Dagli anni Venti fino agli anni Sessanta del Novecento solo un’azienda al mondo macerava e riciclava le pellicole dei film in bianco e nero ricavandone argento e celluloide. A raccontare la storia di questi pionieri dell’economia circolare è un cortometraggio del famoso regista e sceneggiatore Luigi Comencini dedicato alla Benigno Marcora di Olgiate Olona. Oggi a ripercorrere le tappe di questa storica impresa è una mostra realizzata dagli studenti del liceo artistico di Busto Arsizio e allestita al Museo MA*GA di Gallarate

C’è chi, esattamente 100 anni fa, praticava già l’economia circolare. Protagonista di questa impresa secolare è stata un’azienda varesina: la Benigno Marcora, nata a Busto Arsizio e successivamente trasferitasi ad Olgiate Olona. Unica realtà industriale al mondo che dagli anni ‘20 agli anni ‘60 del Novecento si occupò del macero e del riciclo delle pellicole dei film in bianco e nero e dei cinegiornali che venivano trasformate in argento e celluloide. L’attività della Benigno Marcora è stata raccontata intorno agli anni ‘50 in un cortometraggio di Luigi Comencini dal titolo “Il museo dei sogni” diventato anche un vero e proprio film, un lungometraggio intitolato “La valigia dei sogni” firmato dallo stesso famoso regista e sceneggiatore italiano. Le riprese, fatte all’interno degli stabilimenti aziendali, descrivono in che modo “muoiono” i film, come raccontava la voce narrante di allora nello spiegare il primo gesto di scomposizione manuale delle pellicole che avveniva a colpi di ascia. Oggi, dopo quasi settant’anni, la storia si ripete.

A raccontarla, però, questa volta, sono gli studenti del terzo anno del Liceo Artistico Candiani di Busto Arsizio che insieme all’artista Jacopo Rinaldi in collaborazione con il Dipartimento Educativo del MA*GA, presenteranno gli esiti del laboratorio a metà settembre all’interno della mostra Academy Young. Partendo proprio dalle scene di Comencini, gli studenti hanno prima disegnato e poi trasformato in immagini visive alcune parti del cortometraggio. “Abbiamo realizzato un workshop di animazione - spiega Rinaldi -. Una prima attività di laboratorio è stata fatta direttamente al museo insieme agli studenti. Successivamente c’è stata una parte più teorica”. Il lavoro sarà destinato a rimanere all’interno della collezione del MA*GA. “Le riprese del cortometraggio sono state convertite in disegno e dopo trasformate in brevi immagini animate. I ragazzi si sono recati fisicamente al museo per capire come esporre il lavoro - continua Rinaldi -. Ma si sono anche calati nelle vesti di giornalisti per conoscere la storia dell’impresa Marcora e per poterla descrivere visivamente”.

Narrare il tessuto del territorio varesino ripercorrendone le tappe storiche e industriali è lo scopo del progetto artistico. Ma da dove comincia la storia della Benigno Marcora? “L’attività di riciclo dell’azienda di famiglia ha origini molto lontane – racconta Riccardo Marcora, nipote del fondatore Benigno -. Tutto è iniziato con il lavoro imprenditoriale del mio bisnonno. L’impresa si occupava di riciclare materiali ferrosi”. Il bisnonno di Marcora, infatti, aveva ritirato dopo la Prima Guerra Mondiale una grossa partita di maschere antigas. Da queste poteva riciclare le parti in alluminio. “Bruciava il materiale in un forno e poi ne ricavava il metallo”. Un giorno, però, per effetto del gas residuo presente all’interno della maschera, il forno bruciò. Da quel momento la famiglia Marcora decise allora di smontare a mano le maschere. Quello che rimaneva erano alte pigne di lenti. “Mio nonno Benigno che valorava per il Calzaturificio Borri di Busto Arsizio sapeva come riciclare le lenti da vista”. Vaschette, pettini, penne, montature di occhiali, puntali per le scarpe e stringhe sono alcuni esempi di ciò che si poteva ricavare dal riciclo delle maschere antigas.

