Investimenti nella formazione, accademy aziendali, collaborazioni con università come la LIUC: per le imprese varesine la sfida non è solo quella di saper individuare nuovi talenti, ma anche di attrarli e farli crescere. Le nuove competenze richiedono ambienti smart

Evoluzione e progresso sono due facce della stessa medaglia che accompagnano da secoli lo sviluppo economico e sociale dell’uomo. Il progresso tecnologico ci ha proiettati in un futuro che solo fino a venti anni fa era inimmaginabile. Il cambiamento è dunque insito nella natura del lavoro, sia esso relativo ai valori, alle competenze e alle professioni. E oggi più che mai il cambiamento va analizzato e affrontato da diversi punti di vista: le nuove tecnologie, la globalizzazione, i nuovi mercati, le recenti crisi economiche e finanziarie. Ma soprattutto alla luce delle più recenti trasformazioni tecnologiche, basti pensare al cambiamento introdotto dai principi dell’Industria 4.0, il lavoro sta subendo un profondo mutamento, che coinvolge in primo luogo la conoscenza e la trasmissione delle competenze e delle conoscenze professionali. A cambiare sono i mestieri, le professioni e le tradizioni che da decenni le distinguevano. Una trasformazione che ha dunque ripercussioni non solo sul mercato e sulle sue logiche, ma anche sulle tipologie di lavoro e sulla vita sociale dei lavoratori. Scenario che emerge in tutta la sua complessità ogni volta che si affronta il tema del sapere che cambia durante un convegno. Come “SmartLand – La Lombardia del futuro”, un roadshow organizzato da Gruppo 24 Ore, Regione Lombardia e Confindustria Lombardia che ha tenuto la sua prima tappa alla LIUC – Università Cattaneo

Rinaldo Ballerio, Elmec: “Per permettere alle persone di dare il meglio di sé occorrono investimenti in ambienti di lavoro migliori e stimolanti. Servono smart building. Noi lo facciamo con un’impostazione da azienda in Silicon Valley Style”

“La vera sfida per le imprese – spiega Rinaldo Ballerio, Presidente dell’azienda informatica Elmec – è oggi quella di saper individuare i talenti e domandarsi come diventare maggiormente attrattivi nei loro confronti. La risposta che ci siamo dati noi nel nostro settore è di presentarsi il più possibile come azienda dal ‘Silicon Valley Style’. Il che significa avere uno smart building e creare un ambiente di lavoro migliore e stimolante”. L’immagine è un elemento importante. 
Rinaldo Ballerio, inoltre, sulla trasformazione del lavoro in atto aggiunge che “la differenza sostanziale tra ieri e oggi è che una volta al candidato chiedevamo: quali sono le tue competenze? Che cosa sai fare? Oggi, invece, il vero quesito che dobbiamo porci prima di un’assunzione è: cosa sarà in grado di sapere?”

La trasformazione tecnologica in atto, infatti, nasce dal connubio tra digitalizzazione ed automazione portando grandi opportunità di crescita, economica e sociale e anche grandi sfide da affrontare, come la sostenibilità sociale di un nuovo contesto e sistema economico. Nuovi bisogni chiamano nuovi prodotti che sono il frutto, necessariamente, di nuove competenze professionali. Chi sarà in grado di innovarsi, beneficiando delle nuove tecnologie, sarà fruitore di grandi opportunità. Nuove professioni saranno le protagoniste di un prossimo futuro, professioni legate a nuovi processi caratterizzati da cambiamenti qualitativi e quantitativi delle attività lavorative. 

Barbara Colombo, Ficep: “La nostra strategia aziendale è basata su un costante investimento in termini di formazione sul capitale umano, che rappresenta la capacità per un’impresa di svolgere le azioni necessarie per rispondere alle esigenze dei cambiamenti”

Come dimostra l’esperienza di Barbara Colombo, Amministratore Delegato di Ficep, azienda per la quale l’avvento dell’Industria 4.0 ha rappresentato la leva fondamentale per una nuova strategia di sviluppo. “Una strategia – spiega l’imprenditrice – che si basa principalmente su un costante investimento in termini di formazione sul capitale umano che rappresenta, oggi più che mai, la capacità per un’impresa di svolgere le azioni necessarie per rispondere alle esigenze dei cambiamenti”. L’atteggiamento prevalente sembra dunque quello di spostare l’attenzione dalle ricadute negative sul piano occupazionale, alle potenzialità che l’automazione dei processi produttivi comporterà. Sarà fondamentale per le imprese la ricerca di figure professionali in grado di adattarsi e facilitare la trasformazione. 
Il Direttore della Scuola di Ingegneria Industriale della LIUC – Università Cattaneo Raffaella Manzini non ha dubbi: “Se un tempo ad un ingegnere gestionale venivano richieste certe competenze, ora si chiede molto di più: visione sistemica, capacità di valutare l’impatto della tecnologia sulle persone. Sempre più agli studenti si richiede attitudine al cambiamento. In un mondo in cui i gusti dei consumatori cambiano così spesso, l’unico modo di anticipare i problemi è investire sulla conoscenza: irrobustire le radici di un albero per creare nuove foglie forti. I ragazzi vanno adeguatamente valorizzati, in un piano a lunga durata”. Ma come rispondere alla sfida di un contesto che cambia così velocemente? “Investendo sulla didattica, sui metodi di apprendimento, sui laboratori con le imprese. Università e aziende insieme possono intercettare importanti vie di sviluppo”.

É indubbio infatti che le nuove tecnologie rappresentino, oggi più che mai, per le imprese linfa vitale e se da un lato è innegabile che abbiano portato alla sostituzione di molte figure professionali, dall’altra consentono la nascita di sempre nuovi profili. Figure professionali che saranno tanto più richieste, tanto più sarà la loro capacità di offrire soluzioni e attività non garantite dai macchinari, come ad esempio la creazione ed elaborazione di soluzioni e un uso consapevole di internet. La vera differenza con il passato sarà dunque la capacità del capitale umano di generare innovazione e produttività, a fronte di investimenti in formazione e ricerca, dove la chiave per il successo saranno le capacità non sostituibili con quelle garantite dalle macchine. 



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