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Quali saranno i principali campi di applicazione dell’idrogeno nei prossimi anni? Quali gli obiettivi e le opportunità per l’Italia? Come si stanno muovendo i vari Stati per l’impostazione dei necessari piani nazionali di investimento? Continua il viaggio di Varesefocus nella nuova filiera energetica a emissioni zero. A fare da bussola, questa volta, un recente studio di Confindustria 

Raggiungere la Carbon Neutrality entro il 2050. Per farlo serve un aumento dell’efficienza energetica e della generazione elettrica rinnovabile. Un calo dei consumi di petrolio e carbone, una contrazione delle importazioni di gas naturale e l’aumento dei consumi di biometano e idrogeno prodotti. È questa la visione, di medio-lungo periodo, della Commissione Europea per giungere ad un’economia a impatto neutro sul clima. Imprese e cittadini giocano un ruolo importante in questa fase di transizione per la salvezza del pianeta. Ancor di più oggi, in uno scenario globale instabile e di profonda crisi sociale ed economica. Serve, però, qualche certezza in più a cui aggrapparsi. Un punto di partenza da cui iniziare. Servono azioni concrete e piani di sviluppo da portare avanti. E l’idrogeno, in questo contesto, rappresenta un primo passo verso il cambiamento. Verso un futuro nuovo e tutto da ridisegnare. Proprio per questo, nonostante sia considerato il più leggero tra tutti gli elementi chimici, l’idrogeno occupa uno spazio sempre più pesante nei piani di ripresa e di sviluppo dell’Unione Europea e dei suoi Stati membri. Tanto da essere destinato ad entrare in molti dei programmi che verranno portati al tavolo dell’Ue per accedere ai fondi del Recovery Plan. E l’Italia potrebbe essere tra questi. Qualche suggerimento al nostro Paese e alle sue istituzioni arriva da una pubblicazione uscita dopo l’estate e realizzata da Confindustria: un paper dal titolo “Piano d’Azione per l’idrogeno”, che racchiude tutta una seria di proposte, azioni e dati elaborati da imprese e associazioni di categoria. Nel testo redatto dagli esperti di Viale dell’Astronomia c’è il confronto tra Italia ed Europa sui piani e sulle strategie adottate per la filiera dell’idrogeno. Tra obiettivi e opportunità. Con un occhio rivolto costantemente al futuro e ai possibili campi d’applicazione, ai potenziali mercati e alle implicazioni attese.

La situazione in Italia

Ad oggi il consumo di idrogeno in Italia è quasi interamente limitato agli usi industriali nella raffinazione e nella chimica ed è prevalentemente di tipo grigio (ovvero quello ottenuto da processi di reforming che utilizzano combustibili fossili). 16 TWh (Terawatt), pari all’1% dei consumi finali di energia a livello nazionale e corrispondente a circa 480.000 tonnellate all’anno: è questa l’attuale fotografia scattata dalla ricerca di Confindustria sull’impiego dell’idrogeno nel Paese. L’Italia possiede tre caratteristiche chiave che le consentono di candidarsi come abilitatore di una strategia europea. La prima: possiamo costituire la base per accogliere sempre maggiori percentuali di idrogeno per gli usi interni e, potenzialmente nel lungo termine, per l’esportazione verso il nord Europa; siamo la seconda economia, a livello europeo, per valore aggiunto del settore manifatturiero e siamo i primi per numero di piccole e medie imprese; infine, possiamo sfruttare la nostra capacità di integrazione dell’idrogeno nel sistema energetico, grazie alle caratteristiche distintive di un tessuto produttivo industriale che, in quanto tale, è tra i primi campi di applicazione oggi possibili per l’idrogeno. Ancor prima del settore della mobilità. Sul finire del 2020 il Governo italiano, per il tramite del Ministero dello Sviluppo Economico, ha presentato le linee guida per una Strategia Nazionale sull’Idrogeno. Sono 10 i miliardi messi a disposizione. In attesa che il nuovo Esecutivo, entrato nel frattempo in carica, riprenda in mano il Dossier, vediamo, con l’aiuto del paper di Confindustria, come si stanno muovendo gli altri Paesi.

La strategia inglese

Promuovere e diffondere l’idrogeno, partendo da progetti concreti finanziati dal BEIS (Department for Business, Energy and Industrial Strategy). Parte da qui il piano d’azione del governo inglese. I progetti finanziari hanno lo scopo di verificare la fattibilità dell’immissione nelle reti di miscele fino al 100% di idrogeno, analizzandone tutti gli impatti lungo la catena del valore e le possibilità di realizzazione di una nuova infrastruttura. È in corso di realizzazione un ambizioso progetto che vede l’ideazione di distretti residenziali definiti “distributori di idrogeno”. In pratica, l’idrogeno distribuito verrà prodotto da elettrolisi sfruttando energia eolica mediante la rete esistente e nuovi tratti. Per il momento, la Gran Bretagna si conferma la capofila a livello europeo in ambito di sperimentazioni e finanziamenti attivi per lo sviluppo della filiera dell’idrogeno.

