Giovanni Borghi, Giuseppe Panza, Carluccio Pozzi, l’istallazione realizzata per l’aeroporto di Malpensa e la capsule collection in collaborazione con Fazzini: questi sono solamente alcuni dei committenti e delle famose opere dell’artista varesino, noto per il suo stretto legame con il mondo industriale. In mostra, nello spazio espositivo della Fondazione Stelline di Milano dal 22 dicembre 2023 al 7 gennaio 2024, 20 quadri con soggetti dell’ultima produzione di Lumen e 15 Sfere in vetro di Murano
Difficile dire se sia l’arte a prevalere o il lavoro nel percorso di ogni artista che sia davvero tale. Perché lo stesso coinvolge, e divide, corpo e anima tra l’uno e l’altro. Il labor, la fatica, è condizione essenziale per seguire un cammino di impegno, a volte sofferenza, che solo in grazia di tanta dedizione conduce in alto, alla levità dell’arte che ne consacra l’opera e il nome. Il percorso di Vittore Frattini si è mosso così, tra vita quotidiana e ricerca, tra impegno e leggerezza, proprio com’è la sua anima, tosta e gentile. Un uomo di fede molto mite, che lavora nel silenzio, come lo definisce con affetto il figlio Max. E che solo in questa bolla di solitudine poteva concepire le sue creature di luce, i Lumen nati dalla sua fantasia. Figlio d’arte, nasce nello stesso anno, il ‘37, in cui suo padre, Angelo Frattini, pittore e scultore di ottima mano, vince il concorso per l’opera “Il cavallo alato”, destinata a ornare la facciata del Palazzo varesino oggi sede della Camera di Commercio e di Confindustria Varese, nel cuore della Città Giardino. Forse in conseguenza di questo auspicio astrale Vittore sceglierà lo stesso mestiere d’artista, diplomandosi in Pittura a Brera nel 1961 con Domenico Cantatore. Compiendo però un percorso davvero unico e in anticipo sui tempi, che, intrapreso negli anni ‘60, ancora oggi lo conduce a lavorare e progettare. Si accorse di lui Giuseppe Panza, imprenditore e collezionista, estimatore della sua opera, che trovò nei quadri di Frattini, nei suoi nastri di colore accesi Lumen (esposti per la prima volta alla galleria Montrasio di Monza nel ‘74) il seme luminoso che anche lui aveva scelto come fil rouge della sua intera collezione.
L’ultimo progetto di Frattini è la rassegna prevista nel prestigioso spazio espositivo della Fondazione Stelline di Milano, sostenuta da Regione Lombardia e curata dai figli Max e Sara. Saranno in mostra, dal 22 dicembre 2023 al 7 gennaio 2024, 20 quadri con soggetti della sua ultima produzione di Lumen e 15 Sfere in vetro di Murano. A proposito dei Lumen così raccontava già nel 1971 Luigi Carluccio: “La materia, già nella sua sostanza, è leggera, quasi impalpabile. Le impronte che può lasciare si sovrappongono le une alle altre nell’ordine naturale della loro apparizione. I colori, pur così reali, sembrano nascere spontaneamente da un lievito di fantasia. Ma soprattutto il mondo veduto dall’alto sembra far coincidere in una sola materia d’immaginazione tutti gli aspetti della natura. Le spiagge, le montagne, le valli, gli estuari immensi compaiono come tante delicate varianti di uno stesso moto di crescita, di espansione e di rinnovamento, che è il moto stesso della natura”. Per Domenico De Chirico la creazione delle sue opere, dai Lumen fatti di colori acrilici luminescenti fino alle Sfere di Murano, “sembra farsi da sé. Come se ogni particella di cui sono fatte avesse appena trovato la luce e quell’istante avesse trovato la sua eterna ripetizione”.
La nostra è terra di industria per eccellenza, che rapporto ha avuto la sua arte con il mondo industriale?
