Il-futuro-è-manifatturiero

La “personalizzazione di massa” dei prodotti, l’iper-connettività, la resilienza ai rischi globali, l’economia circolare, l’inclusività sociale, la capacità di rispondere rapidamente ai mutamenti del mercato. Ecco le traiettorie tracciate dal Report presentato al World Manufacturing Forum

‘‘Gli Stati Uniti sono ormai diventati il laboratorio mondiale dell’innovazione. La Cina si sta trasformando, sempre a livello planetario, come l’hub manifatturiero di riferimento. L’India è il centro servizi internazionale”. E l’Europa? Cosa può o rischia di diventare di fronte a questo scenario di spartizione delle specializzazioni economiche? Per Gordon Bajnai, Chairman del Global Advisory Board del fondo di private equity Campbell Lutyens, il pericolo è che il Vecchio Continente si trasformi “nel centro museale del pianeta”. Come una galleria d’arte a cielo aperto la cui risorsa è unicamente la storia. Tra le testimonianze dei 30 speaker intervenuti al World Manufacturing Forum 2018 di Cernobbio si è infilato anche questo dubbio che ha strappato sorrisi preoccupati ad una platea di 800 imprenditori, manager e giornalisti, molti dei quali proprio europei. Per questo occorre conoscere le traiettorie su cui si gioca il futuro industriale delle imprese. Per saperne cogliere gli sviluppi, poterli anticipare e capire su quali filoni di sviluppo investire.

Per due giorni la Lombardia grazie all’evento che si è tenuto sulle sponde del Lago di Como si è come trasformata nella Davos della manifattura mondiale. Un think tank con relatori e ospiti provenienti da più di 40 Paesi diversi, intervenuti proprio per tracciare l’identikit dell’impresa manifatturiera del 2030. E forse anche oltre. Troppo poche le righe spese sulla stampa nazionale per raccontare questo importante consesso che ha cercato di carpire le evoluzioni tecnologiche, sociali, organizzative e ambientali legate agli sviluppi industriali in atto nei vari Paesi. Soprattutto rispetto a quelle che sono state, al contrario, le uscite sulla stampa estera. “Ancor più incomprensibile la scarsa partecipazione di esponenti del nostro Governo nazionale”, ha commentato nei giorni successivi il Presidente dell’Unione degli Industriali della Provincia di Varese, Riccardo Comerio. C’è però tempo per recuperare, perché l’evento, organizzato da Confindustria Lombardia, IMS e Politecnico di Milano, in collaborazione con la Commissione Europea, Regione Lombardia e UNIDO (United Nations Industrial Development Organizations), ha lasciato in eredità un documento importante: il WMF Global Report. È in questo paper di un centinaio di pagine che viene tracciata la mappa del ritorno al futuro dell’industria. Come una sfera di cristallo che restituisce l’immagine della manifattura che sarà. Ma partendo dall’osservazione delle attuali dinamiche.

“Dal WMF Global Report emerge soprattutto la necessità di disseminare cultura industriale. Una cultura di cui il mondo è troppo povero, così come l’Europa e, soprattutto l’Italia” 

“Dal report - spiega il varesino Alberto Ribolla, Presidente della World Manufacturing Foundation - redatto da una decina di esperti internazionali, emerge soprattutto la necessità di disseminare cultura industriale. Una cultura di cui il mondo è troppo povero, così come l’Europa e, soprattutto l’Italia”. Il messaggio da far passare, secondo Ribolla, è che, soprattutto in temi di industria 4.0, “dove prospera la manifattura ci sono lavori migliori e meglio pagati”. Servono, però, le competenze giuste. 
Le priorità per le imprese manifatturiere italiane e di qualsiasi angolo del pianeta, secondo il Chairman del Comitato scientifico del World Manufacturing Forum, Marco Taisch, sono principalmente due: “La prima è la comprensione dei fenomeni tecnologici legati alla manifattura digitale e l’altra è quella delle competenze”. Se si chiede a Taisch quale sia la voce dove le aziende devono principalmente investire, la risposta è secca e per certi versi spiazzante: non la tecnologia, bensì “la formazione, sia quella dei giovani in cerca di una prima occupazione, sia della forza lavoro già impiegata nelle aziende. È su questo fronte che si gioca la sfida industriale dei prossimi anni, nella quale l’Italia non può rimanere indietro”. 
Cognitivo, iper-personalizzato, resiliente ai rischi globali, circolare, inclusivo, capace di rispondere rapidamente al mutare della domanda: ecco i sei trend dirompenti che detteranno i successi manifatturieri del futuro secondo il WMF Global Report. Come dei confini all’interno dei quali ci sarà il successo e al di là dei quali si rischia di rimanere fuori gioco.