La strategia tedesca

La Germania vuole posizionarsi come principale fornitore di tecnologie ecologiche per l’idrogeno sul mercato mondiale, intensificando la cooperazione con altri Stati membri dell’Unione Europea, in particolare nell’area del Mare del Nord, del Baltico e dell’Europa meridionale.  Per la precisione sono 9 i miliardi dedicati all’idrogeno, di cui 2 destinati per le partnership con gli altri Paesi. L’obiettivo del governo tedesco è quello di utilizzare in primis l’idrogeno verde, sostenerne una rapida crescita del mercato e stabilire le catene del valore corrispondenti. La Germania, infatti, ritiene che nei prossimi dieci anni si svilupperà un mercato globale ed europeo dell’idrogeno. Proprio per questo, il governo tedesco intende procedere alla creazione di un “mercato domestico”. Allo sviluppo dell’offerta e della domanda verrà affiancato, inoltre, un progressivo sviluppo infrastrutturale. In futuro, una parte dell’infrastruttura del gas della Germania dovrebbe essere in grado di essere utilizzata anche per l’idrogeno. 

La strategia francese

Sono tre gli obiettivi a cui ambisce il governo francese: installare abbastanza elettrolizzatori per dare un contributo significativo alla decarbonizzazione dell’economia; sviluppare una mobilità pulita soprattutto per i veicoli pesanti e costruire un settore industriale che crei posti di lavoro e garantisca la padronanza tecnologica. Dei 7 miliardi di euro a disposizione del Paese, il 54% delle risorse saranno utilizzate per accelerare lo sviluppo nella produzione di idrogeno; il 27% permetterà di incrementare la mobilità pesante con idrogeno de-carbonizzato e infine, il 19% servirà per sostenere la ricerca, l’innovazione e lo sviluppo delle competenze sull’utilizzo dell’idrogeno.

I campi di applicazione

Questi i progetti. Ma quali sono ad oggi i campi di applicazione dell’idrogeno? Per rispondere alla domanda Confindustria fa una premessa: lo sviluppo di nuovi campi di impiego deve andare di pari passo con l’aumento della produzione. Potrebbero essere due i principali mercati: da un lato, ci sono le applicazioni industriali (acciaierie, cementifici e raffinerie) e dall’altro, la mobilità (trasporti di merci e persone). Un’applicazione immediata nell’industria potrebbe consistere nel ridurre e sostituire l’uso di idrogeno ad alta intensità di carbonio nelle raffinerie, nella produzione di ammoniaca e per nuove forme di produzione di metanolo. Solo successivamente, in una fase secondaria, l’idrogeno potrebbe costituire la base per investire e costruire processi di produzione manifatturiera. Nel settore dei trasporti, invece, l’idrogeno potrà trovare spazio in diversi ambiti. Nel breve periodo nel campo pubblico, soprattutto per le tratte a lunga percorrenza. Ma anche nelle flotte commerciali del trasporto merci. Nel lungo periodo, l’idrogeno potrà diventare un’opzione per de-carbonizzare il settore aereo e marittimo, attraverso la produzione di cherosene sintetico liquido o altri combustibili sintetici chiamati “drop in”, che possono essere utilizzati con la tecnologia aeronautica attualmente già esistente. Si è parlato di strategie, di piani d’azione e di sviluppo. Ma quali sono le misure di policy necessarie affinché questa teoria si trasformi in qualcosa di concreto? È indispensabile, secondo Confindustria, un dialogo attivo, aperto e costante tra Italia ed Europa che consenta di costruire un quadro politico, un coordinamento tecnico e un supporto regolatorio abilitante per consentire la realizzazione di due importanti asset strategici. Il primo: creazione di forti segnali di prezzo. Il secondo: un buon funzionamento del mercato. In questo modo la crescita costante ed esponenziale dell’idrogeno è assicurata e si potrà, nel medio periodo, superare anche l’attuale situazione critica e incerta del mercato. L’Italia, nel breve periodo – è il consiglio di Viale dell’Astronomia – deve percorrere due strade in parallelo per inserire al 100% l’idrogeno nella sua economia. In primis deve fare una vera e propria iniezione di idrogeno in rete, senza però causare modifiche alle apparecchiature già esistenti. E poi, deve schiacciare il piede sull’acceleratore e puntare tutto sulle sperimentazioni smart di produzione di idrogeno in zone prossime al suo utilizzo.  

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