La fascia prealpina è terra di dinosauri, dai ritrovamenti scientifici di rilevanza mondiale. Come quelli del Saltriosauro e del Besanosauro. Due rettili accomunati dal fatto di essere varesotti

La provincia di Varese è patria di dinosauri? Ebbene sì. Non è necessario raggiungere il deserto di Gobi o le immense pianure dell’Argentina per ritrovare dinosauri di 200-230 milioni di anni fa. Ma basta percorrere le aree tra Besano e Saltrio, distanti pochi chilometri, per immergersi in un mondo “che fu” che ci riporta a quando grandi rettili marini e dinosauri avevano iniziato a dominare il pianeta. Negli ultimi anni si è venuta a creare un po’ di confusione circa l’identità dei fossili scoperti in queste terre e allora cerchiamo di fare ordine. 
Recentemente il paleontologo Cristiano Dal Sasso del Museo Civico di Storia Naturale di Milano ha definito le caratteristiche di quello che veniva chiamato con il soprannome di Saltriosauro, ma che scientificamente è stato definito Saltriovenator, che sta a significare “cacciatore di Saltrio” e che in base alle rocce in cui è stato rinvenuto si può affermare che visse 199 milioni di anni fa. Le prime parti fossilizzate del dinosauro vennero alla luce nel 1996 quando le scoprì Angelo Zanella in un giacimento di fossili proprio vicino a Saltrio, mentre era alla ricerca di ammoniti.

Il Saltriosauro è stato ribattezzato scientificamente Saltriovenator, nome che sta a significare “cacciatore di Saltrio”. In base alle rocce in cui è stato rinvenuto si può affermare che visse 199 milioni di anni fa

Gli studi, iniziati fin da allora, hanno permesso di portare alla luce un certo numero di frammenti fossilizzati dell’animale che però non hanno dato modo di stimarne con precisione le dimensioni. Il confronto con esseri simili ha permesso a Dal Sasso di capire che era lungo almeno 7-8 metri, pesava più o meno una tonnellata e quando morì doveva avere un’età di circa 24 anni. Questo lo rende il più grande teropode (un gruppo di dinosauri per lo più carnivori) conosciuto del suo tempo. 
“Si tratta del primo vero dinosauro scoperto in Lombardia – spiega Dal Sasso –, ma il ritrovamento non si limita ad un record italiano; si tratta di un record mondiale, in quanto è il più antico e più grosso ceratosauro (dinosauri predatori a quattro dita) del Giurassico inferiore.

L’importanza di questo dinosauro comunque, va ben oltre a tutto ciò, in quanto mostra caratteristiche che lo collegano all’evoluzione che portò alcuni dinosauri a diventare uccelli. Va detto che la scoperta più clamorosa è arrivata dallo studio della ‘mano’ del dinosauro”, prosegue Dal Sasso. “Abbiamo potuto stabilire infatti, che aveva tre dita con grossi artigli e un quarto dito che stava scomparendo. Queste tre dita sono state ereditate nelle ali degli uccelli”. 
è possibile che l’esemplare studiato da Dal Sasso sia morto sulle rive di una spiaggia prima di essere trasportato in mare dove subì l’attacco di invertebrati marini e dove la maggior parte delle ossa vennero disperse prima che venissero avvolte da sedimenti e fossilizzassero al loro interno. 

Il Besanosaurus era un rettile marino lungo circa 6 metri con un corpo che ricordava quello dei delfini dei nostri giorni. Possedeva delle pinne che assomigliavano a pagaie

Ancora più antico del Saltriovenator è il Besanosaurus Leptorhynchus, il cui nome sta a significare “Lucertola di Besano dal becco sottile”, la quale visse nel Triassico medio, un periodo compreso tra 247 e 235 milioni di anni fa. Venne anch’esso individuato da un gruppo di appassionati di fossili nei pressi di Besano. Ma ad occhio nudo si vedeva solo una piccola porzione del fossile stesso e così ci vollero quasi 150 radiografie ai raggi X per capire cosa contenevano le 38 lastre di rocce che vennero portate alla luce. Una volta resosi conto della scoperta ancora una volta Dal Sasso iniziò a studiarlo dopo averlo estratto dalle rocce. Un’operazione che richiese circa 16.500 ore di lavoro. Le ricerche permisero di capire che si trattava di un rettile marino lungo circa 6 metri con un corpo che ricordava quello dei delfini dei nostri giorni. Possedeva delle pinne che assomigliavano a pagaie con le due anteriori grandi circa il 15 per cento in più rispetto alle posteriori. Sembra che avesse un comportamento natatorio simile a quello delle anguille, ossia procedeva con una rapida accelerazione iniziale per poi muoversi a velocità moderata. Lo studio delle caratteristiche delle rocce in cui venne scoperto ha permesso di capire che l’animale viveva lungo le coste dell’antico oceano Tetide, il grande mare che a quel tempo separava l’Africa dall’Europa. Il rostro affusolato e piuttosto sottile e i piccoli denti fanno pensare che andasse a caccia di prede di dimensioni contenute, probabilmente dei molluschi. L’eccezionalità del rettile scoperto vicino a Besano sta anche nel fatto che si è capito che era una femmina in attesa di piccoli, in quanto, attraverso le costole, sono stati individuati i fossili di quattro embrioni e questo fa pensare che i Besanosauro fossero ovovivipari, ossia incubavano le uova nel corpo della madre le quali si schiudevano nel momento del parto. 

I grandi rettili e dinosauri italiani non si fermano al Besanosauro e al Saltriosauro, ma sono molti di più: dal Neptunidraco Ammoniticus, scoperto vicino a Verona, un rettile marino affine ai coccodrilli vissuto 165 milioni di anni fa, a Ciro rinvenuto a Pietraroja (Benevento), un cucciolo di dinosauro che visse 113 milioni di anni fa e che conserva fossilizzati anche gli organi interni, solo per fare due esempi. E poi ci sono decine di impronte di dinosauri sparsi un po’ qui e un po’ là in Italia, che rendono il nostro Paese un “Jurassic Park” con tanti segreti ancora da scoprire. 



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