Attraverso lo sfruttamento delle tecnologie dell’Internet of Things e di big data analytics, ad esempio, il manifatturiero cognitivo potrà, grazie alla iper-connettività e all’intelligenza artificiale, rivoluzionare le aziende permettendo alle macchine di comunicare tra loro, di ottimizzare in maniera intelligente le risorse, di dar vita a quel manifatturiero collaborativo fatto di imprese che lavorano tra loro in cloud, diventando un unico network di una stessa filiera produttiva. “Il business – si legge nel rapporto – si concentrerà sempre più sul cliente e le imprese di successo saranno quelle in grado di creare prodotti personalizzati, di rispondere alle esigenze dei singoli in tempi rapidi e con prezzi ritenuti accettabili”. La standardizzazione diventerà storia. Non a caso il documento del World Manufacturing Forum parla apertamente di “personalizzazione di massa”, con prezzi sul mercato comparabili a quelli garantiti dalle economie di scala. A riuscire in questa apparente sfida impossibile saranno solo le imprese che saranno in grado di incorporare nei propri prodotti dei meccanismi di registrazione dell’uso che ne fanno le persone, che utilizzeranno le stampanti 3D per accelerare i processi di prototipazione e abbreviare così il tempo che separa l’idea dal suo sbarco sul mercato, che daranno vita a processi produttivi sufficientemente flessibili per adattare i prodotti ai sempre più repentini cambi di gusto e tendenze, che svilupperanno modalità per coinvolgere i clienti stessi nella progettazione di beni e servizi.  

Il manifatturiero del futuro, inoltre, sarà anche resiliente ai rischi globali, o non sarà. Cosa intende in questo passaggio il report? Che le imprese vincenti saranno quelle in grado di mettersi al riparo da scenari internazionali sempre più complessi e minacciosi attraverso una invincibile cybersecurity, l’integrazione in azienda di tecnologie blockchain oggi a quasi esclusivo appannaggio della finanza ma che anche nell’industria possono garantire, attraverso database, transazioni crittografate e quindi sicure e replicate su più computer e più copie. “Tecnologie - spiega il report - da integrare alle operazioni manifatturiere e della catena del valore”. Non fantascienza, ma processi già in atto. Anche in molte aziende italiane. Basta pensare al fronte del manifatturiero circolare, dove il Made in Italy è già in pole position in diverse traiettorie di sviluppo industriale ipotizzate durante il World Manufacturing Forum. Come quelle dell’utilizzo di materie prime adatte al riuso, la creazione di piattaforme collaborative per lo scambio tra imprese degli scarti di lavorazione (come quelle che sta cercando di sviluppare nel Varesotto l’Unione Industriali attraverso i Progetti Europei Life M3P e ENTeR), l’implementazione di modelli in cui le imprese mantengono la proprietà dei beni vendendo il semplice utilizzo. Ma in un mondo globalizzato e caratterizzato da imponenti flussi migratori, anche l’inclusività sarà una caratteristica dell’impresa manifatturiera. “In futuro – si legge a tal proposito nel documento – sarà fondamentale coinvolgere persone di ogni età, appartenenti a diversi strati sociali, economici e culturali”. 

Sesta e ultima caratteristica sarà la rapidità di rispondere ai cambiamenti del mercato con una produzione agile, adattabile e robusta. Ma non solo. Occorreranno sistemi di supply chain flessibili, operations digitali, capacità di produzione ripetitiva. Se questi sono i campi di gioco dove si metterà in palio il futuro dell’industria, i pronostici per Europa e Italia sono buoni. Sicuramente migliori di quelli ipotizzati da Gordon Bajnai. A patto, però, che le imprese riescano a intercettare le traiettorie e ad accettare la sfida della modernità. “La Lombardia, l’Italia e, più in generale l’Europa vivono e vivranno di manifatturiero”, chiosa Alberto Ribolla. L’inaugurazione di un museo continentale a cielo aperto di archeologia industriale è rimandata al prossimo secolo.          

                  

Come nasce il WMF

“Abbiamo capito che per generare cultura industriale occorrono nuove modalità e strumenti. Pertanto, insieme a tutti i nostri partner abbiamo deciso di investire con decisione sulla generazione di cultura industriale, coinvolgendo e convincendo tutti i soggetti interessati a facilitare il dialogo e le attività verso una visione comune condivisa per risolvere le sfide produttive globali attraverso il dialogo e la cooperazione. È questa idea che ha portato a stabilire una nuova entità, la World Manufacturing Foundation, un ambiente culturale aperto, in grado di aggregare persone, idee e risorse con l’obiettivo di diventare un punto di riferimento nel dibattito mondiale.” Ma perché proprio in Lombardia? “Perché qui - spiega Alberto Ribolla, past President di Confindustria Lombardia e oggi Presidente della World Manufacturing Foundation - c’è il terreno fertile: laboriosità, artigianato, abilità e intelligenza, cultura, stile e design, università e centri di ricerca, logistica, tra gli altri. La Lombardia rappresenta anche la regione trainante del secondo Paese manifatturiero in Europa. Qui la cosiddetta cooperazione a tripla elica è un fatto, non un sogno. Inoltre, questo è un territorio con una prospettiva multidisciplinare e internazionale (essendo la Lombardia uno dei principali esportatori in Europa e con un’alta presenza di insediamenti multinazionali) e, infine, da un punto di vista logistico è vicina a territori italiani con la stessa vocazione come il Veneto, l’Emilia-Romagna e il Piemonte e, a livello europeo, al centro del cuore pulsante manifatturiero con Bayern, Baden-Württemberg e Rohne Alpes. Questo la rende la culla ideale per le attività della Fondazione. Anche la Regione Lombardia e la Commissione Europea in diversi modi partecipano e hanno contribuito in questa fase di avvio: il punto più forte di questa iniziativa è la collaborazione e la condivisione del percorso e degli obiettivi”. 

