Ci sono aziende che non sono ancora pronte a virare verso l’economia circolare. Questo non dipende solo dalla mancanza di tecnologie, impianti, competenze e potenziali elevati costi negli investimenti. Quello che serve alle imprese per diventare sostenibili è un cambio radicale di mentalità. Servono esempi concreti, come quelli contenuti nel nuovo libro curato dai ricercatori della LIUC sull’economia circolare e il management. Lo studio di un mondo industriale in trasformazione, a partire dalla filiera, passando per la produzione e arrivando poi alla distribuzione, attraverso un sistema di reti logistiche ottimizzate. E se la fonte di ispirazione fosse l’industria trasformatrice dei crostacei?

Implementare l’economia circolare nei modelli di business d’impresa significa riflettere su come le aziende ridefiniscono la loro strategia competitiva, distributiva e promozionale. Così come avviene per i processi logistici. Tutto questo per permettere l’eliminazione o la rivitalizzazione degli scarti, ovvero quei prodotti considerati ormai a fine vita (che non dovrebbero neanche più esistere secondo i principi dell’economia circolare). È questa la premessa su cui si fonda il libro “Economia Circolare e Management: un nuovo approccio industriale per la gestione d’impresa”. Un libro scritto a più mani e nato grazie all’esperienza manageriale dei tre professori della LIUC – Università Cattaneo: Alessandro Creazza, Emanuele Pizzurno e Andrea Urbinati. “L’obiettivo con cui nasce il testo è duplice – spiega Alessandro Creazza, professore associato di Logistica e Supply Chain Management della LIUC -. Se da un lato, infatti, si vuole dare una visione corale sull’economia circolare e su come tutto ciò si declina in ambito manageriale, dall’altro lato, lo scopo è anche quello di aiutare studenti e ingegneri gestionali, presenti e futuri, a capire quale sia la ricetta per rendere un’impresa circolare”. Modelli di business circolari, competenze, tecnologie e reti logistiche ottimizzate sono i macro-concetti approfonditi nel libro.

Quello che manca ancora troppo spesso, nonostante si parli tanto di economia circolare e di sostenibilità, è una nuova visione di business d’impresa. “La componente tecnica nei processi industriali è indispensabile, ma serve un forte cambiamento di mentalità - afferma Creazza -. Molte imprese non sono ancora pronte alla transizione circolare e questo non dipende solo dalla mancanza di tecnologie all’avanguardia, di impianti o di potenziali elevati costi da sostenere”. È indispensabile un cambiamento più radicale. Subito dopo serve un punto di inizio. Un sistema che sia circolare a partire dalla filiera, passando per la produzione e arrivando poi alla distribuzione. In questo modo, secondo Creazza, “avviene una integrazione nella catena del valore”.

La lavorazione degli scarti dei gamberi sarà il fil rouge delle pagine del testo. Protagonista dell’esperimento citato nel libro è un’azienda vietnamita attiva nella trasformazione di prodotti ittici. Ma per quale ragione la produzione di gamberi per consumo alimentare rappresenta un’opportunità considerevole in ottica di economia circolare?  Perché rispetto al totale del volume ittico processato, circa il 40% deriva da by-product, un prodotto secondario che può essere utilizzato per fini differenti rispetto al consumo alimentare umano. In pratica, i by-product che derivano dal gambero sono il carapace e la testa. Ci sono due modi per riutilizzare lo scarto. “Il primo, di basso valore, riguarda la produzione di elementi quali fertilizzanti o mangimi per allevamenti ittici” spiega Creazza. Il secondo metodo è più sofisticato e dona massimo valore al rifiuto e tanto da non essere neanche più considerato tale”. “Da uno specifico trattamento dello scarto del gambero si può ottenere la chitina, il biopolimero più diffuso in natura dopo la cellulosa”.

Risultato finale dell’innovativo processo industriale: da un piccolo granello di “bioplastica” si possono ottenere un’infinita di prodotti destinati a vari comparti. Dall’industria farmaceutica a quella della cosmetica. Passando per la produzione di packaging e componenti per l’industria meccanica. Si parte con le competenze da acquisire, si passa poi al possesso di impianti e tecnologie d’avanguardia e si finisce con un sistema di reti logistiche ottimizzate. Un ciclo chiuso, o circolare. Tanto per restare in tema. Dipende da come lo si voglia interpretare. Prima di terminare il cerchio con il sistema logistico, però, serve sciogliere due limiti. “Il primo è quello legato alla frammentazione della supply chain ittica e di lavorazione dei gamberi”. Tra la catena del valore si posizionano molti attori: allevatori, raccoglitori, importatori ed esportatori. “Se si spezza questa catena di congiunzione vengono meno tutte le opportunità di recupero perché manca coordinamento e condivisione” afferma Creazza. A partire dalla pianificazione e distribuzione e passando per le fasi successive di trattamento dei by-product. Da qui si inquadra il secondo grande limite: il problema del trattamento improprio dei sottoprodotti.

Come è spiegato nel libro, infatti, i by-product ittici, in generale, si deteriorano rapidamente (in media entro quattro ore dal raccolto a temperatura ambiente). “Vista la considerevole distanza dei punti di raccolta dei prodotti secondari dai mercati potenziali, la logistica e le infrastrutture, contribuiscono in maniera consistente a mantenere la qualità”. Un buon sistema logistico permette quindi di preservare i volumi di input e output per la re-immissione del sottoprodotto nel ciclo produttivo. “La logistica dà un notevole contributo e impulso all’economia circolare - racconta Creazza -. Gioca il ruolo di orchestratore per le aziende”. Quello che manca è un collegamento tra il recupero dello scarto e la sua re-immissione nella catena industriale. Le aziende, con il supporto degli operatori logistici, in questo modo possono compiere l’impresa sostenibile. “La logistica è il collante che serve alle manifatture per sostenere questo sistema produttivo. L’economia circolare è uno sforzo per molte imprese, ma logistica e supply management sono i punti di forza su cui puntare”. È in questo ampio quadro che si inserisce il lavoro di sensibilizzazione della LIUC con la scrittura di questo libro. “Abituare e formare studenti e ingegneri a portare nelle aziende modelli e processi di filiera non più tradizionali, ma circolari, è l’obiettivo che ci prefissiamo” conclude il professore Creazza.  



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