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La prototipazione si dematerializza. Il capo di abbigliamento nasce come digitale e il file diventa esso stesso un bene intorno al quale prendono vita continui business. Dalla creazione dei nuovi modelli, al marketing, passando dalla gestione commerciale, ai videogiochi, fino alla produzione vera e propria. Il mondo della moda è in profonda trasformazione e tra i pionieri di questo vero e proprio nuovo universo c’è una startup di Gallarate: Futureclo. Il prossimo passo: la rivoluzione dei negozi fisici. Anche lì il virtuale (ma molto reale) bussa alle porte

C’è ma non c’è. La prototipazione si dematerializza e il modello si trasforma in file e così diventa direttamente prodotto. Moltiplicando impieghi, business e potenzialità. Con utilizzi in costante aumento: nella fase creativa, in quella di marketing, nell’e-commerce, nella gestione della produzione senza sprechi, nella creazione di community. Fino al Metaverso e al mondo dei videogiochi. Non ci sono limiti se non quelli della creatività imprenditoriale. Futureclo Srl è l’isola che non c’è (o meglio che non c’era) nella fase di prototipazione della moda. Una startup nata a luglio del 2021 e con sede a Gallarate, in piena espansione. “Il nostro fatturato oggi si aggira intorno al milione di euro, ma la nostra ambizione è di raggiungere la soglia dei 5 milioni, se non dei 10, entro tre anni. E aprirci anche ad investitori esterni, dei business angel possibilmente”. Così spiega German Picco, uno dei due soci fondatori, insieme a Carlo Mantori.

Una realtà, quella di Futureclo, che poggia le basi del proprio business sulla digitalizzazione, ma con radici profonde nell’esperienza del tessile e abbigliamento, quello reale del territorio. Prima laurea in economia a Buenos Aires e seconda all’Università degli Studi dell’Insubria. Poi l’esperienza in un brand storico del territorio: Aspesi, dove German Picco si occupa per cinque anni di supply chain. “Un’esperienza che mi ha permesso di imparare la gestione delle collezioni, dalla nascita fino allo sbocco sul mercato, con gli ultimi due anni passati a pianificare internamente lo sbarco su piattaforme e-commerce”. È lì che nasce l’idea di Futureclo: il salto, la voglia di diventare imprenditore insieme al socio Mantori: “Quello che noi proponiamo alle case di moda sono soluzioni tecnologiche e digitali in grado di creare modelli in 3D dei capi di abbigliamento”. Non dei semplici disegni, su questo German Picco è molto chiaro: “Noi creiamo dei veri e propri capi virtuali a tre dimensioni.

Ascolta "Futureclo e il vestito virtuale" su Spreaker.

Per le case di moda è come avere un prodotto vero e proprio che, però, non è ancora un prodotto. Almeno dal punto di vista fisico. In realtà, però, il capo esiste, con tutte le sue specifiche. Consiste in un oggetto digitale iperrealistico, che tramite smartphone, tablet e app può essere anche indossato”. German Picco, nello spiegarlo, prende il suo iPhone e proietta nella stanza il capo di abbigliamento. Lo fa ruotare. Esiste, ma non c’è. Zuma fino ad entrare nelle trame del filato. Proietta anche una giacca invernale. Sul cappuccio c’è una pelliccia sintetica: “I peli – spiega lo startupper – sono creati uno ad uno dai nostri artisti digitali. Questa non è una fotografia. È un vero proprio capo di abbigliamento creato digitalmente”. Ciò implica impieghi innumerevoli che nel tempo stanno aumentando, andando oltre le stesse idee originarie di Futureclo. “Il nostro obiettivo – racconta Picco – è rendere il processo produttivo del settore moda, dal design fino alla messa sul mercato, più sostenibile, più semplice, più flessibile”.

