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Lo studio degli impatti dei sismi anche di media intensità su edifici più o meno antichi per aumentarne la tenuta. Lo sviluppo di tecniche e strumenti per migliorare gli interventi di soccorso. Le attività di supporto ai decisori politici europei. Continua il viaggio di Varesefocus alla scoperta dei centri di ricerca del JRC di Ispra — seconda puntata

Non c’è nulla da fare, la previsione dei terremoti è di là da venire. Sono molte le strade che si stanno percorrendo per riuscire a predire un evento sismico con qualche ora o giorno d’anticipo, ma al momento quel che può ridurre se non annullare il numero di vittime è solo la prevenzione. Da un decennio a questa parte ogni anno, sul nostro pianeta muoiono mediamente circa 35.000 persone in seguito ai terremoti. E non sempre si tratta di sismi di elevata intensità. Si muore anche quando la magnitudo è relativamente bassa e questo è drammatico perché basterebbe poco per far sì che le costruzioni possano resistere all’energia sviluppata dal sisma. E c’è un altro elemento da sottolineare: spesso un buon piano di intervento subito dopo un terremoto può limitare il numero di persone che muoiono sotto un edificio. Essere tempestivi anche in aree difficili da raggiungere risulta quindi fondamentale per la sopravvivenza di chi è stato colpito da un terremoto. E per tutto questo, ad Ispra, i ricercatori del JRC (Centro Comune di Ricerca) studiano in dettaglio cosa succede alle costruzioni durante un terremoto in modo da definire standard edilizi per edifici più sicuri. Nel Centro si sviluppano anche nuove tecnologie per migliorare la preparazione dei servizi di emergenza e di protezione civile in caso di eventi inattesi.

Quando si costruisce un edificio o una qualunque infrastruttura sono necessari dei parametri da utilizzare per renderli resistenti ai più forti sismi previsti per quell’area. I ricercatori del Laboratorio Europeo per le Verifiche Strutturali (ELSA) di Ispra, hanno come compito quello di studiare gli effetti degli eventi tellurici su fabbricati di qualunque genere, fornendo dati scientifici per l’elaborazione degli standard europei per l’edilizia. L’obiettivo è di realizzare nuovi edifici più resistenti ai terremoti rispetto al passato o adattare e rendere molto più robusti quelli già esistenti. Come? Il laboratorio ELSA è dotato di un “muro di reazione” fra i più grandi del mondo, il maggiore in Europa, che permette di studiare edifici alti fino a cinque piani. Durante le prove, la struttura viene sottoposta a forze che simulano i terremoti, le quali scuotono l’edificio in varie direzioni per mezzo di pistoni idraulici. Si simulano cioè, le onde che scaturiscono da un terremoto mentre un gran numero di sensori e videocamere ad alta risoluzione analizzano e registrano le deformazioni della struttura. Oggi è possibile costruire in modo da resistere anche ai terremoti più violenti e tali studi tendono a migliorare ancor più i risultati già ottenuti. Un altro studio, che per l’Italia è di importanza fondamentale, si concentra su strutture già esistenti e vecchie (si pensi al gran numero di edifici di epoca medioevale ancora abitati nell’Appennino), che sono estremamente vulnerabili anche se sottoposte a terremoti di media intensità. L’obiettivo in questo caso è di definire e approvare sistemi economicamente vantaggiosi per adattare vecchi edifici, usando materiali innovativi e applicando metodologie che li rendano più resistenti ai sismi. Fino a pochi anni or sono si pensava che mettere mano ad edifici vecchi per renderli antisismici fosse quasi impossibile per i costi, ora, grazie anche agli studi dell’ELSA non è più così.

Da un decennio a questa parte ogni anno, sul nostro pianeta muoiono mediamente circa 35.000 persone in seguito ai terremoti. E non sempre si tratta di sismi di magnitudo particolarmente elevata

Quando si verifica un terremoto, ma anche un qualunque altro evento calamitoso è fondamentale che gli interventi siano immediati, coordinati, pianificati e che arrivino subito nelle aree più colpite anche se sono di difficile accesso. Un’altra sfida per il Laboratorio Europeo per la Gestione delle Crisi del JRC di Ispra. È qui infatti che si definiscono le procedure da applicare durante la gestione dell’emergenza, i sistemi di monitoraggio via Internet e altre soluzioni tecnologiche per migliorare la capacità di risposta e reazione in caso di disastri naturali o artificiali. Il laboratorio di Ispra inoltre, opera come supporto e centro di prova per l’ERCC (Centro Europeo per il Coordinamento di Risposta alle Emergenze) che si trova a Bruxelles, il cui compito è quello di garantire l’intervento rapido e coordinato ai disastri sia in Europa che nel resto del pianeta.

 

Quotidianamente l’ERCC pubblica una mappa delle maggiori emergenze sul pianeta. Tali mappe sono elaborate dal JRC e disponibili per tutti sul sito web dell’ERCC. Il valore di questo lavoro lo si capì subito dopo il terremoto che colpì l’Italia centrale nell’autunno del 2016. Non appena verificatosi il sisma, immagini aeree e mappe create dal JRC vennero utilizzate dalla Protezione Civile per una valutazione globale dei danni. Le immagini servirono anche per individuare rapidamente gli edifici non danneggiati che avrebbero permesso alle persone di ritornare nelle loro case dopo poche ore dall’evento calamitoso. Spiega Alessandro Annunziato, capo del Laboratorio Europeo per la Gestione delle Crisi del JRC: “Il nostro ruolo è di tradurre tutte le attività e scoperte scientifiche in un linguaggio comprensibile dai responsabili delle decisioni politiche in Europa. Con la nostra stima dei rischi in caso di catastrofi, gli organi decisionali possono includere nella legislazione europea misure per migliorare gli interventi, limitare i danni e salvare vite umane”. E non per ultimo va ricordato che il JRC ha sviluppato una nuova applicazione mobile di rapporto, da usare sul campo, grazie alla quale, dalle aree disastrate vengono inviate direttamente ai centri di gestione delle crisi le immagini, i video e le registrazioni audio. Questo strumento aiuta a individuare e valutare accuratamente l’estensione dei danni, permettendo anche di intervenire con salvataggi, di migliorare il coordinamento e di avere un’immagine chiara della situazione. 



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