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Quali sono le implicazioni etiche delle nostre profilazioni sul web? Quali, le responsabilità di chi le utilizza? Tutto ruota intorno ai concetti di consenso e libera scelta. Ma spesso la semplice firma di un’informativa non basta. Riservatezza e dignità umana sono beni fondamentali, tra loro connessi, prima ancora che dal punto di vista giuridico, da quello antropologico. 

Quando, sulla “Harvard Law Review” nel 1890, fu pubblicato l’articolo di Warren e Brandeis “The Right to Privacy”, nel quale per la prima volta si invocava l‘intervento del legislatore per offrire protezione alla sfera più intima della vita degli individui, era assai arduo immaginare che - 120 anni dopo - i destini umani si sarebbero mossi all’interno di quella che Piero Dominici chiama “la società interconnessa”: una società dominata dalla crescita esponenziale delle opportunità di connessione e di trasmissione di informazioni e dati personali. All’interno della società interconnessa l’atto comunicativo diventa - allo stesso tempo - espressione ed esposizione di sé: espressione in quanto messa in un campo comune (communis) del proprio pensiero e confronto con il pensiero altrui, esposizione perché la scelta di entrare in questo campo finisce sovente per comportare la raccolta e l’elaborazione di preferenze, gusti, passioni, abitudini e informazioni che attengono, per l’appunto, alla sfera più intima dell’individuo. A ciò si aggiunga che anche l’atto partecipativo è oggi allo stesso tempo non solo intervento, ma anche (ancora una volta!) esposizione: il tracking continuo non solo nell’agorà virtuale, ma anche nella piazza fisica (telecamere di sorveglianza, riconoscimento dei volti, Gps sulle auto a noleggio...), comporta una progressiva desertificazione dell’area che si vuole proteggere da intrusioni indesiderate. Si parla dunque di “mercato della privacy”: il prezzo della partecipazione tanto al processo comunicativo quanto a quello partecipativo è rappresentato dal disvelamento del sé e dall’utilizzo di tale disvelamento per scopi non sempre trasparenti. Talora questi sono legati alla e servizi, talaltra essi si legano alla creazione e diffusione del consenso politico, religioso, ideologico, con pesanti implicazioni sulla protezione delle minoranze e dei loro diritti civili. È per questo motivo che il legislatore ha ritenuto di sottrarre la tutela dei dati personali dalla sfera esclusiva dell’etica per introdurla nell’ambito del giuridicamente rilevante: ciò è avvenuto da ultimo con il Regolamento dell’Unione Europea, il cosiddetto Gdpr (General data protection regulation), il
quale si occupa della tutela della persona con riguardo al trattamento dei dati personali attraverso una regolamentazione specifica delle modalità di acquisizione, trattamento e circolazione di questi ultimi. La protezione dei diritti della persona è dunque un obiettivo da garantire giuridicamente soprattutto quando il dato personale passa di “mano in mano”: gli stessi “considerando” del Regolamento Ue ritengono fondamentale che le persone fisiche, proprio in vista della necessità di veder protetta la loro dignità e il pieno esercizio dei loro diritti civili e politici, debbano avere il controllo dei loro dati personali. Il “consenso”, come disciplinato dal Gdpr, è l’elemento cardine attorno al quale ruota la possibilità di trattare legittimamente i dati personali: il trattamento è lecito a condizione che l’interessato abbia “espresso il consenso al trattamento dei propri dati personali per una o più specifiche finalità”. Analogamente, anche il trattamento di quelli che erano identificati

Le premesse del Regolamento Ue sulla privacy (Gdpr) ritengono fondamentale che le persone fisiche, proprio in vista della necessità di veder protetta la loro dignità e il pieno esercizio dei loro diritti civili e politici, debbano avere il controllo dei loro dati personali

