squadra_2.jpg

Nata dall’idea di 4 fratelli, cresciuti insieme con i propri figli a pochi metri dal laboratorio in cui si producono tubi per l’edilizia, l’impresa bustocca nel corso degli anni si è trasformata, rimanendo sempre fedele ai principi di sostenibilità ambientale dei suoi fondatori. Tra i principali business dell’azienda, la produzione di compound in granuli, nati dalla rigenerazione di prodotti in plastica 

Quattro famiglie cresciute insieme. Da una parte, i genitori intenti a portare avanti, con grandi sacrifici, un’azienda nel Secondo dopo guerra. Dall’altra, i loro figli che giocano a pochi metri dal laboratorio in cui si producono tubi per l’edilizia. Questo il quadro descritto da Roberto Pariani, Ceo di Laborplast Spa, nel libro intitolato “Casa e bottega” (edito da Bramante Editrice), in cui si narra la storia dell’impresa nata nel 1958 in un piccolo stabilimento di Sacconago, una frazione di Busto Arsizio, dall’idea di 4 fratelli. “Si giocava e si lavorava nel poco spazio che c’era – precisa Pariani –. Si può dire che io sia cresciuto a braccetto con il lavoro di mio padre, uno dei fondatori dell’azienda e mi sono appassionato a tal punto da volerlo portare avanti a mia volta”. 


Ed è proprio grazie all’ingresso in azienda negli anni ‘70 della seconda generazione, di cui Roberto fa parte, che la Laborplast, partita da un piccolo estrusore per il riciclo del Pvc destinato al settore edile, pian piano ha iniziato a guardare anche al mondo dell’industria, indirizzando la propria produzione verso la realizzazione di tubi in plastica per utilizzi differenti, come ad esempio per avvolgere imballaggi flessibili. Oggi sono 3 i principali filoni di business dell’azienda, che per i due terzi destina i suoi prodotti al mercato nazionale e un terzo a quello estero, soprattutto in Europa e in alcuni paesi dell’Africa: il più importante è quello dei tubi (in gergo, anime) presenti all’interno delle bobine, si passa poi alla produzione di compound in granuli e a quella di semilavorati in Pvc, soprattutto per il settore petrolchimico. “Per realizzare tubi in Pvc – spiega il Ceo di Laborplast – si parte dalla materia prima, ovvero il compound. Anni fa ci siamo resi conto che riciclare internamente questo tipo di materiale potesse essere una scelta vincente e di valore per i nostri clienti. Abbiamo perciò iniziato a dare vita e a rigenerare le piccole scaglie provenienti da manufatti di plastica frantumati, affinché diventassero la base di nuovi prodotti”. La riposta del mercato è stata immediata. “La capacità di Laborplast di riciclare il Pvc e di mettere questo know-how al servizio di altre realtà ha contribuito grandemente alla crescita aziendale: siamo partiti da una linea di granulazione di Pvc riciclato, oggi ne abbiamo 5”, ribadisce Pariani.


Più di 60 dipendenti, 30.000 tonnellate di materia prima processata, 6.500 chili di capacità produttiva oraria, 12 linee di produzione: questi i numeri dell’impresa bustocca che, da bottega, si è trasformata negli anni, rimanendo sempre fedele ai principi di sostenibilità ambientale dei suoi fondatori. “Il culto del riciclo è nel nostro Dna da sempre. Per Laborplast essere sostenibili significa, prima di ogni altra cosa, prestare attenzione a cosa e a come si produce e farlo con estrema consapevolezza. È per questo motivo che oltre il 70% della gamma dei nostri prodotti viene realizzata con una percentuale di materiale riciclato compresa tra il 30 e il 90% della componente polimerica – racconta di nuovo Roberto Pariani –. Da decenni, l’industria europea del Pvc è impegnata ad aumentare i livelli attuali di recupero e riciclo di questo materiale. Numerosi studi internazionali hanno dimostrato che riciclare il Pvc porta ad un risparmio di energia, fino a -90% rispetto alla produzione di Pvc vergine e ad un minor inquinamento da anidride carbonica, contribuendo ad immettere nell’ambiente 2kg di CO2 in meno ogni kg di Pvc recuperato”. 
La lotta ai cambiamenti climatici per Laborplast passa anche attraverso numerose azioni concrete, come ad esempio la realizzazione, su base volontaria, di uno studio Life Cycle Assessment (Lca) per valutare l’impatto dei propri prodotti sull’ecosistema oppure la piantumazione di una foresta di 400 alberi tra Camerun, Colombia, Ecuador, Guatemala, Kenya, Madagascar e Tanzania, grazie all’adesione al progetto “Let’s green the Planet” di Treedom. O ancora la partnership con Operation Clean Sweep® (OCS), programma internazionale che coinvolge la filiera produttiva del settore della plastica e che ha lo scopo di ridurre la dispersione nell’ambiente di polveri, compound e fibre provenienti dalle fasi di produzione, trasporto e gestione di prodotti in plastica. 


Non solo attenzione all’ambiente, ma anche alle proprie persone. Laborplast ha, infatti, di recente, portato a termine un progetto, realizzato da Servizi Confindustria Varese Srl insieme a Soluzioni Srl, volto al miglioramento delle competenze trasversali e al consolidamento di una nuova cultura aziendale centrata su salute, sicurezza e sviluppo sostenibile. Attraverso incontri formativi e un’analisi approfondita di valori, aspetti tecnici, normativi e organizzativi, la progettualità ha contribuito a creare un ambiente di lavoro più sicuro e a promuovere comportamenti proattivi. “Comunicare al meglio non è sempre semplicissimo: questo corso ci ha permesso di prendere in esame e sviluppare questo aspetto della vita in azienda. Ciò che ci è stato trasmesso, ci sta aiutando a migliorare determinati aspetti. È stato mio figlio, terza generazione d’impresa, ad occuparsi di questa bella iniziativa che sta dando buoni frutti”, conclude Pariani.  



Articolo precedente Articolo successivo
Edit