Nel futuro la StatisFactory

Rendere la manifattura attraente è il cuore del pensiero di Signe Ratso, intervenuta al WMF in qualità di Vice-Direttore generale Ricerca e Innovazione della Commissione Europea. Le priorità della politica industriale comunitaria? “La cooperazione internazionale è la chiave per una produzione di successo del futuro” ha sottolineato, evidenziando gli ambiziosi obiettivi europei in termini di: occupazione, crescita e investimenti; mercato unico digitale connesso; energia. Poi è entrata dentro l’azienda: “Bisogna favorire le interazioni dei lavoratori in una fabbrica intelligente: rendere più attraente la fabbrica e incoraggiare le relazioni tra i team. Occorre investire sulle tecnologie: dalla realtà aumentata (uno dei grandi temi del WMF forum, ndr) ai dispositivi intelligenti per la formazione e il supporto alle persone”. Due i progetti da tenere d’occhio: Satisfactory, legato a queste tematiche e Thomas, per la collaborazione sicura tra robot e uomo, ad oggi avviato in casi pilota nel settore automobilistico e aeronautico. Infine, focus su Horizon il programma di finanziamento per sostenere e promuovere la ricerca, lo sviluppo tecnologico e l’innovazione con particolare attenzione allo sviluppo sostenibile e all’economia circolare. 

Per innovare bisogna coinvolgere

“Tutti hanno in mente come potrebbe essere la fabbrica del futuro, popolata da macchine interconnesse e robot collaborativi. Queste tecnologie sono già disponibili. Ma l’esperienza, che mi ha portato a viaggiare in tutto il mondo, mi ha mostrato il gap esistente tra quello che potremmo potenzialmente fare e quello che in pratica facciamo”. Al World Manufacturing Forum si parla di innovazione e la visione di Fabio Barsotti, EVP Manufacturing and Program Management Optimization di Leonardo è proiettata vero il futuro. “La tecnologia corre e ogni singolo giorno abbiamo sempre più opportunità ed è perciò più difficile immaginare come saranno i lavori nelle future fabbriche. Leonardo considera l’innovazione come un processo, lungo ma necessario. Come affrontarlo? Liberarsi di tutta la tecnologia obsoleta di cui siamo forniti e acquistare tutto ex novo. Oppure imparare ad interfacciarsi con ciò che c’è di nuovo ora. Per costruire le fabbriche del futuro, però, è necessario formare le persone, al momento giusto. La nostra personale esperienza ci ha insegnato ad evolverci risolvendo problemi. La digitalizzazione semplicemente deve essere affrontata, non può essere saltata a piè pari.  La chiave è il coinvolgimento, fin da principio, nel processo di sviluppo di tecnologie avanzate delle conoscenze manifatturiere. Si possono immaginare le migliori tecnologie, ma se poi non le si sa realizzare ed integrare con quelle già esistenti, lo sforzo di innovare sarà stato vano”.

Fattore umano first

“Metti il fattore umano al centro, creando un ambiente di lavoro positivo che renda le persone, i lavoratori parte della famiglia”. È la ricetta per l’impresa raccontata al WMF da Marco Lavazza, Vicepresidente della Luigi Lavazza Spa, impresa nota nel mondo e perfetta testimonial del made in Italy. Nessun buonismo ma concretezza nelle parole dell’imprenditore che ha scherzato ma non troppo. “Quando troveremo macchine in grado di sostituire il palato umano, vedremo. Per ora sono ancora le nostre persone a fare la differenza. In azienda stiamo investendo molto sulle tecnologie, ma anche sui nostri dipendenti”. Così ha spiegato dal palco l’imprenditore, mettendo l’accento su quel “nostre”, che ha fatto e fa la differenza in un’azienda familiare che ha avuto avvio nel 1895 quando Lugi Lavazza ha aperto la prima omonima Drogheria Lavazza a Torino. Un focus poi sull’impresa nazionale: “L’Italia è fatta di imprese piccole e molto piccole. Il fattore umano è proprio quello che fa la differenza con i concorrenti più grandi. Si parla moltissimo di accrescere gli investimenti ma dobbiamo investire nelle persone e nel nostro essere italiani, puntando su di noi per mostrarci agli altri. E poi dobbiamo collaborare: le aziende e le istituzioni devono lavorare insieme. I settori pubblico e privato devono investire pesantemente nel nostro Made in Italy a partire dal settore alimentare. A noi sta raccontare all’estero il brand Italia e, in Italia, rendere di nuovo la manifattura attraente”. 

 

Per saperne di più: Come pensare il nuovo



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