Ma come si riciclava una pellicola?  “Veniva separata la celluloide dal bisolfuro di argento con cui veniva impressa la pellicola in bianco e nero. La celluloide veniva utilizzata per fare vernice e nelle calzature, mentre il bisolfuro, una volta trattato, dava argento allo stato puro”

Dopo questa intuizione, Benigno partì per Milano per cercare di vendere i materiali. Grazie ad un disguido con il venditore, l’azienda bustocca scoprì che dalla cellulosa, ricavata appunto dalle lenti, si poteva guadagnare molto. “Grazie a questa scoperta mio nonno iniziò a recuperare e poi vendere la materia prima”. Viaggiando in lungo e in largo per l’Italia e il mondo, Benigno scoprì che anche le pellicole dei film in bianco e nero potevano essere riciclate. Di lì a poco il secondo colpo di fortuna. La parte nera delle pellicole era fatta di bisolfuro di argento. “Dopo aver lavato la pellicola, si ricavava una fanghiglia di polvere nera, simile a quella dei fondi del caffè. Una volta trattata, veniva rivenduta a quei commercianti e gioiellieri che negli anni ‘20 avevano il monopolio dell’argento”.

Il core business dell’azienda bustocca era ormai avviato. La famiglia acquistava pellicole e cinegiornali da tutto il mondo, principalmente dagli Stati Uniti. Erano gli anni del boom di Hollywood. Dopo il primo conflitto mondiale, se da un lato il cinema europeo subì una grande crisi, quello americano visse di successi immensi, arrivando a produrre circa il 90% dei film di tutto il globo. Era il fratello di Benigno a fare i viaggi d’affari. Per molti mesi stava lontano da casa, ma prima di rientrare “riempiva navi intere di milioni di metri di pellicole” racconta Riccardo Marcora. Insieme alle pellicole c’erano poi tutti i cinegiornali che dopo una settimana nelle sale cinematografiche erano considerati vecchi. “Si teneva qualche copia per l’archivio, mentre tutto il resto passava dall’azienda di mio nonno”.

Ma come si riciclava 100 anni fa una pellicola? “Veniva separata la celluloide dal bisolfuro di argento con cui veniva impressa la pellicola in bianco e nero. La celluloide veniva utilizzata per fare vernice e nelle calzature, mentre il bisolfuro, una volta trattato, dava argento allo stato puro. Per questi due prodotti l’azienda non aveva mai produzione sufficiente a soddisfare la domanda – spiega Marcora -. In totale, nel corso degli anni, l’impresa è arrivata ad avere fino a 170 dipendenti”. La pellicola cinematografica è un materiale altamente infiammabile. Per questo motivo l’azienda originaria di Busto Arsizio fu costretta a spostarsi a Olgiate Olona. Gli incendi, infatti, erano all’ordine del giorno. Proprio per questo “gli uffici erano lontani dai capannoni per motivi di sicurezza”. Gli stabilimenti operativi dell’impresa furono costruiti a blocchi, “in questo modo quando scoppiava un incendio era possibile arginarlo subito senza che questo compromettesse l’intero reparto produttivo”.

L’attività della Benigno Marcora tramontò con l’avvento della pellicola a colori. “L’introduzione del colore ridusse al minimo la presenza di nero e, quindi, di bisolfuro di argento”. Anche la celluloide nel frattempo è cambiata. “Una volta era una materia ricercata e utilizzata per vernici, adesivi e calzature. Nel tempo il supporto per i film è cambiato molto”. L’evento del digitale fa il resto. Nel corso degli anni l’attività produttiva aziendale si trasforma e si specializza nella lavorazione, colorazione e commercializzazione delle materie plastiche. A guidare l’impresa, che mantiene il nome originario fino al 2018, è il figlio di Benigno, Silvio Marcora. Fino alla sua morte e con essa anche quella del business e la trasformazione di un’epica storia d’impresa in arte pura.  

 

Cos’è l’Academy Young

Academy Young è un progetto finanziato dal bando “La Lombardia è dei giovani” promosso da Regione Lombardia per sostenere le attività di espressione, ricerca, formazione dei giovani nel campo culturale. Le azioni sono proposte da 11 partner che lavorano in sinergia per proporre eventi con e per i giovani tra i 15 e i 34 anni per aumentare le competenze, la partecipazione attiva e la capacità progettuale di qualità nell’ambito delle professioni creative e dell’industria culturale. 



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