I modelli digitali sono in grado di staccarsi dai propri gemelli fisici e acquisire vita propria nel mondo del marketing e della comunicazione: “Il file sorgente a livello commerciale ha grandi potenzialità”

A livello di prototipazione, l’effetto delle competenze e delle tecnologie impiegate dalla startup di Gallarate è immediato: “Pensiamo agli sprechi di tessuto che si vengono a generare abitualmente nella fase di prototipazione. Tagli, ripensamenti, uso di diversi materiali fino ad arrivare al capo da mettere sul mercato”. Tutti passaggi che sul digitale richiedono la sola materia prima della creatività e del tempo. La matita digitale crea e la gomma virtuale cancella. Fino ad arrivare al prodotto che German Picco definisce “un digital twin, un gemello digitale del capo di abbigliamento che verrà poi prodotto, acquistato e indossato dal consumatore. Un modello che aiuta le aziende ad essere più sostenibili, più veloci ed efficienti”. Quello di rendere più facile la prototipazione dei modelli è, però, solo un aspetto del “digital twin” di Futureclo che è in grado di staccarsi dal proprio gemello fisico e acquisire vita propria nel mondo del marketing e della comunicazione: “Il file sorgente a livello commerciale ha grandi potenzialità.

Pensiamo ai cataloghi digitali. Il prodotto fisico oggi non è più necessario per partire con la promozione”. In casi estremi e per certe fasce di acquisto il prototipo fisico non serve nemmeno per passare alla fase produttiva. “In alcune circostanze i nostri modelli hanno fatto da apripista per il made in Italy on demand. Ossia le case di moda producono solo i prodotti che vengono acquistati online. Questo attraverso i laboratori, tutti rigorosamente italiani e del territorio, con cui Futureclo ha creato delle partnership”. Niente stock di magazzino: “In questo caso il valore del file, non sta solo nella sostenibilità della fase di prototipazione, ma nella collezione virtuale”. Il futuro dietro l’angolo a cui pensa Futureclo è portare tutto questo dalle piattaforme di e-commerce fino ai negozi reali, “dove nei camerini entreremo – spiega Picco – senza alcun capo da provare. Al posto degli specchi ci saranno dei monitor che ci circondano e che proietteranno la nostra immagine con indosso il capo digitale che vogliamo provare e che si ritaglia alla perfezione sul nostro corpo, davanti, dietro e ai lati. Fino a come cade sulle spalle”. Lo indosseremo senza averlo indossato. Se ci piace lo ordineremo. E poi verrà prodotto e consegnato. 

Ma i modelli digital twin di Futureclo vivono di vita propria già oggi anche sul web: “Alcuni dei modelli che abbiamo creato sono finiti su piattaforme di videogiochi famosi come Fortnite”. E messi a disposizione degli utenti giocatori che possono acquistarli come skin (per i boomer, i vestiti dei personaggi) per i propri avatar. Modelli digitali, per protagonisti di videogiochi digitali, acquistati sul digitale. In Futureclo il reale acquisisce significati diversi e, nel vocabolario dei sinonimi e contrari, non prende i contorni di questi ultimi. O non sempre, comunque. 

“I nostri sono prodotti paralleli al mondo fisico”, chiosa German Picco che, insieme al proprio socio Carlo Mantori, può contare su 7 dipendenti: “Veniamo tutti dal mondo della moda. È questa la nostra forza. Non stiamo calando dall’alto soluzioni digitali ad un settore che non conosciamo, ma in cui siamo cresciuti professionalmente per anni”. È il parco clienti a dare la misura di quanto questa startup si stia radicando sul mercato: “Sono 25 quelli ormai per noi continuativi”, dice Picco. Non tutti possono essere citati. Tra quelli che Futureclo può mettere in bacheca ci sono nomi come Missoni o il brand Maakola, lanciato proprio con il contributo della startup gallaratese durante l’ultima fashion week di New York. E poi il marchio argentino Evangelina Bomparola, Parosh, Luxurytina, il brand di moda tecnica di montagna Vist e il Ricamificio Lusi, tanto per rimanere sul territorio. Realtà della moda internazionale che puntano su quella che Futureclo ha ribattezzato la “digital customer experience”. Qualcosa di sempre più concreto.  



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