Nella mia attività rientrano diverse opere eseguite su commissione. Ho lavorato, ad esempio, per Giovanni Borghi, patito degli sport che ha sempre sostenuto. E contemporaneamente era anche attento agli artisti del territorio. Mi chiese di realizzare un’opera scultorea come premio per un torneo di basket, il Trofeo Napoli. Si intitolava “Schiacciata a canestro”. Era il ‘68. Quella volta chiamai in soccorso mio padre, ero alle prime armi e la schiacciata in creta, un po’ difficoltosa per me, grazie al tocco di papà Angelo risultò perfetta. Se ne fecero due copie in bronzo nella prestigiosa fonderia Battaglia, dov’erano di casa Francesco Messina e Floriano Bodini.
Borghi ne fu certamente soddisfatto.
Era quanto desiderava. E io a mia volta l’ho sempre ammirato per il suo impegno nello sport. Proprio a Borghi mi era stato chiesto di dedicare, anni fa, un’opera pubblica, una scultura da collocarsi nei pressi del Palazzetto di Masnago. “Genio, lavoro e amore per lo sport” sono le parole impresse nella scultura del monumento. Mi servivo naturalmente della mia consueta arte, fatta di linee e geometrie: un elemento tondeggiante, rappresentante il pallone ed elementi lineari, come fossero raggi di una bicicletta realizzati col metallo usato per i frigoriferi della Ignis. L’ultimo bozzetto originale della grande scultura posizionata a Varese, si trova sul Lungolago di Gavirate, a memoria di un imprenditore che ha fatto tanto per il territorio. E che degli artisti si è sempre dimostrato amico.
Il grande mosaico del ‘93 realizzato con Luigi Veronesi fu un’altra committenza varesina importante.
Il committente questa volta era Carluccio Pozzi, costruttore e caro amico. Pozzi, lo voglio ricordare, contribuì anche a restaurare l’edificio del nascente Liceo Artistico varesino in viale Milano, (intitolato ad Angelo Frattini, ndr) che ho avuto l’onore di veder nascere e dirigere per anni. Mi ricordo che ero molto affascinato da Veronesi perché, pur avendo già un’età avanzata, lavorava con l’agilità e il vigore di un ragazzino alla realizzazione del grande mosaico, una composizione di pietre rare e colori forti e contrastanti. E mi chiedevo se anch’io alla sua età sarei stato in grado di fare altrettanto.
L’opera per Malpensa, “Grande V”, altro importante lavoro su commissione, quella che tutti i frequentatori dell’aeroporto possono vedere, ha richiesto molto impegno?
Sicuramente è stata una delle opere più impegnative eseguite su committenza, nel 2002. Alta 13 metri, pesa 10 tonnellate. E dunque ha richiesto un lavoro enorme di progettazione e installazione. E tempi lunghi di realizzazione. La mia famiglia ha contribuito, come sempre, ad affiancarmi. Mia figlia Sara si è occupata dei tanti disegni. A distanza di tempo l’opera necessiterebbe però di qualche lavoro di ripulitura e mantenimento.
E oggi quali legami intrattiene la sua arte con l’industria?
Oggi è mio figlio Max che, partendo dal mio lavoro, mi propone nuovi progetti. I Lumen, mi ha fatto notare, stanno bene anche su piatti e tessuti d’arredo in genere. Così è nata una capsule collection con Fazzini di Cardano al Campo che ha prodotto runner per la tavola, cuscini e placemat (set di due tovagliette, ndr). Si trovano ancora al bookshop del Museo Maga di Gallarate e anche in quello di Villa Panza a Varese. Invece con il Laboratorio Paravicini di Milano abbiamo realizzato una collezione di 12 piatti con motivi diversi chiamata Orizzonti. I colori e le vibrazioni hanno le stesse caratteristiche che ho messo da sempre nelle mie opere.
Prodigioso è il lavoro su vetro di Murano che da tempo sta portando avanti e che sarà presente anche nella prossima mostra alle Stelline.
Sì, con il vetro di Murano posso giocare magicamente, creando un mix fantastico tra le combinazioni cromatiche che prediligo e la tradizione locale, che a sua volta si sbizzarrisce lavorando su colori, forme e trasparenze. Mi appoggio ad un formidabile maestro vetraio che, per dar seguito alle mie richieste più stravaganti, usa i suoi segreti, come l’antica tecnica a sommersione, che permette la creazione di vortici di luce e colore. La mostra milanese darà l’idea anche di tutto questo lavoro.