la guida tecnica, ma anche umana, di Gian Mario Castaldi, Presidente della polisportiva, allenatore delle discipline di lancio ed ex martellista con un occhio di riguardo per chi in pedana va con l’attrezzo che conta una testa metallica di forma perfettamente sferica, un cavo costituito da un filo d’acciaio ed un’impugnatura.

Sotto la sua guida tecnica sono cresciuti Marco Lingua, che nel 2008 ha conquistato la sua prima Olimpiade (Pechino) e Giacomo Proserpio, uno dei migliori martellisti italiani. Oltre a Matteo Masetti, campione olimpico di giavellotto alle Deaflympics, ovvero i Giochi olimpici silenziosi per atleti sordi. Non solo. Da poco si sono laureati Campioni Regionali, proprio a Busto Arsizio, Filippo Migliano e Paola Castaldi nel martello maschile e femminile e Ilaria Villa nel disco donne. Tre atleti “targati” Pro Patria, cresciuti sotto la guida del maestro, ma che hanno disputato le prove con le divise delle società di Saronno e Cus Pro Patria Milano. Nel palmares del tecnico ci sono anche 18 partecipazioni in nazionale, 9 titoli italiani e 59 titoli regionali conquistati con atleti allenati da lui. Ma torniamo a quei pochi secondi in cui il martellista deve trovare il giusto equilibrio tra forza, potenza, velocità, coordinazione, tecnica e convogliare il tutto nell’esplosività finale che trova l’apice nel momento in cui le mani mollano la presa e affidano al volo la sfera metallica. Un battito di ciglia dietro al quale c’è tantissimo lavoro. E prima ancora l’intuizione di chi, nel bambino che inizia a fare atletica, ha già intravisto le doti del lanciatore di martello. “Sono stato un atleta, anzi un velocista – spiega Castaldi – poi con l’Università ho interrotto l’attività e dopo qualche anno ho ripreso. Non avevo più il fisico per la corsa e così ho iniziato con i lanci. Un giorno il mio allenatore, in vista di una gara, mi ha convocato per il martello”. Già, perché nel vasto panorama dell’atletica, in una società, sono pochi quelli che si dedicano ai lanci. E tra questi sono pochissimi quelli che scelgono la disciplina del martello.“Infatti – continua Castaldi – non ci sono gare fino ai 14 anni d’età. A Busto però facciamo eccezione. Quando individuo un atleta che ha le potenzialità, iniziamo a lavorare per questa disciplina. Interiorizzare i movimenti è importantissimo e quindi bisogna iniziare da giovanissimi”.

Castaldi: “Quando individuo un atleta che ha le potenzialità, iniziamo a lavorare per questa disciplina. Interiorizzare i movimenti è importantissimo e quindi bisogna iniziare da giovanissimi”

Castaldi, per capire chi può avere un futuro, guarda due cose negli atleti: i piedi e gli occhi. “I piedi perché devono essere velocissimi e gli occhi perché solo lì si può vedere se in quel ragazzo o in quella ragazza brucia il sacro fuoco per l’atletica. Del resto, il martello richiede allenamenti tosti e per molti anni”. Ovvero: gli amici vanno in giro a divertirsi e l’atleta si deve allenare, facendo molta attenzione all’alimentazione e “sacrificando” parte del tempo libero dopo gli impegni scolastici, per dedicarsi alla disciplina sportiva. “Per preparare un martellista di livello – continua Castaldi – servono 10 anni”. Un’eternità se si pensa ai pochi secondi in cui tutto si consuma. Ma la preparazione è articolata e “ci si dedica ai lanci fin da subito”. E in pedana che si apprende la tecnica. “Possiamo dire che la preparazione di un martellista prevede 3 fasi. Quella con gli attrezzi. I più pesanti servono per migliorare la forza, i più leggeri per aumentare la velocità di esecuzione. Poi bisogna lavorare in palestra con i pesi sulla forza e sulla potenza, poiché conta quanti chili si sollevano, ma anche quanto velocemente li si sollevano. Infine, c’è tutta la preparazione in pista con corsa, scatti, salto a ostacoli”. Non ci si annoia, insomma. E, anche se nella fase del lancio in pedana si è soli, in gara la presenza degli avversari si fa sentire e la classifica è il vero convitato di pietra. Non c’è simultaneità nel martello come invece può accadere con la corsa. E non ci sono resistenza, costanza e strategia come succede nelle lunghe distanze come i 10mila metri. E ancora, non è detto che vinca il più forte. Nel martello solo chi sa lanciare va più lontano degli avversari. “Tutto vero – conclude Castaldi – ma chi è in gara ha ben presente tutto ciò che succede attorno a lui e soprattutto, anche se in pedana ci va da solo, sa bene come sono posizionati i suoi avversari”.  


Matteo Masetti e Gian Mario Castaldi



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