come “dati sensibili” e che ora sono ricompresi sotto la definizione di “categorie particolari di dati personali” è consentito laddove “l’interessato ha prestato il proprio consenso esplicito al trattamento
di tali dati personali per una o più finalità specifiche”. Per consenso si intende “qualsiasi manifestazione di volontà libera, specifica, informata ed inequivocabile dell’interessato, con la quale lo stesso manifesta il proprio assenso, mediante dichiarazione o azione positiva inequivocabile, che i dati personali lo riguardano o siano oggetto di trattamento”: esso deve “essere espresso mediante un atto
positivo inequivocabile con il quale l’interessato manifesta l’intenzione libera, specifica, informata e inequivocabile di accettare il trattamento dei dati personali che lo riguardano, ad esempio mediante
dichiarazione scritta, anche attraverso mezzi elettronici, o orale”. Alla luce di quanto finora esposto, pare evidente che esistono alcuni casi in cui il consenso non può essere considerato un “valido presupposto per il trattamento dei dati personali”. Ciò si realizza essenzialmente quando l’interessato non è stato posto nella condizione di effettuare una scelta libera o è nell’impossibilità di rifiutare o revocare il consenso senza subire il pregiudizio, ma anche quando “non è possibile esprimere un consenso separato a distinti trattamenti di dati personali, nonostante sia appropriato nel singolo caso, o se l’esecuzione di un contratto, compresa la prestazione di un servizio, è subordinata al consenso sebbene esso non sia necessario per tale esecuzione”. La questione chiave legata alla genuinità del consenso è che quest’ultimo è un atto personalissimo, che deve essere compiuto con sufficiente cognizione di causa e con piena libertà interiore di scelta: richiede una volontà che deve essere assolutamente non coartata dalla pressione di un altro e non viziata dalla mancanza di adeguata informazione. Tale assunto sembra essere confermato se si tiene conto che il consenso deve essere considerato come un atto giuridico unilaterale di autonomia privata, una manifestazione del libero arbitrio che è diretto alla produzione di effetti giuridici, con cui gli interessati esprimono la loro volontà di esercitare, in modo specifico, la capacità di autodeterminazione loro conferita dalla legge. In quanto atto giuridico di autonomia privata, il consenso è valido se è esente da errore, violenza morale e dolo. È necessario a questo punto chiedersi se tale prospettiva sia idonea a garantire il diritto all’autodeterminazione in ambito di tutela della riservatezza nei confronti di soggetti che appartengono a “gruppi totalizzanti” - religiosi o di altra natura - che limitano pesantemente la vita personale dei loro membri in virtù di norme morali contrarie a quelle giuridiche ma considerate socialmente inderogabili: è peraltro altrettanto necessario chiedersi se tale prospettiva possa garantire adeguatamente anche coloro che, pur non appartenendo ad un “gruppo totalizzante”, non si rendono conto, per mancanza di adeguate conoscenze, dell’importanza che il diritto alla riservatezza ha per la propria vita e per le conseguenze che possono nascere dalla profilazione e dal trattamento dei dati personali. Anche l’ignoranza o la sottovalutazione di queste conseguenze si pongono infatti come una limitazione - per lo meno de facto - della capacità di autodeterminarsi correttamente. È probabilmente anche per questo motivo che il Regolamento europeo prevede una serie di ulteriori condizioni affinché il consenso possa essere considerato valido. Inoltre, la violazione delle disposizioni concernenti i principi di base del trattamento, comprese le condizioni relative al consenso, a norma Gdpr, è soggetta a “sanzioni amministrative pecuniarie”, nonché – ricorrendone i presupposti – al diritto al risarcimento in caso di danno materiale o immateriale. Ulteriore elemento disciplinato dal Regolamento, per l’acquisizione del consenso è la cosiddetta informativa, finalizzata a fornire le informazioni sul trattamento dei dati personali. Al riguardo, infatti, anche i principi per il trattamento corretto e trasparente implicano che l’interessato debba essere “informato del trattamento e delle sue finalità”.

Al di là delle implicazioni giuridiche, è sempre più opportuno che l’etica torni al centro del campo della tutela della privacy, affiancando l’attività del legislatore soprattutto nel campo del rapporto tra trattamento dei dati e intelligenza artificiale

Anche in questo caso, la mancanza di informativa e la violazione delle disposizioni concernenti “i diritti degli interessati” è soggetta alle sanzioni amministrative pecuniarie, nonché al diritto al risarcimento del danno. Ad ogni buon conto, al di là delle implicazioni giuridiche, sarebbe a mio avviso sempre più opportuno che l’etica tornasse al centro del campo della tutela della privacy, affiancando l’attività del legislatore soprattutto nel campo del rapporto tra trattamento dei dati e intelligenza artificiale. Paolo Benanti ha di recente utilizzato il concetto di “algoretica”: uno sviluppo del rapporto tra l’uomo e l’intelligenza artificiale che sappia essere allo stesso tempo inclusivo e rispettoso delle diversità culturali: in questa prospettiva l’etica implica la valutazione, da parte del titolare del trattamento, dell’impatto complessivo che il trattamento dei dati personali compiuto nell’esercizio di attività di intelligenza artificiale può avere sui diritti e sulla dignità degli interessati, a prescindere dalla reale ed effettiva quantità di informazioni di cui questi ultimi possano disporre e della effettiva capacità di autodeterminazione che questi ultimi possano avere. Secondo questa prospettiva, la “Rome Call for AI Ethics” (dove AI sta per Artificial Intelligenze) - firmata alla fine di febbraio 2020 a Roma dalla Pontificia Accademia per la Vita, Ibm, Microsoft, Fao e dal Governo italiano - afferma che è necessario promuovere un uso dell’intelligenza artificiale basato in ogni caso (ed a prescindere dalla effettiva possibilità di autodeterminazione da parte degli interessati) sui principi di trasparenza, inclusione, responsabilità, imparzialità e affidabilità, sicurezza e privacy: riservatezza e dignità umana sono infatti beni fondamentali, tra loro connessi, prima ancora che dal punto di vista giuridico, da quello etico ed antropologico. 

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