Se nei primi 20 anni di presenza sul territorio la sfida di KPMG è stata quella di far crescere la cultura finanziaria del tessuto imprenditoriale locale, nei prossimi la partita si gioca su un altro terreno: quello della sostenibilità. Ciò che non cambia per lo studio di consulenza di corso Matteotti è l’obiettivo finale: “Essere partner delle imprese e crescere insieme ad esse”

‘‘Prima mi fece vedere la sua ultima creazione, un macchinario enorme che aveva come destinazione finale l’America Latina. Un gioiello di ingegneria. Poi mi mostrò i conti. I bilanci mai certificati. E mi colpì il fatto che non aveva idea di quale fosse l’esatto ammontare del debito accumulato dall’azienda”. Che di lì a poco fallì. “Ricordo che mi disse: avrei dovuto chiamarvi almeno sei mesi fa. Pensai che se lo avesse fatto insieme avremmo salvato l’impresa e nel giro di due anni avremmo anche parlato di possibili progetti di crescita e acquisizioni”. Non serve svelare il nome dell’imprenditore in questione per comprendere la morale dell’aneddoto dell’Equity Partner di KPMG, Ivan Spertini: non basta essere grandi uomini di prodotto per garantirsi il successo sul mercato. Al fiuto imprenditoriale, all’ingegno, così diffuso all’ombra delle Prealpi, si deve affiancare la cultura finanziaria, da anni elemento essenziale per conquistare la necessaria competitività aziendale. Ne è passato di tempo da quell’episodio. E tutto il sistema industriale varesino ne ha fatta di strada. Tra i suoi compagni di viaggio, da circa 20 anni c’è proprio l’ufficio di KPMG nel pieno centro di Varese. Era il 2001. “Sbarcammo su questa piazza con un obiettivo: essere dei partner per le imprese del territorio. Crescere insieme a esse”. All’inizio i clienti si contavano sulle dita di due mani. Oggi sono ben oltre 100. E a Spertini si affianca l’altro Equity Partner: Paolo Rota, uno dei primi laureati alla LIUC – Università Cattaneo. Sintesi perfetta del motto dell’ateneo: il luogo dell’alta formazione delle imprese per le imprese. 

“In questi anni – spiega Spertini – pensiamo di avere partecipato alla crescita della cultura aziendale del territorio. Lo abbiamo fatto con i nostri eventi, collaborando con le due Università, facendo al loro interno docenza, lavorando insieme ai migliori professionisti, curando pubblicazioni. Ma soprattutto mettendo a disposizione delle imprese le nostre persone”. Bussare alla porta di KPMG, nel salotto di corso Matteotti, vuol dire accedere non solo agli uffici varesini e ai suoi stretti collaboratori, ma a una struttura di 5mila persona in tutta Italia e a una rete internazionale radicata in 150 Paesi nel mondo. Alla ricerca di cosa? Non solo di un audit di bilancio che rimane una delle principali attività che KPMG mette a disposizione delle imprese. “Ciò che offriamo alle aziende con la nostra attività è soprattutto credibilità”, confida Spertini. Non solo per accedere al credito bancario grazie al bollino di garanzia di KPMG sui conti aziendali. “Ormai la valutazione esterna di un’impresa serve anche per rimanere all’interno delle catene di fornitura, per avere rapporti con le multinazionali, per spuntare le migliori condizioni dal proprio fornitore da una parte e i propri clienti dall’altra”. Analisi di business plan, operazione di merger and acquisition, passaggi generazionali, governance, check-up e sistemi controllo interno. E poi ancora i fronti dei beni intangibili (valorizzazione intellectual property, patent box), internazionalizzazione (check-up transfer-pricing e doganale, sedi estere). Impossibile elencare tutti i servizi offerti. “Ci sono gli obblighi normativi che sempre di più richiedono certificazioni e audit esterni alle aziende. Ma è anche il mercato a spingere le imprese ad avere come partner realtà come KPMG”, spiega ancora Spertini. In questi venti anni dall’ufficio varesino di KPMG sono usciti fior fior di manager, consulenti, imprenditori. Oltre 200 professionisti che dopo un’esperienza di qualche anno a stretto contatto con le aziende del territorio hanno poi spiccato il volo, diventando loro stessi titolari oppure lavorando negli studi professionali e finanziari agli ultimi piani dell’Empire State Building e a Wall Street. O che sono oggi a capo dell’Italian Desk a Shangai di una delle principali banche italiane.

“Abbiamo voluto contribuire a dare impulso ai percorsi di crescita del territorio coltivando la cultura finanziaria del sistema produttivo. La diffusa capacità di fare impresa di questa provincia è indiscussa. La storia e il presente sono lì a dimostrarlo, anche in un momento difficile come l’attuale. Ma i mercati sono sempre più complessi. Da qui il nostro ruolo di trasferire competenze sul fronte della finanza d’impresa”, racconta Paolo Rota. Non si tratta solo di numeri e bilanci. Il nuovo fenomeno si chiama rendiconto di sostenibilità. “Con cui tutte le imprese dovranno misurarsi nei prossimi anni”, continua l’Equity Partner di KPMG. Analizzare le performance aziendali non solo con il conto economico ma anche attraverso i parametri internazionali di sostenibilità, spiega Rota, “è un percorso modulare per guardarsi allo specchio, avere un benchmark oggettivo con cui confrontarsi sul mercato, definire strategie”.

Non si tratta semplicemente di raccontare in maniera diversa, con una mano di “green”, la propria attività. “La responsabilità del bilancio di sostenibilità – è il consiglio di Rota – deve essere del Cfo o dell’Ad piuttosto che del marketing. È uno strumento di comunicazione, certo. Ma quello arriva dopo. Prima bisogna lavorare sulle informazioni non finanziarie dell’azienda, sulla sua governance”. Insomma, il consiglio gratuito che arriva dagli uffici di KPMG è chiaro: “Se oggi dovessi suggerire un investimento ad un’azienda le direi di investire sul bilancio di sostenibilità”, dice Rota. Con tutto ciò che ne comporta. “Se le imprese non saranno green - precisa il concetto Spertini - nei prossimi anni vedranno precludersi l’accesso ai contributi europei, perderanno occasioni di accesso al credito, rischieranno il posizionamento nelle catene di fornitura e si faranno sfuggire occasioni di valorizzazione della propria azienda”. 

Se nei suoi primi 20 anni la sfida di KPMG  a Varese è stata di aumentare la cultura finanziaria del tessuto imprenditoriale, nei prossimi si giocherà, dunque, sul terreno di un’altra cultura. Quella della sostenibilità. Ogni epoca presenta alle imprese il proprio sentiero da percorrere. Il segreto è sempre lo stesso: anticipare i tempi e, possibilmente, scompaginare le carte. “Varese lo ha nel Dna”, racconta ancora Spertini. “Come quella volta che come KPMG cominciammo a seguire un’impresa del territorio che doveva essere acquisita da un’azienda americana”. L’epilogo fu opposto: “Alla fine fu l’azienda varesina a inglobare quella di Oltreoceano”. Anche in questo caso, non serve svelare il nome. Vale il concetto: nulla è impossibile al made in Varese. 



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